I genitori del liceo musicale scivono a Ministero e Zaia. E parte una raccolta firme contro la riduzione dell'orario di strumento
ROMA, 7 SET - La necessità, sacrosanta, di avere tutti i docenti in cattedra dal primo giorno di scuola, diventa però complicata da realizzare a causa del ritardo inspiegabile con cui l'amministrazione ha deciso di aggiornare la seconda e terza fascia delle graduatorie di istituto: quelle provvisorie, con oltre 700mila precari coinvolti, hanno visto la luce solo dopo Ferragosto, con le segreterie scolastiche inondate di reclami a causa dei 'bug' del sistema informatico gestito dal Miur tramite Istanze online. E' quanto denuncia l'Anief in una nota. "Poiché il Miur non ha voluto inserire gli abilitati nelle Gae e molte di queste sono ormai senza candidati - argomenta il sindacato - i presidi sono costretti a coprire i 'buchi' di cattedre attraverso le graduatorie d'istituto. Le quali sono tuttavia ancora in via di rifacimento perché si stanno ancora rinnovando, proprio in questi giorni, le posizioni e nuovi inserimenti del triennio 2017/2020. Con l'Amministrazione che non ha fornito le linee guida su quali liste di attesa utilizzare: le vecchie o le nuove provvisorie?". Secondo il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico, "non si doveva arrivare a inizio anno con le scuole costrette a nominare fino ad avente diritto, peraltro sulle spalle di segreterie composte da pochi elementi e che già si devono sobbarcare un alto numero di impegni, come quello 'gratuito' dei controlli delle vaccinazioni degli alunni. In questo modo, si copre la cattedra ma dopo qualche settimana si cambia docente, con tutte le conseguenze negative, in primis per il sostegno, che il mutamento comporta". (ANSA).
Udienza di discussione fissata al 15 novembre
Ascolta l'intervista al presidente nazionale Anief professore Marcello Pacifico
ROMA, 1 SET - "Il nuovo anno scolastico parte con poche luci e troppe ombre": a dirlo è stato Marcello Pacifico, presidente dei sindacati Anief e Udir, durante il suo saluto al Collegio dei Docenti del Liceo Classico Umberto I di Palermo. L'abnegazione di ottimi dirigenti scolastici - ha detto Pacifico - non può essere l'antidoto per i tanti problemi irrisolti della macchina organizzativa scolastica. Nulla possono fare, infatti, questi esempi di efficienza, dinanzi agli organici incompleti, con quasi il 30% di cattedre oggi ancora prive del docente, alla mancata sicurezza di molti istituti che ha come capro espiatorio il dirigente scolastico, e a contratti ignominiosamente bloccati dal 2009 oppure ad indennità dimezzate da corrispondere tramite il fondo d'istituto per progetti e attività aggiuntive". "Tra i nodi mai sciolti della nostra scuola - ha continuato il sindacalista - risultano le ricostruzioni di carriera illegittime, che non tengono conto dell'intero periodo di precariato né degli scatti di anzianità negati ai supplenti. Anziché dirimerli, tanti problemi sono stati acuiti dall'ultima riforma della scuola e dall'approvazione dei decreti legislativi conseguenti, ad iniziare dal Piano annuale delle attività didattiche, educative e formative disposte dagli organi collegiali. Ad essere stati danneggiati dalla Legge 107/2015 ci sono anche gli Ata, prima dimenticati per il potenziamento scolastico, malgrado il lavoro aggiuntivo per segreterie scolastiche, amministrazioni e segreterie, e poi assunti per un terzo, in appena 6.200, a fronte degli oltre 18mila posti liberi". "Agli istituti sono stati assegnati dei compiti di vigilanza, senza pensare al fatto che fossero sguarniti di personale, tagliato di 50mila unità in meno di 10 anni, già oberati di lavoro e pure con gli addetti alle segreterie non formati adeguatamente per questo genere di impegni". (ANSA).
Annullata dal TAR Lazio la nota Miur n. 21315/2017 che aveva confermato il taglio di un'ora del primo strumento nel biennio dei Licei Musicali perché giudicata in aperto contrasto con quanto previsto dalla normativa primaria (DPR n. 89/2010). L'Anief, ancora una volta, dimostra di aver ben agito con un'azione legale mirata e vincente a tutela del diritto allo studio di centinaia di alunni iscritti al primo biennio dei Licei Musicali italiani.
