I finanziamenti utili anche a svolgere le attività aziendali hanno subìto un crollo verticale, passando dai 345 milioni di euro del 1999 ad appena 19 milioni di euro dell’anno scolastico in corso. Eppure nelle linee guida si parla di 200 ore di stage nel triennio finale di tutti gli istituti tecnici e professionali.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): ancora una discrasia tra il dire e il fare da parte di chi governa e amministra la scuola pubblica italiana, però abbiamo numeri di studenti dispersi e di Neet da record e non possiamo più permetterci la politica del ‘gambero’.
Dal Governo giungono continue aperture alle attività di stage e di alternanza scuola-lavoro, anche in vista del nuovo esame di maturità, ma nella pratica le risorse che sostengono questo genere di attività sono ormai ridotti al lumicino: le risorse ministeriali destinate al cosiddetto fondo 440, riferisce la stampa nazionale, sono passate dai 345 milioni di euro del 1999 ad appena 19 milioni di euro dell’anno scolastico in corso. Il crollo dei finanziamenti è stato verticale: oggi alle scuole superiori italiane è rimasto a disposizione appena il 5% di quello che veniva corrisposto dal Miur 15 anni fa.
Il finanziamento utile a fare da collante con le aziende, commenta la rivista specializzata ‘Orizzonte Scuola’, si è “praticamente prosciugato”, malgrado la “rivoluzione” delle 200 ore di stage nel triennio finale di tutti gli istituti tecnici e professionali sia stata “presentata in ogni salsa, compreso nel testo della riforma della scuola. Riforma che prevede, addirittura, ben 75mln di duro di fabbisogno per avviare in modo capillare l'apprendistato nei soli istituti tecnici, con un costo di circa 100 euro a studente. Finanziamenti che dovranno provenire in parte dal pubblico e in parte dal privato, ma è certo che la parte pubblica non potrà essere azzerata”.
“Però è proprio quello che sta avvenendo – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir -: mentre dal Governo si continua a sostenere che i nostri giovani debbono prendere coscienza delle realtà lavorative, come da anni fanno proficuamente in Germania, le risorse per le attività in azienda si stanno sempre più assottigliando. Con la prospettiva di un’ulteriore decurtazione per il prossimo anno. Ancora una volta, siamo però costretti a commentare una grave discrasia tra il dire e il fare da parte di chi governa e amministra la scuola pubblica italiana”.
Eppure se si vuole pensare di ridurre l’altissima percentuale di alunni che lasciano i banchi prematuramente e i 700mila giovani Neet tra i 15 ed i 25 anni, le attività formative in azienda diventano fondamentali. Soprattutto per recuperare gli studenti di tecnici e professionali, dove gli abbandoni dei banchi hanno raggiunto livelli record.
“Se all’esperienza lavorativa degli studenti, adeguatamente finanziata, riuscissimo a far approvare la lungimirante proposta dell’ex Ministro dell’Istruzione, Luigi Berlinguer, che nel 1999 aveva ben compreso l’importanza di elevare l'obbligo formativo a 18 anni, il cerchio si chiuderebbe a favore di tanti giovani che oggi non studiano e non lavorano. Però non possiamo più permetterci la politica del ‘gambero’: quella – conclude Pacifico – di un Governo che prima fa un passo avanti e poi due indietro”.
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