L’unica mezza soluzione che arriva dagli emendamenti approvati è per gli gli idonei all’ultimo concorso. Tra le tante tipologie di supplenti esclusi, ci sono oltre 30mila delle GaE, in particolare maestri dell’infanzia a primaria. Disco rosso anche per i 50mila diplomati magistrali. Con i nostri governanti, che pensano ingenuamente di evitare l’ondata di ricorsi riservando il prossimo concorso a cattedra agli abilitati all’insegnamento. Anche gli Ata collocati tra gli “invisibili”. Il risultato è che a settembre, ammesso che si attui il piano straordinario di immissioni in ruolo previsto dalla riforma, gli uffici scolastici territoriali dovranno sottoscrivere non meno di 100mila contratti annuali o fino al 30 giugno 2016.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): eppure la Corte di Giustizia europea ha detto a chiare lettere che questi dipendenti non sono figli di un dio minore. Considerando che il suo parere non può essere sovvertito dai tribunali nazionali, non si comprende perché Governo e Parlamento continuino a perseverare nell’errore. Anief ricorre contro le mancate assunzioni su tutti posti vacanti in organico di diritto del personale docente, di sostegno, educativo e Ata.
Le modifiche apportate dalla Commissione Cultura della Camera al disegno di legge La Buona Scuola 2994, ormai in procinto di essere consegnato in Aula per la votazione pre-Senato, non risolvono la piaga del precariato scolastico italiano. Il numero delle assunzioni, infatti, è sottostimato rispetto al fabbisogno, tanto che a settembre il Miur, tramite i suoi Uffici scolastici territoriali, sarà costretto a sottoscrivere oltre 100mila contratti di supplenza annuale o fino al 30 giugno 2016. Inoltre, non trovano una soluzione adeguata le tante categorie di docenti che avrebbero dovute essere stabilizzate. Così facendo il Parlamento non solo non risolve la piaga del precariato scolastico, ma incentiva i ricorsi del sindacato contro le mancate assunzioni su tutti posti vacanti in organico di diritto, anche del personale Ata e educativo.
Per quanto riguarda gli idonei all’ultimo concorso a cattedre, bandito nel 2012, il Governo trova una soluzione a metà che lascia tanto amaro in bocca: verranno assunti, ma non subito. Il contratto di assunzione dei docenti risultati idonei a seguito dell’ultima selezione nazionale “riporterà decorrenza giuridica ed economica dal 1° settembre 2016”. E comunque, sempre “e nel limite dei posti dell’organico dell’autonomia vacanti e disponibile”. Anief non esulta, perché questi docenti avevano pieno diritto all'assunzione immediata: non di certo dall’anno scolastico successivo e solo se ci sono le risorse economiche sufficienti. E perché dovevano essere assunti tutti in due anni, invece ne sono passati tre. Ora il Governo li vuole portare a quattro. Ma così gli aspiranti docenti invecchieranno nell’attesa.
Il disco del Parlamento si mantiene rosso, invece, per coloro che non scioglieranno la riserva entro i prossimi 45 giorni, oltre che per i già immessi in ruolo. All’articolo 8, comma 10, si ribadisce che “è escluso dal piano straordinario di assunzioni il personale già assunto quale docente a tempo indeterminato alle dipendenze dello Stato” e “indipendentemente dalla classe di concorso, dal tipo di posto e dal grado di istruzione per i quali vi è iscritto o in cui è assunto. Sono altresì esclusi i soggetti che non sciolgano la riserva per conseguimento del titolo abilitante entro e non oltre il 30 giugno 2015”.
La procedura governativa che nei piani del governo avrebbe dovuto abbattere la ‘supplentite’ assume i contorni della farsa, poi, per i docenti del primo ciclo: dopo aver appreso che i maestri della scuola dell’infanzia, oltre 23mila, sarebbero tutti dovuti rimanere al palo, quindi supplenti almeno un altro anno, malgrado fossero abilitati e con almeno 36 mesi di servizio svolto, perché il Governo ha deciso che debbono attendere l’approvazione del ddl Puglisi sulla formazione sino a 6 anni, ora i bastoni tra le ruote vengono messi ai docenti della primaria. I quali, al pari di quelli di grado inferiore e gli educatori, torneranno a essere assunti tramite il cosiddetto ‘doppio canale’: metà dalle graduatorie dei vincitori di concorso, metà delle GaE. “Per il personale docente della scuola dell’infanzia e primaria e per il personale educativo si applica l’articolo 399, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, fino a totale scorrimento delle relative graduatorie a esaurimento”, si legge nell’emendamento aggiunto in VII Commissione.
