Il dato è contenuto nel conto annuale pubblicato in queste ore dalla Ragioneria generale dello Stato: a fronte di 202.317 dipendenti non di ruolo, nel 2015, ancora ben 141.996 appartengono alla Scuola pubblica. È un numero che lascia pensare: arriva, infatti, dopo l’ultimo piano straordinario di assunzioni effettuate con la legge di riforma 107/15 e dopo che, tra il 2007 e il 2015, il numero di posti in organico presso l’Istruzione pubblica si è ridotto di oltre 100mila unità. Considerando che lo Stato spende ogni anno per le supplenze annuali quasi mezzo miliardo di euro, si può tranquillamente parlare di politica fallimentare.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): 100mila docenti e 40mila Ata potrebbero prendere i posti liberi, perché in possesso dei titoli, ma continuano a essere emarginati per una miope politica di risparmi ad oltranza. Tra l’altro, l’atteggiamento di rifiuto alla loro immissione in ruolo è anche alla base dell’età media sempre molto elevata di chi opera nelle nostre scuole, anche questa rilevata dal Mef: 50,6 anni. Passeranno, poi, tre anni e mezzo prima che venga bandito il nuovo concorso e la fase transitoria che ci attende va gestita aprendo le graduatorie ad esaurimento, per collocarvi, in coda, tutti gli abilitati all’insegnamento dopo il 2011, a partire da coloro che hanno terminato con successo i corsi Tfa, Pas, Scienze della formazione primaria, all’estero e altri ancora. Allo stesso tempo, vanno assunti tutti gli Ata e educatori su posti liberi prevedendo, anche per loro, una fetta di unità aggiuntive sul ‘potenziamento’ scolastico previsto dalla Buona Scuola.
Il numero di precari nella scuola rimane altissimo, di gran lunga il maggiore dei tutti i comparti pubblici, anche dopo l’ultimo piano straordinario di assunzioni effettuate con la legge di riforma 107/15 e nonostante tra il 2007 e il 2015 il numero di posti in organico presso l’Istruzione pubblica si sia ridotto di oltre 100mila unità. I dati sono ufficiali sono stati resi pubblici attraverso il conto annuale pubblicato in queste ore dalla Ragioneria generale dello Stato.
In generale, l’interpretazione fornita dal Mef sembrerebbe positiva, con il personale dipendente complessivo della Scuola passato dalle 1.038.606 unità del 2014 a 1.085.082 dell’anno successivo, per un incremento di 46.476 lavoratori. In apparenza, ci sarebbero anche meno supplenti annuali e fino al termine delle attività didattiche: si “fermano”, infatti, a quota.141.996, mentre nel 2014 si toccava 151.605, con un calo di 9.609 unità.
Le cose, però, stanno diversamente: se si guarda, infatti, alla prima annualità di rilevazione della Ragioneria generale dello Stato, il 2007, si scopre che il personale scolastico era pari a 1.137.619 unità. Quindi, nell’arco di otto anni, si sono persi oltre 50mila posti di lavoro, per l’esattezza 52.53; se, poi, si considera che lo scorso anno sono stati immessi in ruolo circa 50mila docenti cosiddetti “potenziatori”, senza un posto reale ma collocati su progetti scolastici, il decremento di organico effettivo, sempre nell’arco dell’ottennio preso in considerazione, supera sicuramente quota 100mila.
“Chi conosce la scuola sa anche i motivi di questa pesante riduzione di posti di lavoro all’interno del comparto stesso – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – derivanti in primo luogo dai tagli effettuati nel corso dei vari Governi che si sono succeduti, approfittando dall’approvazione della Legge di riforma del comparto 133 del 2008 Berlusconi-Gelmini: attraverso quest’ultima si è ridotto, infatti, sensibilmente il tempo-scuola, quindi le ore di didattica, si è alzato in modo ingiustificabile il numero di alunni per classe, anche a discapito della sicurezza e pur in presenza di discenti con disabilità, ed è stato attuato un forzato dimensionamento che ha portato gli istituti autonomi da 12mila agli attuali poco più di 8mila”.
Un altro dato, su cui vale la pena soffermarsi, è quello del precariato nella Pubblica Amministrazione: a fronte di 202.317 dipendenti non di ruolo, nel 2015 ancora ben 141.996 appartengono alla Scuola pubblica. Complessivamente il totale dei rapporti di lavoro “flessibili” nella scuola, supplenti e tempi determinati e formazione lavoro, quindi, rappresenta il 15,1% del totale dei dipendenti a tempo indeterminato (tabelle 3.5 e 5.5 del Commento della Ragioneria Generale dello Stato allo stesso rapporto annuale); per una spesa per i precari, sempre nel 2015, che sfiora poi mezzo miliardo di euro (478,7 milioni). Una bella fetta, nota il Mef, di un sistema istruzione che costa all’Erario 40,1 miliardi di euro. Il tutto per continuare ad avere anche due milioni e mezzo di alunni (quasi il 40 per cento) che hanno cambiato insegnante in pochi mesi, come avvenuto quest’anno.
“La presenza altissima di precari nella scuola italiana – commenta ancora Pacifico – deve far riflettere. Si tratta di circa 100mila docenti e 40mila Ata che potrebbero tranquillamente prendere i posti liberi, perché in possesso dei titoli
previsti per legge ma che, nonostante tutto, continuano a essere emarginati dalla stabilizzazione per una miope politica di apparenti risparmi. Tra l’altro, questo atteggiamento di rifiuto alla loro immissione in ruolo è anche alla base dell’età media sempre molto elevata di chi opera nelle nostre scuole, anche questa rilevata dal Ministero dell’Economia: 50,6 anni, addirittura 51,8 anni se si considerano i soli uomini”.
“È sempre più evidente che occorre agire con immediatezza per superare questa fase di stallo: passeranno, tra l’altro, tre anni e mezzo prima che venga bandito il nuovo concorso, come previsto dalla legge delega sulla riforma del reclutamento, e la fase transitoria che ci attende va gestita aprendo le graduatorie ad esaurimento, per collocarvi, in coda, tutti gli abilitati all’insegnamento dopo il 2011, a partire da coloro che hanno terminato con successo i corsi Tfa, Pas, Scienze della formazione primaria, all’estero e altri ancora. Allo stesso tempo vanno assunti tutti gli Ata e educatori su posti liberi prevedendo, anche per loro, una fetta di unità aggiuntive sul ‘potenziamento’ scolastico previsto dalla Buona Scuola. Il tutto va fatto subito, modificando le leggi delega in Parlamento. Avere ancora oggi tre precari su quattro della Pubblica Amministrazione nelle nostre scuole non è possibile: è un record di cui francamente – conclude il presidente Anief – possiamo fare a meno”.
Per approfondimenti:
Tra ricorsi, ritardi e bocciature la scuola al via senza un prof su sei (La Stampa del 29 agosto 2016)
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La scuola al via con 100mila supplenti. La riforma non ha cambiato nulla (Corriere della Sera del 5 settembre 2016)
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