Marcello Pacifico (Anief-Confedir) risponde alle parole pronunciate dal deputato Pd, che accostano l’intasamento delle GaE con i tanti “interventi e deroghe che hanno riaperto le graduatorie su molti fronti”: le deroghe adottate in tribunale per riammettere gli esclusi non c’entrano nulla. La verità è che dal 2008 in poi l’Istruzione è diventata terreno di risparmio. L’offerta formativa peggiorata, le classi pollaio, il boom di alunni dispersi e di Neet, il disamoramento per la scuola non sono che l’altra faccia della medaglia che ha portato al blocco del turn over e al record di presenze nelle GaE.
“Il mancato svuotamento delle graduatorie dei docenti precari non è colpa dei ricorsi vinti dai candidati ingiustamente estromessi, ma dei 150mila tagli al corpo docenti italiano attuati a partire dal 2008 con la Legge 133 Tremonti-Gelmini che hanno di fatto introdotto un blocco del turn over da cui oggi ancora non riusciamo ad affrancarci”. A dirlo è Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, in risposta all’intervista rilasciata oggi al Sole 24 Ore dall’ex Ministro dell’Istruzione Giuseppe Fioroni, nella quale il deputato Pd sostiene che “dal 2008 in poi abbiamo assistito a un'infinità di interventi e deroghe che hanno riaperto le graduatorie su molti fronti. Sono stati ammessi docenti in coda, a pettine, nuovi abilitati nelle diverse modalità. Relegando quindi le graduatorie - continua Fioroni - a mere liste di attesa per l'assunzione”.
Viene da chiedersi come mai Fioroni non abbia fatto alcun accenno all’azione devastante attuata nei confronti dell’istruzione pubblica dal Governo successivo all’ultimo guidato da Romano Prodi tra il 2006 e il 2008, di cui lo stesso parlamentare viterbese fece parte in veste di Ministro della Pubblica Istruzione, e che lasciò a metà il piano straordinario di 150mila immissioni in ruolo già previste: i regolamenti della Legge 133/08 hanno portato alla sparizione di quattro ore del tempo scuola settimanale degli studenti di ogni ordine e grado, al ritorno al maestro unico e all'eliminazione dell'insegnante specialistico di lingua inglese. Hanno introdotto, inoltre, il tetto sugli insegnanti di sostegno, dichiarato incostituzionale nel 2010, l'innalzamento di un punto percentuale del rapporto alunni/docenti. Non è un caso se facendo un confronto tra i votanti Rsu della scuola del 2006 con quelli del 2012, siano risultati qualcosa come 134.000 unità in meno (solo tra il personale di ruolo).
A dare manforte ai tagli diretti del personale, ci ha pensato poi la Legge 111/11 sul dimensionamento, sempre sostenuta dal duo Tremonti-Gelmini, hanno fatto il resto, introducendo tra il 2008 e il 2013 la cancellazione di 4mila scuole autonome su 12mila, mandando in esubero i docenti in servizio, oltre ai dirigenti scolastici, Dsga e Ata.
Il risultato di quest’azione a senso unico, dettata da esclusivi motivi finanziari e da nessuna ispirazione pedagogico-didattica, ha portato alla bruttissima “fotografia” scattata dall’Ocse sulla scuola italiana appena due giorni fa: la spesa che lo Stato italiano sostiene per l'istruzione, in rapporto al totale di quella pubblica, è al penultimo posto in Europa. Tra i 34 Paesi Ocse presi a esame, l'Italia è l'unico che registra una diminuzione della spesa pubblica per le istituzioni scolastiche tra il 2000 e il 2011 (-3% la media Ocse registra +38%) ed è il Paese con la riduzione più marcata di investimenti (-5% 2000/2011).
Lo stesso Ocse ha registrato che il blocco del turn over ci ha portato ad avere il 62% di insegnanti della scuola secondaria con più di 50 anni: la più alta percentuale di insegnanti ‘anziani’ di tutti i paesi Ocse È poi sensibilmente aumentato il numero di alunni per docente, del 15% alla primaria e del 22% alle medie, non di rado anche in presenza di alunni disabili. Il tutto è stato poi aggravato di recente dalla riforma pensionistica Monti-Fornero, che ottusamente non ha previsto deroghe alla Scuola, ma obbliga oggi le lavoratrici statali (oltre l’80% dei docenti italiani è donna) a lasciare il servizio non prima dei 63 anni e 9 mesi (negli anni Novanta potevano andare via a 55 anni). Mentre per quelle che non posseggono il requisito dell’età anagrafica, l'anzianità contributiva è stata collocata a 41 anni e 6 mesi.
La conclusione di tutto questo processo è che negli ultimi sei anni è decisamente peggiorato il servizio scolastico, con la caduta dei livelli di apprendimento degli alunni dal 2° al 32° posto nei rapporti Pirls. È poi aumentata la dispersione: coloro che hanno abbandonato la scuola prima dei 16 anni sono aumentati del 7,7% rispetto al 2008; 1 giovane su 5 non ha raggiunto un livello di istruzione secondario superiore. E i Neet, i Neither employed nor in education or training, dal 2008 al 2012 sono schizzati dal 19,2% al 24,6%.
“Questi dati inequivocabili – continua Pacifico – si sono riversati sulla qualità dell’istruzione, ma anche sulle aspettative maturate dai 200mila precari formati nel frattempo dallo Stato per insegnare: una parte di loro sono stati lasciati nel limbo delle graduatorie ad esaurimento, che continuano a contenere circa 160mila docenti. Ma un’altra parte, almeno 100mila, sono stati lasciati fuori e per questo ieri hanno giustamente protestato davanti Montecitorio”.
“È evidente che l’alto numero di precari rimasti nelle GaE non può essere imputato ai ricorrenti, peraltro illegittimamente esclusi e rientrati grazie alla magistratura. Se si vuole veramente voltare pagina, svuotando le graduatorie, bisogna eliminare tutte le disposizioni normative che hanno permesso i tagli, del personale e delle scuole. E introdurne altre, ad iniziare dall’obbligo scolastico fino a 18 anni, insistere su alternanza scuola-lavoro e apprendistato, aumentare gli organici e gli investimenti degni di un Paese moderno che – conclude il sindacalista - crede nella formazione dei suoi giovani cittadini”.
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