Il Governo starebbe lavorando per prevedere un assegno pensionistico minimo di 650-680 euro, in modo da aumentare la cumulabilità tra la pensione sociale e contributiva. Il problema è che le pensioni medie non supereranno di molto quella cifra. È esemplare l’assegno di quiescenza destinato agli ultimi docenti neo-immessi in ruolo: secondo l’Ufficio Studi Anief, gli assunti dal 2015 in poi, con l’entrata a regime della riforma Monti-Fornero e della Buona Scuola, sono destinati a percepire un assegno mensile decurtato tra il 38% ed il 45% rispetto a chi ha lasciato il servizio sino a quell’anno. Di fatto, un docente che due anni fa percepiva una pensione di 1.500 euro, verosimilmente non solo lascerà il servizio a a 70 anni suonati con 46 anni e mezzo di contributi versati, ma andrà a percepire una pensione collocata nella fascia 825 euro - 930 euro.
Anche perché, nel frattempo, gli stipendi dei dipendenti pubblici, fermi da nove anni, sono stati divorati dall’inflazione e non saranno certo gli 85 euro medi lordi in arrivo a risollevarli. Pesa sfavorevolmente sulla pensione, quindi, il fatto che da 10 anni è rimasta illegittimamente bloccata pure l’indennità di vacanza contrattuale che avrebbe assicurato almeno la metà dell’adeguamento. Versando meno contributi è infatti evidente che la pensione non potrà che uscirne ancora più penalizzata. Come è accaduto a partire della fine degli anni 90, con il potere di acquisto delle pensioni che in soli tre lustri ha perso il 33%. Purtroppo, la parabola discendente è solo all’inizio, perché il sistema contributivo attuale prevede un’incidenza sull’accantonamento previdenziale molto più sfavorevole al lavoratore rispetto ai modelli pre-Fornero.
Considerando che le graduatorie ad esaurimento di III fascia da GaE per molte classi di concorso della scuola secondaria sono ormai agli sgoccioli, il grosso della gestione delle supplenze passerà direttamente alle scuole tramite le graduatorie di istituto. Molte le mancanze di organico soprattutto nel Nord. Basti pensare alla mancanza di 1.400 docenti di sostegno nella sola Milano o la carenza diffusa in tutto il Nord di docenti di matematica. Poiché in diversi casi si è ancora in attesa degli esiti definitivi delle domande di utilizzazione ed assegnazione provvisoria, anche quest’anno molte supplenze annuali si concretizzeranno ad anno scolastico avviato. E siccome un alto numero dovrà essere effettuato sulla base delle graduatorie d’istituto, in via di rifacimento, i dirigenti saranno anche, in un alto numero di casi, costretti in autunno inoltrato a riconvocare e rinominare il docente, proprio sulla base dei nuovi posizionamenti in graduatoria.
ROMA, 27 AGO - Tra una quindicina di giorni riprendono le lezioni ma il problema delle supplenze torna implacabile, soprattutto al Nord: a denunciarlo è l'Anief. Citando il portale Orizzonte Scuola, l'Anief denuncia che solo a Milano mancano 1.400 docenti di sostegno, quasi tutti alla primaria e alle medie. A Mantova sono assenti tra i 250 e i 300 docenti, appartenenti in prevalenza a matematica, italiano e sostegno. In Veneto scarseggiano i professori di Matematica e Scienze alle medie: in realtà ci sarebbero, ma sono quelli che hanno superato le prove suppletive del concorso a cattedra e ancora attendono di essere collocati in graduatoria. Anche in Liguria dopo le nomine in ruolo restano vuote 603 cattedre di sostegno su 1.320. Ma sul sostegno ci sono realtà difficili anche al Sud: in Sicilia quasi 5mila posti in deroga che andranno in larghissima parte ai precari. Per il sindacato, largamente insufficiente è stata la trasformazione di 16mila cattedre dall'organico di fatto a quello di diritto. Inoltre, tanti docenti supplenti assegnati alle classi a inizio anno dovranno cambiare sede, perché gli Uffici Scolastici hanno pubblicato le liste provvisorie per l'aggiornamento delle graduatorie d'istituto a ridosso dell'inizio del nuovo anno. "A ben poco è servita la riforma della Buona Scuola - commenta il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico - come male organizzate sono state le 52mila immissioni in ruolo, visto che tra le 15mila e le 20mila sono andate perse perché gli abilitati della seconda fascia d'istituto sono stati lasciati fuori dalle GaE, peraltro nemmeno colpevolmente aggiornate. Eppure, rispetto al passato delle novità importanti ci sono: sono quelle che arrivano dai tribunali, nazionali e non. Le quali pongono sullo stesso piano i diritti del personale precario con quello di ruolo: va ricordato, soprattutto, il diritto al risarcimento per i supplenti con tre anni di servizio svolto. E anche quello stipendiale, emesso di recente dalla Cassazione. Sono principi rilevanti, che aprono la strada a molti altri ricorsi orientati all'effettiva parità tra personale precario e di ruolo, ancora diviso da norme che il nuovo contratto dovrà necessariamente rivedere". (ANSA).
