Roma, 15 lug. (Labitalia) - "Le dimissioni del premier Mario Draghi (per ora rifiutate dal Capo dello Stato) pongono seri dubbi sul proseguo della riforma del reclutamento dei docenti italiani: dopo l'approvazione parlamentare, a fine giugno, della legge 79/2022 che ha riformato modalità di assunzioni e formazione del corpo insegnante italiano, servono infatti ben 14 decreti attuativi. Il primo dei quali dovrà essere prodotto dalla presidenza del Consiglio dei Ministri e pubblicato entro prossimo 31 luglio". Lo denuncia l'Anief riportando che "si tratta del percorso dei 60 Cfu, di cui almeno 10 di area pedagogica, comprendente attività di tirocinio diretto e indiretto non inferiore a 20 CFU/CFA'', e mettendo in risalto il rischio di mancata approvazione dello stesso decreto attuativo.
Per Anief è “fisiologico” ma ciò che conta ora è l’inserimento nelle graduatorie di merito di tutti i partecipanti, partono i ricorsi
Il sindacato Anief, con la Confederazione Cisal, apprezza l'approvazione della riforma degli istituti tecnici superiori e ricorda che gli altri Paesi europei detengono tassi di partecipazione ai percorsi d'istruzione terziaria breve di gran lunga superiori al nostro: nel 2017 la Spagna contava ben 392.000 iscritti su un totale di 2.010.000 studenti immatricolati nell'istruzione terziaria in generale, la Francia 501.000 su 2.532.000, il Regno Unito 287.000 su 2.431.000, la Germania 192.00049 su 3.091.000. In Italia solo 11.000 su 1.837.000.
Il sindacato chiede l’inserimento nelle graduatorie di merito di tutti i partecipanti e l’utilizzo fino al loro esaurimento
Mentre la trattativa all’Aran sul rinnovo del contratto degli impiegati pubblici vive l’ennesimo periodo di stallo, dall’Ocse e da Bruxelles arrivano dati preoccupanti sull’arretratezza economica degli stipendi degli insegnanti italiani, sempre più vicini al trattamento dei colleghi dei Balcani occidentali. In questi giorni, il divario viene confermato dall’anteprima dei dati Eurydice 2022, da cui si evince che dopo un decennio di carriera professionale i docenti italiani di tutti gli ordini e gradi di scuola accumulano in media circa 7.800 di divario rispetto a quanto accade mediamente ai colleghi europei. E a fine carriera, dopo 35 anni di servizio svolto, quando lo stipendio in Italia viene al massimo integrato del 50%, il gap diventa di oltre 11 mila euro.