L’inattesa novità è contenuta nella delega sulle nuove modalità valutative degli allievi, previste dall’Atto n. 384 contenente le nuove norme su valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo ed esami di Stato, approvato sabato scorso dal CdM e da lunedì in discussione presso le commissioni parlamentari: se non si raggiungono gli obiettivi minimi nazionali, l’alunno non ha più possibilità di conseguire il titolo di studio, ma solo un attestato di frequenza. L’avvocato Salvatore Nocera: non ci convince. Per l’esperto di diritti dei disabili, ci sono anche altre parti da modificare: nella delega sul sostegno, l’Atto n. 378, non c’è traccia della continuità didattica e dell’annunciata formazione dei docenti curricolari sulla didattica speciale. Mancano le risorse e si alza il tetto massimo del numero di alunni in presenza di un compagno disabile da 20 a 22.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): ci uniamo alla richiesta degli addetti ai lavori, che conoscono da vicino le problematiche dei giovani con limiti certificati di apprendimento, chiedendo alle commissioni di Camera e Senato di provvedere alle modifiche necessarie a non ledere i diritti dei disabili: lo Stato deve permettere loro di esprimere al meglio le potenzialità e conoscenze acquisite in ambito scolastico, senza porre inutili e discriminanti paletti normativi. Sulla continuità didattica, infine, non ci sono altre soluzioni se non quella di spostare in organico di diritto gli attuali 40mila posti di sostegno collocati in deroga. Qualora vi siano norme approvate con superficialità, vanno senz’altro modificate, altrimenti spetterà al giudice metterci mano.
La riforma del sostegno agli alunni disabili non sembra nascere sotto una buona stella. La delega sul decreto attuativo della Legge 107/15, sulle nuove norme in materia di valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo ed esami di Stato, approvata sabato scorso dal CdM, contiene infatti una brutta sorpresa per i titoli di studio da assegnare agli alunni autistici e disabili.
Spariscono, infatti, le prove differenziate, introdotte dalla legge “faro” per i diritti dei disabili, la L. 104/1992: l’articolo 16 di tale legge prevedeva, per gli alunni disabili, delle prove differenziate, “equipollenti e tempi più lunghi per l'effettuazione delle prove scritte o grafiche e la presenza di assistenti per l'autonomia e la comunicazione”, e la loro valutazione “sulla base del piano educativo individualizzato” con discipline per le quali “siano stati adottati particolari criteri didattici, quali attività integrative e di sostegno svolte, anche in sostituzione parziale dei contenuti programmatici di alcune discipline”. Raggiungendo gli obiettivi previsti dal proprio Piano educativo individualizzato e migliorando le proprie capacità conoscitive, l’alunno avrebbe conseguito anche il diploma,
Con il decreto sulla nuova valutazione degli alunni approvato dal Governo, nella sezione riservata alla “valutazione degli alunni con disabilità e disturbi specifici di apprendimento” (art. 12, comma 5) si parla di prove d’esame “equipollenti a quelle ordinarie” e valide ai “fini del superamento dell'esame e del conseguimento del diploma finale”. Solo che se non si raggiungono gli obiettivi minimi nazionali, l’alunno non ha possibilità di conseguire il titolo di studio, ma solo un attestato di frequenza.
“Questo non ci convince affatto”, commenta l’avvocato Salvatore Nocera, esperto di disabilità e di diritti delle persone che ne sono coinvolte. Nocera dalle pagine del sito specializzato ‘Per noi autistici’, si sofferma criticamente anche sulla delega riguardante in modo diretto la riforma del sostegno, che “non realizza molti degli obiettivi che si era posto: la formazione dei docenti curricolari sulla didattica speciale non c’è. La continuità didattica neanche. Le risorse mancano. Addirittura, con una gran “furbata”, si innalza il tetto massimo del numero di alunni in presenza di un compagno disabile da 20 a 22, peraltro senza porre alcun limite alle possibili ‘eccezioni’. Che vuol dire, in qualche modo, via libera a classi più numerose, se non “pollaio”, anche quando ci sia tra i banchi uno o più alunni con disabilità, anche grave”. Infine, c’è quella che l’avvocato considera una “trappola”, quale è il decreto sulla valutazione degli studenti, perché appunto “elimina la possibilità, per disabili intellettivi, autistici e pluri minorati, di conseguire il diploma”.
Dello stesso pensiero è Flavio Fogarolo, già referente per la Disabilità dell’Ufficio Scolastico Territoriale di Vicenza, che commentando la delega sulla “valutazione degli alunni con disabilità e disturbi specifici di apprendimento”, attraverso la rivista ‘Superando’, parla di stravolgimento dell’articolo 9 del Dpr 122/09 e di “‘colpo basso’ ai ragazzi con disabilità che frequentano le scuole medie” e di “grave e inaccettabile passo indietro per gli alunni con disabilità, perché toglie loro la possibilità di conseguire il diploma di licenza media sostenendo prove differenziate e introduce il concetto di equipollenza, finora valido solo nella scuola secondaria di secondo grado”.
Basta confrontare il testo in vigore con quello nuovo proposto, come riportato nella tabella successiva (realizzata sempre da Fogarolo):
Testo in vigore |
Nuova enunciazione |
Le prove differenziate hanno valore equivalente a quelle ordinarie ai fini del superamento dell’esame e del conseguimento del diploma di licenza |
Le prove differenziate, se equipollenti a quelle ordinarie, hanno valore ai fini del superamento dell’esame e del conseguimento del diploma finale |
Agli alunni con disabilità che non conseguono la licenza è rilasciato un attestato di credito formativo |
Agli alunni con disabilità per i quali sono state predisposte dalla sottocommissione prove non equipollenti a quelle ordinarie, viene rilasciato un attestato di credito formativo |
Curiosamente, ma forse addirittura per errore, il decreto mostra invece maggior apertura verso gli studenti disabili delle scuole superiori, a cui non sarebbe precluso il diploma di maturità. “Ma forse il ‘diavoletto’ che fa prendere cantonate per l’uso frettoloso del “copia e incolla” si annida anche nei computer dell’Ufficio Legislativo del Ministero e non solo dentro ai nostri. Se è così, si fa presto a correggere. Altrimenti, se al Governo pensano veramente di rimangiarsi in questo modo decenni di integrazione scolastica, almeno spieghino perché”, conclude l’esperto di disabilità della regione Veneto.
“Il nostro sindacato – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal - si unisce alla richiesta degli addetti ai lavori, che conoscono da vicino le problematiche dei giovani con limiti certificati di apprendimento, chiedendo alle commissioni di Camera e Senato di provvedere alle modifiche necessarie a non ledere i diritti dei disabili: lo Stato deve permettere loro di esprimere al meglio le potenzialità e conoscenze acquisite in ambito scolastico, senza porre inutili e discriminanti paletti normativi. Sulla continuità didattica, infine, non ci sono altre soluzioni se non quella di spostare in organico di diritto gli attuali 40mila posti di sostegno collocati in deroga. È chiaro che qualora vi siano norme approvate con superficialità – conclude Pacifico – vanno senz’altro modificate, altrimenti spetterà al giudice metterci mano”.
Per approfondimenti:
Scuola, insediato Osservatorio per integrazione dei disabili. Faraone: "Luogo importante di raccolta proposte e confronto" (Miur del 22 dicembre 2015)
Milano, Brescia, Bergamo e Treviso. Scuole del Nord a caccia di supplenti (Corriere della Sera del 3 febbraio 2016)
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