ROMA, 24 AGO - Presidi, siamo al disastro: ne mancano 1.900 e vanno perse pure il 60% delle 259 assunzioni 2017. A sostenerlo è il sindacato Anief che fa ricorso per recuperare gli esclusi del concorso 2011. "Oltre a qualche decina di aspiranti dirigenti scolastici, risultati idonei al termine dell'ultima selezione del 2015 ancora non assunti, l'amministrazione - secondo Anief - ha dato il via libera all'immissione in ruolo di appena 37 idonei della sessione concorsuale precedente: si arriverà a coprire non oltre 120 posti destinati alle immissioni in ruolo. Eppure, l'Ordinanza 3008/17 ha rimesso in Corte Costituzionale la Legge 107/15, sospendendo il relativo decreto ministeriale e dando soprattutto la possibilità ai ricorrenti che hanno contestato il DDG del 13 luglio 2011, grazie alla sentenza definitiva del 13 luglio 2015, a costituirsi, gratuitamente con Anief, in giudizio presso la Consulta per ottenere l'ammissione a un nuovo corso riservato". Proprio alla luce dei tanti posti vacanti, il sindacato ha deciso di riaprire i termini del ricorso. (ANSA).
ROMA, 23 AGO - Obbligo scolastico a 18 anni? Solo se si anticipa la scuola primaria all'età di 5 anni, altrimenti si tratterebbe solo di un'operazione risparmio, finalizzata a far sparire a regime 35mila cattedre della scuola superiore. E' il parere dell'Anief. Il sindacato annuncia che "se l'operazione ha come scopo primario quello di cancellare altro tempo-scuola oltre quello divorato nell'ultimo decennio a partire della legge 133/08", vi si opporrà con tutte le sue forze, sia a livello organizzativo-politico che in ambito giuridico-legale. "L'anticipo dell'uscita da scuola a 18 anni, già tentato a inizio 2000 dall'allora ministro Luigi Berlinguer, è un programma di revisione ripreso da diversi governi. Anche di recente, dall'ex ministra Stefania Giannini. Se nessuno c'è riuscito è perché è sempre mancato un percorso ragionato e condiviso" si legge in una nota. "Con la scuola primaria anticipata di un anno, durante il quale attivare delle classi 'ponte' affidate a maestri in compresenza della scuola dell'infanzia e della stessa primaria - spiega il presidente Anief Marcello Pacifico - si migliorerebbe il delicato passaggio tra la scuola materna e l'ex elementare. Lo abbiamo detto qualche mese fa: è scientificamente provato che a cinque anni i bambini hanno bisogno di una formazione di tipo essenzialmente ludico e, nello stesso tempo, di avvicinamento all'alfabetizzazione e al far di conto. L'operazione permetterebbe anche di svuotare le graduatorie di merito e le GaE dei maestri d'infanzia dimenticati dalla riforma e con pessime prospettive di stabilizzazione. Come si darebbe una bella spallata alla dispersione e all'abbandono scolastico: perché mantenendo il tempo scuola immutato e innalzando l'obbligo a 18 anni, gli studenti sarebbero più coinvolti nei progetti formativi. Certo, servirebbe anche rivedere i contenuti dei cicli scolastici, rendendoli anche più stimolanti per le nuove generazioni" conclude. (ANSA).
ROMA, 19 AGO - A partire dal 1° settembre le dirigenze scolastiche si collocheranno per la prima volta sotto quota 8mila unità. "Attraverso un'ulteriore sforbiciata di 80 scuole autonome, accorpate o soppresse, e all'innalzamento del numero di quelle sottodimensionate (che diventeranno 354), con l'anno scolastico 2017/18 il numero di presidi scenderà infatti a 7.994": lo evidenzia l'Anief, associazione di settore, mettendo in evidenza il caso dei Dsga, direttori dei servizi generali ed amministrativi: "ne immette in ruolo 761, ma mancano candidati e quelli di ruolo perdono il posto". "Il problema diventa doppio - dice l'Anief parlando del taglio delle scuole autonome e conseguentemente dei presidi - quando si vanno a cancellare altrettanti posti di Direttori dei servizi generali ed amministrativi: anche diversi di loro, di ruolo, sono stati costretti a cambiare sede, perché la loro è stata cancellata dall'ennesimo dimensionamento pro-risparmio. Ci sono casi - prosegue la nota di Anief - dove la loro collocazione diventa complicata. Come in Molise, dove in tutta la regione rimangono attive appena 53 scuole autonome e 4 sottodimensionate". (ANSA).
