Servono organici differenziati per l’Anief che vorrebbe anche innalzare l’obbligo scolastico con emendamenti al disegno di legge di bilancio che saranno richiesTi nei prossimi giorni. In Italia, l’analfabetismo funzionale complessivo “raggiunge il 30 per cento, addirittura il doppio rispetto alla media europea del 15 per cento”.
In generale è un fenomeno che ha alla base l’ancora troppo alto numero di abbandoni scolastici prematuri, con uno studente su quattro che lascia i banchi senza mai arrivare non solo alla laurea ma nemmeno al diploma di maturità. Secondo Tuttoscuola, a Nuoro la dispersione è del 42,7%, a Prato (dove è altissima la presenza della comunità cinese) quasi del 40%, a Napoli, Palermo, Cagliari e Oristano oltre il 30%. Anief torna a rivendicare maggiori investimenti per la Scuola e l’Università, che invece, secondo l’ultimo rapporto Svimez 2019 sull’economia e la società del Mezzogiorno risultano in ulteriore calo, soprattutto al Sud, dove guarda caso il tasso di assenteismo e di abbandono precoce dei banchi di scuola è anche triplo rispetto ad altre aree del Paese.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “combattere la dispersione scolastica è una prerogativa indispensabile per aumentare i diplomati e alzare l’asticella di competenze medie delle nuove generazioni. Per realizzare questo obiettivo, che l’UE pone come rilevante, avendo anche fissato al 10 per cento il tasso di abbandono consentito ai Paesi aderenti, da centrare entro la fine del prossimo anno, rimane indispensabile abbandonare la logica orientata al risparmio sul comparto Istruzione, che in Italia ha prevalso negli ultimi anni: bisogna cancellare il dimensionamento scolastico, con 4mila istituti autonomi tagliati su 12 mila, l’aumento progressivo di alunni per classe, artefice delle classi pollaio, gli incessanti tagli operati dagli ultimi governi, anche nei confronti degli enti locali; per non parlare dei sempre “magri” stipendi del personale. Inoltre, risulta sempre più impellente incrementare gli organici, anche del personale Ata, proprio in quelle zone dove il disagio è maggiore, il tasso di abbandono è alto, come la presenza di alunni stranieri, difficili e di disabili”.
Arrivano nuovi dati sulla dispersione scolastica “esplicita”: li ha prodotti Tuttoscuola, che è andata a comparare il numero complessivo di studenti iscritti al 1° anno con quelli del 5° anno, cinque anni dopo: “la differenza – scrive la rivista specializzata - corrisponde al numero degli studenti che lungo il percorso quinquennale hanno abbandonato e consente il calcolo immediato del tasso percentuale di dispersione: un vulnus per il sistema, che resta tale anche se una parte peraltro limitata di quegli alunni si iscrive a percorsi alternativi”. È emblematico che “nell’ultimo quinquennio, iniziato nel 2014-15 e concluso nel 2018-19, dei 616.284 studenti iscritti al 1° anno del 14-15 sono risultati iscritti al 5° anno del 18-19 soltanto in 469.006. Mancavano all’appello 147.278 studenti, con un tasso di dispersione del 23,9%”.
Il problema nel problema è che “rispetto a quella media nazionale, la situazione delle province italiane è notevolmente differenziata: va infatti dal 10,9% della provincia di Grosseto al 42,9% di quella di Nuoro. Nella top ten della minor dispersione, dopo la provincia di Grosseto, c’è quella di Cosenza con il 13,7% di tasso di dispersione, seguita da Frosinone (13,8%), Perugia e Benevento (15,1%), Avellino (15,5%), Udine (16,2%), Pesaro Urbino e L’Aquila (16,7%) e Terni (16,8%). Da notare che nelle prime dieci province con un basso tasso di dispersione cinque appartengono a regioni del Centro, quattro del Sud e una sola del Nord”.
Poi ci sono realtà dove gli alti tassi di dispersione vanno a constatare il “fallimento nella scuola statale”. Oltre alla provincia di Nuoro che ha fatto registrare un tasso di dispersione del 42,7%, “perdendo nell’arco di cinque anni più di 1.300 degli oltre tremila studenti che aveva iscritto in prima nel 2014-15”, ci sono “altre due province sarde (Cagliari e Oristano) con oltre il 30% di dispersione, poi Prato con quasi il 40%, Napoli e Palermo con il 31%. In valore assoluto Napoli detiene il record negativo del più elevato numero di studenti ‘dispersi’: 13.166, cioè più del 31% dei 42.240 che risultavano iscritti al 1° anno di corso cinque anni prima”. Ci sono anche province del Nord, seppure in netta minoranza: “Milano e Monza non sono da meno con quasi ottomila studenti che hanno abbandonato durante l’ultimo quinquennio. Peggio ancora Roma con quasi 8.700 studenti dispersi nel quinquennio”.
Il sindacato legge l’esito di questi risultati come l’ennesimo campanello d’allarme, che però il Governo non sembra volere ascoltare, visto che nel lungo periodo, quindi nei prossimi decenni, per ammissione dello stesso ministero dell’Economia, la spesa pubblica per l’Istruzione rispetto al Pil risulta in continuo calo almeno fino al 2035, passando dal 4% al 3,2%, per poi risalire, ma solo leggermente, fino al 3,4% del 2060. In pratica, si andrà a confermare la linea condotta tra il 2005 e il 2013, con gli investimenti per l’istruzione, sempre rispetto al Prodotto interno lordo, risultati in sensibile calo. Il risultato di questa tendenza in atto sono riassunti negli ultimi dati Eurostat, secondo i quali l’Italia si trova all’ultimo posto per la spesa pubblica destinata alla formazione tra i paesi UE, con un preoccupante 7,9% nel 2014, a fronte del 10,2% medio.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, ritiene che “bisogna muoversi in fretta e agire a livello legislativo da subito, andando incontro alle richieste che ogni giorno il ministro dell’Istruzione manda agli alleati di Governo, portando al suo dicastero almeno tre miliardi di euro, come segnale di cambiamento, da dare anche al corpo insegnante e al personale Ata, i cui stipendi rimangono clamorosamente indietro, di almeno il 30 per cento, rispetto ai colleghi dei Paesi più vicini oltre che dell’intera area Ocse”.
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