Tra l’altro, visto che per tanti docenti le immissioni in ruolo dalla GaE torneranno come sempre, solo sulla metà dei posti liberi, sarebbe ancora più assurdo pensare di attuare un piano che porti alla loro chiusura: Anief ricorda che oltre ai 30mila docenti precari rimasti esclusi dal piano di assunzioni straordinario, di cui 23mila appartenenti alla scuola dell’Infanzia, ci sono altri 50mila supplenti, solo per la scuola magistrale, tutti regolarmente abilitati e con sufficiente servizio alle spalle, che hanno diritto ad entrare in quelle graduatorie per effetto dei ricorsi che Anief ha prodotto o sta producendo (a tale scopo ha posticipato sino al 15 maggio la possibilità di impugnare l’esclusione illegittima).
Per tutti gli esclusi, Governo prima e Parlamento ora pensano di cavarsela creando il prossimo concorso a cattedra riservato ai soli abilitati all’insegnamento: tranne che per gli educatori, “a decorrere dal concorso pubblico di cui al comma 12-quinquies, per ciascuna classe di concorso o tipologia di posto, possono accedere alle procedure concorsuali esclusivamente i candidati in possesso del relativo titolo di abilitazione all'insegnamento” (art. 8, comma 12 bis). Per l’Anief si tratta di un mero ‘contentino’, che non salverà di certo il Miur da un’inondazione di ricorsi per ingiustificata assunzione nei ruoli dello Stato. Anief reputa questa decisione inconcepibile: visto che l’abilitazione è fondamentale per l’insegnamento, perché allora si dà licenza ai presidi, proprio attraverso il ddl di riforma, a conferire incarichi ai docenti di ruolo anche su cattedre per le quali non si possiede l'abilitazione?
Una marcia indietro, anche se parziale, arriva anche sull’incarico dei neo-assunti, conferito dal dirigente con i super poteri: non sarà triennale, almeno per il prossimo anno scolastico, ma solo annuale. Nessuna immissione in ruolo, invece, continua ad essere prevista per il personale Ata, malgrado vi fossero dal primo settembre 2015 oltre 10mila posti liberi di amministrativo, tecnico e ausiliario, tutti potenzialmente utili per le assunzioni. L’unico riferimento per gli Ata, nell’intero pacchetto di riforma, si riscontra all’art. 5, comma 4 bis, dove si spiega che “le istituzioni scolastiche possono individuare nell'ambito dell'organico il personale ATA per il coordinamento del contesto amministrativo e informatico delle attività del Piano Nazionale Scuola Digitale di cui al comma 2”. Si tratta davvero di un specifica secondaria, che avrebbe avuto un senso se collocata in un contesto di norme a vantaggio della categoria, ma che in questo modo, in piena solitudine, conferma tutta la mancanza di rispetto per quella preziosissima parte del personale scolastico che supporta la didattica e l’organizzazione che c’è dietro al funzionamento di un istituto formativo.
Nessun riferimento, infine, sugli 80mila docenti abilitati collocati in seconda fascia d’Istituto: il Parlamento conferma quanto fatto dal Governo, reputandoli invisibili malgrado siano da anni in servizio ed abbiano svolto la stessa formazione di chi ha raggiunto la stabilizzazione fino al 2011. Poi, improvvisamente, questi corsi hanno cambiato nome – dal 2012 sono stati chiamati Tfa e Pas – e pure spendibilità del titolo (ma non costi e contenuti del percorso formativo universitario, che sono rimasti uguali se non addirittura di caratura maggiore).
“Eppure la Corte di Giustizia europea ha detto a chiare lettere che questi precari non hanno nulla di meno degli altri – ricorda Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – perché non sono figli di un dio minore. Considerando che quel parere, espresso a fine novembre, non può essere sovvertito dai tribunali nazionali, non si comprende perché Governo e Parlamento continuino a perseverare nell’errore. Così facendo, tra l’altro, condannano lo Stato, con i suoi cittadini, ad esporsi al pagamento di ingenti somme risarcitorie nei confronti dei precari danneggiati dalla mancata stabilizzazione”.
“Noi dell’Anief lo diciamo da mesi: il Miur deve fare un serio censimento per verificare l’esatta entità degli organici. Scoprirebbe, ad esempio, che per il sostegno siamo al 40% di posti in meno rispetto al numero di allievi disabili. E che un numero altissimo di cattedre oggi collocate sino 30 giugno sono in realtà vacanti a tutti gli effetti. E che, infine, è necessario aprire all’assunzione da seconda fascia d’istituto perché in diverse classi di concorso – conclude Pacifico - le graduatorie ad esaurimento non hanno più aspiranti”.
Per approfondimenti:
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