ROMA, 18 AGO - Con le nuove regole sui vaccini le segreterie scolastiche saranno caricate di "tensioni e oneri afferenti a sanità e famiglie": è quanto sottolinea l'associazione sindacale Anief, chiedendo uno "stop all'attuazione decreto" e valutando "azioni per impugnarlo". Per il sindacato, "attraverso le due circolari esplicative si è riusciti nell'impresa di fare peggio della norma-madre: sono state imposte rigide disposizioni che precludono la possibilità di far frequentare la scuola agli alunni fino a 6 anni non in regola, minando il diritto allo studio previsto dalla Costituzione italiana, e si conferisce ai presidi una responsabilità, con tutte le incombenze che comporta, che per ovvi motivi non può essere a carico dell'istruzione pubblica ma rimane di carattere puramente medico-sanitario". "Serviva un dibattito e un adeguato confronto con le parti sociali - ha detto Marcello Pacifico (Anief-Cisal) - e inoltre lo Stato si è spinto oltre le proprie competenze dimenticando di attivare un adeguato raccordo con la scuola. Il nostro studio legale sta approfondendo i contenuti delle circolari applicative del decreto, per verificare se vi sono i presupposti giuridici per bloccarne gli effetti pratici, anche ricorrendo contro lo stesso decreto. La scuola non può continuare a fungere da 'imbuto' dove infilare i problemi sociali. Perché, ad esempio, non si è previsto lo stesso obbligo per tutti coloro che fanno una visita o si ricoverano in ospedale? In altri luoghi di affollamento, se i vaccini sono così rilevanti per la salute pubblica, per quali motivi non è stato adottato lo stesso criterio di indispensabilità delle certificazioni per l'accesso?", conclude la nota. (ANSA).
ROMA, 17 AGO - Circa 700mila docenti sono precari col fiato sospeso, gli uffici scolastici pubblicano in queste ore le graduatorie d'istituto ed è altissima la percentuale di reclami. A sostenerlo è il sindacato Anief il quale spiega che da oggi, ogni supplente potrà rendersi conto del punteggio assegnato consultando 'Istanze On Line' ma sarebbero già migliaia le richieste di rettifica del punteggio recapitate sulle scrivanie delle segreterie, da parte dei docenti che hanno visualizzato il punteggio non corretto. Nel computo degli errori da sanare, secondo Anief, ci sono pure quelli dovuti alla decisione del Miur di escludere tante categorie di docenti. Come i diplomati Itp, a cui il Tar ha dato ragione avallando la tesi dell'Anief. "Attendiamo con fiducia - afferma Marcello Pacifico, di Anief-Cisal - la richiesta di inserimento nella seconda fascia d'istituto anche per i diplomati AFAM e magistrale linguistico, per i quali già esistono pronunciamenti positivi in Consiglio di Stato. C'è anche da verificare se il Ministero dell'Istruzione abbia comunicato ai propri Ambiti territoriali provinciali e alle scuole capofila di dare seguito agli ordini del tribunale amministrativo per registrare l'immediato inserimento nella seconda fascia delle Graduatorie d'Istituto di tutti gli aventi diritto. Inoltre è bene che ogni docente verifichi il punteggio assegnatogli e presenti apposito ricorso qualora vi siano discrepanze rispetto a quanto effettivamente gli spetta". (ANSA).
