Finalmente cade l’ultimo “muro” anche a Brescia: viene infatti confermata la certezza del diritto dei precari a percepire, secondo il principio di non discriminazione, gli scatti di anzianità e i risarcimenti per l’abuso dei contratti a termine. Il giudice ha stabilito anche che le somme vengano assegnate al netto della Naspi e del pagamento delle ferie non godute.
Esprimendosi sul trattamento retributivo dei lavoratori non di ruolo, la Sezione Lavoro della Suprema Corte con pronuncia del 29 dicembre 2022 ha censurato le sentenze di primo e secondo grado è ha provveduto per il personale precario appellante alla piena equiparazione del proprio trattamento retributivo del personale di ruolo, alla conseguente ricostruzione della loro carriera agli effetti economici, con condanna dell’amministrazione scolastica a provvedere ai relativi adeguamenti retributivi e a corrispondere le differenze stipendiali riconosciute dal contratto collettivo di comparto in base all’anzianità maturata per il periodo effettivamente lavorato, senza che da tale importo possano essere detratte le somme già percepite a titolo di indennità per ferie non godute e di indennità di disoccupazione.
LA STORIA PROCESSUALE
I ricorrenti avevano chiesto la stabilizzazione del rapporto di lavoro e anche il risarcimento dei danni patiti in relazione all’illegittima reiterazione dei contratti a termine: hanno chiesto, poi, il riconoscimento dell’anzianità di servizio pre-ruolo ai sensi della Clausola 4 del medesimo accordo, sia ai fini degli emolumenti arretrati non percepiti sia per conseguire l’adeguamento dell’attuale posizione stipendiale Il Tribunale di Brescia, nel contraddittorio delle parti, con sentenza, ha rigettato le domande fondate sulla citata clausola 5 e ha accolto la domanda in punto di anzianità di servizio, accertando il diritto dei ricorrenti alla piena equiparazione del proprio trattamento retributivo a quello del personale assunto come docente con contratto a tempo indeterminato ed alla conseguente ricostruzione della loro carriera agli effetti economici. Il giudice ha quindi condannato il ministero dell’Istruzione a provvedere ai relativi adeguamenti retributivi e a corrispondere le differenze stipendiali riconosciute dal contratto collettivo di comparto in base all’anzianità maturata per il periodo effettivamente lavorato, detratte le somme percepite a titolo di ferie.
Il ministero dell’Istruzione ha quindi proposto appello: gli appellati si sono costituiti e hanno proposto appello incidentale, domandando che fosse esclusa la detrazione dell’indennità sostitutiva di ferie e, in via subordinata, che gli emolumenti dovuti fossero incrementati delle voci retributive e delle ulteriori differenze di trattamento economico tra docenti a tempo determinato e a tempo indeterminato. La Corte d’appello di Brescia, con sentenza, ha accolto il gravame principale, stabilendo che ai docenti in questione dovessero essere riconosciute unicamente le differenze retributive derivanti dagli aumenti stipendiali che sarebbero loro spettati in funzione dell’anzianità di servizio, detratta l’indennità sostitutiva di ferie percepita e l’indennità di disoccupazione.
Anche i docenti ricorrenti si sono appellati: gli appellanti si sono rivolti alla Corte di Cassazione che in ragione del fatto per cui la prima serve a monetizzare le ferie non godute durante lo svolgimento del detto rapporto, la seconda a consentire il sostentamento dell’ex dipendente che non riceve più la sua retribuzione al termine del contratto, hanno accolto l'appello. Analoghe cause sono state portate avanti dagli avvocati Anief Fabio Ganci, Walter Miceli e Nicola Zampieri e Lara Bianzani.
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