L’ufficio studi Anief ha stimato che gli insegnanti immessi in ruolo quest’anno attraverso la Buona Scuola, rispetto a chi lascia il servizio oggi, andranno a percepire un assegno mensile fortemente decurtato: se un docente che oggi lascia il servizio attorno ai 65 anni percepisce una pensione media di 1.500 euro, chi è stato immesso in ruolo oggi andrà in pensione a 70 anni con 825 euro.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): il personale non si rende ancora conto di tutto ciò e di quanto è stato penalizzato a livello previdenziale. Per questo motivo, il nostro sindacato ha programmato una serie di incontri con i lavoratori della scuola: gli esperti dell’Anief forniranno stime realistiche sulle pensioni che gli attali 40enni sono destinati a percepire, prospettando loro le possibili iniziative da intraprendere. Esistono da alcuni anni dei fondi integrativi di settore che rappresentano un’opportunità. La vera soluzione però è quella politica: bisogna sganciare il primo possibile, per via legislativa, il bilancio Inps dalle spese per lo stato sociale che ne assorbono i due terzi.
Gli italiani si rassegnino: l’assegno di pensione è destinato sempre più ad assottigliarsi. L’Istat ha comunicato che la “cura dimagrante”, frutto delle riforme stritola-diritti culminati con la Monti-Fornero, hanno già prodotto effetti tangibili su chi ha lasciato il lavoro nel 2014: rispetto ai pensionati cosiddetti “sopravviventi”, coloro che nel 2013 usufruivano dell’assegno di quiescenza, gli ultimi arrivati percepiscono in media circa 3 mila euro annui in meno. Che corrisponde ad una perdita secca del 18 per cento.
Quel che preoccupa è che nel corso degli anni, considerando gli effetti negativi sulle pensioni derivanti dallo spostamento del modello previdenziale da retributivo a contributivo, questa percentuale è destinata a crescere in modo esponenziale. L’ufficio studi dell’Anief ha stimato che gli 86mila docenti assunti nel 2015, a seguito del piano straordinario di immissioni in ruolo introdotto con la Buona Scuola, rispetto a chi lascia il servizio oggi andranno a percepire un assegno mensile decurtato tra il 38% ed il 45%. Ciò significa che un docente che oggi percepiva una pensione di 1.500 euro, molto realisticamente lascerà in servizio a ridosso dei 70 anni per andare a percepire una pensione che varierà tra i 930 e gli 825 euro.
Se consideriamo che già oggi il 40,3% dei pensionati percepisce un reddito da pensione inferiore a 1.000 euro al mese, lo dice sempre l’Istat, non occorre essere dei maghi per comprendere che la popolazione italiana oggi di mezza età è destinata a percepire delle pensioni davvero molto lontane dalle attuali. Per non parlare dei giovani, i quali sono i più danneggiati dai cambiamenti normativi previdenziali. Tanto che la loro pensioni medie avranno una consistenza vicina, nella maggior parte dei casi, agli attuali assegni sociali.
“È una prospettiva inaccettabile: non è possibile lavorare una vita, andare in pensione a 70 anni suonati e poi percepire la stessa cifra di chi non ha mai lavorato”, è il commento di Marcello Pacifico, presidente ANIEF e segretario confederale CISAL. “I dati Istat sono solo l’inizio di una parabola discendente che tra trent’anni pagheranno sulla loro pelle tutti coloro che sono stati assunti oggi. Ad iniziare dalla scuola. Dove gli stipendi sono già di partenza ridotti all’osso, tanto da essere i più bassi della pubblica amministrazione italiana e dell’area Ocde”.
“Il personale – continua Pacifico - non si rende ancora conto di tutto ciò e di quanto è stato penalizzato a livello previdenziale dalle ultime riforme pensionistiche: per questo motivo, il nostro sindacato ha programmato una serie di incontri con i lavoratori della scuola. Gli esperti dell’Anief forniranno stime realistiche sulle pensioni che il personale è destinato a percepire, ma prospetteranno anche possibili iniziative da intraprendere per cercare di non ridurre ai minimi termini l’assegno di pensione. Esistono da alcuni anni dei fondi integrativi di settore, che rappresentano un’opportunità. La vera soluzione, comunque, è quella politica”.
“Non è possibile – continua il sindacalista Anief-Cisal – che lo Stato conceda ai suoi dipendenti soltanto contributi figurativi e continui a trattenere una quota nelle loro buste pag. Per poi corrispondergli pensioni da fame anche dopo 43 anni di lavoro. Occorre poi svincolare dal bilancio Inps le spese per lo stato sociale, che pesa tantissimo, per oltre due terzi dalle uscite dell’ente nazionale di previdenza. Ricordiamo che i fondi Inps vengano assorbiti in larga parte dalla cassa integrazione in deroga, destinata quasi sempre ai dipendenti privati”.
Per approfondimenti:
Trattamenti pensionistici e beneficiari: un'analisi di genere - ISTAT
Pensioni, potere d'acquisto in caduta libera (‘Corriere della Sera’ del 16 febbraio 2013)[U1]
Istat, al 41% dei pensionati meno di mille euro al mese (‘La Repubblica’ del 5 dicembre 2014)
Pensioni: il Governo promette soluzioni per Quota 96, ma nell’attesa siamo arrivati a Quota 103
Non per cassa, ma per equità (documento Inps presentato al Governo)
Riforma Pensioni, Poletti svela le due proposte allo studio del Governo (‘Pensioni Oggi’, 15 maggio 2015)
Approvato il decreto sulle pensioni. Renzi: "2 miliardi e 180 milioni a 3,7 milioni di persone" (Repubblica – Economia & Finanza, 18 maggio 2015 )
Pa, rischio contratti da 35 miliardi(Il Sole 24 Ore, 5 giugno 2015)
Blocco stipendi Pa: la norma è illegittima, ma non per il passato (Repubblica – Economia & Finanza, 24 giugno 2015)
Madia: “A settembre lo sblocco dei contratti del pubblico impiego” (La Stampa, 28 giugno 2015)
Madia, a settembre soldi per sblocco contratto. Effetto consulta (Orizzonte Scuola, 29 giugno 2015)
Statali, Depositata la Sentenza che sblocca i contratti nelle Pa (PensioniOggi.it, 24 luglio 2015)
Magistrati Paperoni: prendono cinque volte lo stipendio di un prof (Il Tempo, 5 ottobre 2015)
Scuola: stipendi insegnanti su in Ue, ancora bloccati Italia (Ansa, 5 ottobre 2015)
6 dicembre 2015
Ufficio Stampa Anief