ROMA, 15 AGO - Equiparare gli stipendi docenti dei docenti italiani a quelli dell'Europa; è quanto chiede una petizione pubblica che denuncia che la "forbice si allarga e il nuovo contratto non risolverà il problema". "Per gli insegnanti promotori dell'iniziativa, che in poche ore ha raccolto migliaia di adesioni - spiega l'associazione sindacale Anief - è impensabile stare in Europa e assistere a una sperequazione tra docenti di nazionalità europee differenti: i nostri colleghi Europei lavorano in media in meno di noi italiani, nonostante questo aspetto percepiscono stipendi più alti, non vivono l'incubo del precariato scolastico come accade in Italia, non hanno l'accesso all'insegnamento veicolato dalle classi di concorso, godono di migliori possibilità di crescita professionale e di maggiori condizioni di tutela e promozione della salute così come intesa dall'Oms". Nell'appello, che al termine della raccolta firme verrà consegnato al Miur, si ricorda anche che "quella del docente è una delle professioni ad alto rischio di burnout, proprio per la mole di lavoro loro richiesta e per le pochissime risorse umane ed economiche a cui lo stesso può attingere nel miglioramento, tutela e prevenzione rispetto alla propria condizione con cui il professionista dell'istruzione si confronta". Anief condivide in "pieno le ragioni della petizione. I numeri a confronto con il resto d'Europa, del resto, sono più che eloquenti, anche per l'alto rischio di incorrere in malattie professionali. Sul trattamento economico, basta citare l'ultimo rapporto Eurydice, la rete che mette a confronto il trattamento di 40 Paesi dell'area: se in generale, negli ultimi sette anni gli stipendi degli insegnanti continuano a registrare un aumento o una stabilità nella maggioranza dei Paesi europei, solo in Italia e a Cipro continuano a rimanere congelati. Il governo italiano, infatti, per ridurre il deficit pubblico, ha congelato gli stipendi nel 2010, inizialmente fino al 2013, ma la misura è stata estesa da allora ogni anno". A fronte di questo quadro impietoso, il giovane sindacato ricorda che le organizzazioni rappresentative s'apprestano a sottoscrivere un contratto di categoria che non soddisfa assolutamente le esigenze di allineamento degli stipendi dei docenti italiani a quelli europei. "Non devono sottoscrivere quell'accordo - sostiene Marcello Pacifico (Anief-Cisal) -. Da quando il contratto è sbloccato, cioè da settembre 2015, doveva essere riallineata l'inflazione all'aumento del costo della vita intercorso tra il 2008 e il 2015, al 50% come prevede la legge. Ma ciò non è avvenuto. Addirittura per il Mef, come per il Governo, quell'indennità, da corrispondere per legge, dovrebbe rimanere congelata fino al 2021. Inoltre, se si firma questa bozza di contratto, il lavoratore prenderebbe solo a partire dal 2018 appena 85 euro, anziché almeno 210 euro che gli spettano. È arrivato il momento di chiedere il parere ai lavoratori con un referendum. I contratti non si firmano sulla pelle dei lavoratori: a volte è meglio non firmare e ricorrere al giudice". (ANSA).
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ROMA, 30 LUG - Sugli "aumenti miseria" del rinnovo del contratto della scuola, i sindacati Anief e Udir chiedono di ascoltare il personale. Per mercoledì, infatti, l'Aran ha convocato il governo e i rappresentanti dei lavoratori per l'avvio della negoziazione, sui temi generali, in previsione dell'imminente accordo sull'Atto di indirizzo preliminare. "Sono diverse - spiega una nota - le problematiche irrisolte: il cumulo degli aumenti con il bonus 80 euro in modo che uno non escluda l'altro; la scarsità degli incrementi medi lordi, solo 85 euro, da mettere sulla parte fondamentale della retribuzione, a cui si aggiunge il salario accessorio che sarà distribuito per merito. Tra le questioni trasversali ai comparti ci sono, oltre alle risorse, i capitoli relativi a orari e ferie, nonché la revisione dei permessi e delle assenze per malattia". Secondo Marcello Pacifico (Anief-Cisal-Confedir), "prima di firmare un contratto del genere, ascoltiamo la 'base' con un referendum. Perché dai nostri calcoli servono 2.400 euro di aumenti annui per i docenti e 6 mila per i dirigenti. I nodi da sciogliere, tuttavia, non sono solo economici. Riguardano, a esempio, la perdurante discriminazione del personale precario rispetto a quello di ruolo. E perché per i neo assunti è stato introdotta, con i sindacati rappresentativi d'accordo, l'assurda abolizione del primo scatto stipendiale? E come mai non è stata ancora introdotta la figura del vicario del dirigente scolastico? È giunto poi il momento di ripristinare le 4mila dirigenze scolastiche tagliate negli ultimi dieci anni. Lo stesso vale per il taglio di 50mila Ata e la mancata assunzione di Ata. Tra il personale non docente, inoltre, grida vendetta il trattamento riservato ai Dsga: che fine ha fatto il loro concorso, più volte annunciato dal Miur, come quello dei presidi e dei Coordinatori di segreteria. Inoltre, non si può gestire un Ata come si faceva 20 anni fa, quando le loro competenze erano decisamente diverse. Come bisogna prevedere organici differenziati per il Sud e le zone disagiate. Per questi motivi diffidiamo i sindacati a non svendere la categoria per pochi denari e arretrando sui loro diritti, come la malattia, i permessi e l'orario di lavoro: rappresenterebbe un errore storico, che il personale, mai come stavolta, si legherebbe al dito". Il sindacato ha già fatto sapere, al tavolo di contrattazione sull'Atto di indirizzo, che "il minimo che il Governo possa proporre è il recupero dell'inflazione indicizzata pari al 7%, come previsto dalla Consulta. A cui si aggiunge la stessa cifra per l'aumento effettivo. Ma siccome sinora non ci sono i presupposti, ha così deciso di presentare ricorso per il recupero totale degli arretrati". (ANSA).
