I giudici del lavoro di Torino accolgono il ricorso dell’Anief contro le norme che penalizzano i precari: ricalcolata l’anzianità di servizio, conteggiato tutto il periodo pre-ruolo, anche non consecutivo, iniziato nel 1989. Sulla sentenza ha pesato, non poco, il principio del diritto europeo che vieta la disparità di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e indeterminato.
Il tribunale ha infatti evidenziato “il palese ed insanabile contrasto sin qui evidenziato tra le previsioni del diritto europeo (clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato), da un lato, e la regola dettata dalla normativa interna speciale del settore scolastico (art. 526 d.lgs. 297/94), dall’altro, non può che essere risolto in favore delle prime in ragione della loro indubbia superiorità nella gerarchia delle fonti, e precisamente attraverso la disapplicazione di quest’ultima”.
Marcello Pacifico (presidente Anief): la sentenza ha dimostrato che l’Italia deve adeguare la normativa con cui gestisce il precariato nella scuola, come in tutta la pubblica amministrazione. Sia per quel che riguarda il reclutamento, sia per la ricostruzione di carriera, che ancora tanto penalizza i neo-immessi in ruolo, soprattutto quando hanno alle spalle decenni di supplenze.
Il conteggio della carriera scolastica va computato per intero: non importa se è stato svolto da docente precario o di ruolo. Con questa premessa, il tribunale del lavoro di Torino, ha risarcito con oltre 32mila euro un’insegnante donna, entrata in ruolo nel 2015 ma la cui prima supplenza risaliva al lontano 1989, conferendo nei suoi confronti i medesimi scatti di anzianità previsti per il personale di ruolo. Oltre al risarcimento, lo stipendio della docente è stato collocato nel “gradone” di competenza, con un incremento mensile pari a 701,81 euro.
Per il giudice, infatti, gli scatti di anzianità devono essere “calcolati a partire dal primo contratto a termine, considerando quindi un’anzianità di servizio corrispondente, inizialmente, al 2010, allo scaglione 15-20, poi dal 2012 allo scaglione successivo 21-27, ed un livello retributivo conseguente”. Il ricorso è stato predisposto dai legali che operano per Anief, alla luce del principio del diritto europeo che vieta la disparità di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e a tempo indeterminato: gli avvocati Rinaldi, Ganci e Miceli, hanno quindi chiesto la completa valorizzazione in termini di anzianità dell’attività lavorativa prestata sulla scorta dei tanti contratti a termine sottoscritti dalla docente.
Il giudice – attraverso la sentenza n. 1063/2016, pubblicata il 27 maggio 2016 - ha constatato che “la condotta denunciata e la normativa che l’autorizza si pongono effettivamente in aperto contrasto con la normativa comunitaria e precisamente con la clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato recepito dalla dir. 99/70 del Consiglio dell’Unione Europea, come interpretata dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee in numerose sentenze”.
Il tribunale ha anche potuto verificare che la Corte di Giustizia si è ripetutamente pronunciata su quella clausola: appare centrale al riguardo la sentenza emessa il 13.11.2007 nel proc. C 307/05, relativa a una vicenda molto simile a quella per cui è causa, in cui una dipendente dell’amministrazione sanitaria spagnola era stata assunta a tempo indeterminato, dopo dodici anni di rapporti a termine, e rivendicava il riconoscimento di questi ultimi in termini di scatti triennali di anzianità, negatole sulla scorta di una previsione della legge nazionale che riconosce detti scatti soltanto al personale a tempo indeterminato.
“Alla luce di tutto quanto sopra – hanno scritto i giudici - non possono esservi dubbi sul fatto che l’Ordinamento comunitario prescrive come regola la parità di trattamento tra lavoratori a termine e lavoratori a tempo indeterminato nel settore privato come in quello pubblico”. Come “non sono d’altronde ravvisabili motivi di incompatibilità tra la natura del contratto a termine e le varie previsioni di legge e di contratto che danno rilevanza all’anzianità nei rapporti di lavoro a tempo indeterminato”, ha continuato il tribunale torinese.
Nella sentenza n. 1063/2016, il tribunale ha quindi evidenziato “il palese ed insanabile contrasto sin qui evidenziato tra le previsioni del diritto europeo (clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato), da un lato, e la regola dettata dalla normativa interna speciale del settore scolastico (art. 526 d.lgs. 297/94), dall’altro, non può che essere risolto in favore delle prime in ragione della loro indubbia superiorità nella gerarchia delle fonti, e precisamente attraverso la disapplicazione di quest’ultima”.
Pertanto, “nel caso di specie, sussistono tutti i presupposti individuati dalla giurisprudenza per configurare il potere-dovere del giudice nazionale di disapplicare la normativa interna in contrasto con quella europea”.
Nella sentenza è stato anche rilevato che “la quantificazione delle conseguenti differenze retributive in € 32.109,30, effettuata da parte ricorrente sulla scorta dell’anzianità di servizio ricostruita a decorrere dal primo contratto a termine concluso nel 1989, è stata contestata dal Ministero convenuto solo con riguardo alla prescrizione, ritenendo soggetta a prescrizione ordinaria decennale anche la anzianità e calcolando, conseguentemente – come chiarito dall’Avvocato erariale in sede di discussione, producendo un conteggio alternativo a quello allegato dalla difesa attrice – l’anzianità solo per l’ultimo decennio a ritroso dal primo atto interruttivo della prescrizione e considerando un livello retributivo corrispondente”.
Ma per il tribunale di Torino, “l’eccezione di prescrizione sollevata dal Ministero non è fondata”. Quindi, è corretto “calcolare l’anzianità a far tempo dal primo contratto a termine, nel 1989, con conseguente collocazione della ricorrente negli scaglioni corrispondenti”. Il Miur, infine, è stato condannato anche alle spese processuali.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “questa sentenza ha ancora una volta dimostrato che l’Italia deve adeguare la normativa attraverso cui gestisce il precariato nella scuola, come in tutta la pubblica amministrazione. Sia per quel che riguarda il reclutamento, sia per la ricostruzione di carriera, che ancora tanto penalizza i neo-immessi in ruolo, soprattutto quando hanno alle spalle decenni di supplenze e di onorato lavoro da precario”.
Anief ricorda che è possibile ricorrere per recuperare il corretto gradone stipendiale. Ma anche per farsi riconoscere per intero tutto il punteggio dichiarato da supplente (punti 6, piuttosto che punti 3 per i primi quattro anni), nel rispetto di quanto più volte affermato dai giudici del lavoro sulla ricostruzione e la progressione di carriera, in coerenza con quanto espresso dalla Corte di giustizia europea. Per aderire al ricorso per farsi riconoscere per intero tutto il punteggio vai al seguente link.
Per approfondimenti:
LA SENTENZA DELLA CORTE UE (Terza Sezione) del 9 luglio 2015
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