Roma, 29 lug. (askanews) - "Fa bene il Ministero dell'Istruzione a prendere in considerazione la proposta giunta in questi giorni, a furor di popolo, di trasformare in modo automatico e gratuitamente gli anni spesi per laurearsi in contributi previdenziali: è un'iniziativa che andrebbe incontro alle esigenze di tutti i lavoratori, non solo giovani, costretti già oggi a lasciare il lavoro alle soglie dei 70 anni". A dichiararlo è Marcello Pacifico, segretario confederale Cisal, a seguito del successo ottenuto dalla campagna mediatica "Riscatta la laurea", su cui pure il Miur ha detto di essere disponibile a confrontarsi perché "il tema del riscatto della laurea è serio e importante" e occorre quindi "approfondire le proposte avanzate e a farlo, nelle prossime settimane, per le parti di propria competenza".
"Chiedere a un dipendente di riscattare la laurea, con gli stipendi praticamente fermi e piegati dal peso dell'inflazione, è una procedura che oggi non ha più alcun senso - continua il sindacalista -: il riscatto in cambio di diverse decine di migliaia di euro è un vero ricatto. Una legge che diventa persino autolesionista quando si ha a che fare con professioni a rischio burnout: riteniamo, pertanto, che i 4 o 5 anni di studi all'Università debbano essere considerati in modo automatico come periodi di vero e proprio lavoro. Per chi lavora nella scuola, tra l'altro, andrebbero conteggiati pure i periodi di formazione Ssis, Tfa e Pas, che possono arrivare anche a due anni".
"Ne consegue - prosegue il sindacalista Cisal - che un docente, ma anche un lavoratore Ata o gli stessi presidi, oggi costretti ad andare in pensione a 67 anni, potrebbe anticipare di 5-6 anni.
Lasciando l'insegnamento, di fatto, alla stessa età dei colleghi che andavano in pensione prima della riforma Monti-Fornero.
Stiamo parlando di dipendenti che svolgono, tra l'altro, un lavoro particolarmente stressante che anche le ultime indagini sulle varie categorie della pubblica amministrazione indicano ad alto rischio di insorgenza di malattie professionali, che si presentano spesso proprio a fine carriera".
"Paradossalmente - conclude Pacifico - uscire quindi prima dal lavoro, anche grazie al riscatto gratuito della laurea e degli anni di specializzazione all'insegnamento, porterebbe allo Stato dei vantaggi non solo sociali, ma anche economici. Perché lo stesso Stato non si dovrebbe più fare carico delle cure mediche di milioni di suoi cittadini, vittime di patologie perché è stato negato loro il diritto di lasciare il lavoro al momento giusto".
ROMA, 29 LUG - Da uno studio approfondito svolto sulla base del numero dei posti vacanti e disponibili presenti in ogni provincia/regione, suddivisi per tipo di posto, classe di concorso e risultanti al sistema informativo al termine delle operazioni di mobilità emerge che le regioni settentrionali avranno a disposizione complessivamente il 58% dei 52 mila posti per le immissioni in ruolo da svolgere entro il prossimo 14 agosto. Al resto della Penisola e alle Isole andranno le 'briciole'". Lo rende noto in un comunicato l'Anief. "Il sindacato non contesta la ripartizione oggettiva del contingente "ma il fatto che non siano stati adottati altri parametri. Sconfessando, in questo modo, gli accordi presi ai tavoli di confronto con le organizzazioni sindacali, che indicavano la necessità di attuare delle assunzioni 'intelligenti' che andassero oltre al mero conteggio del numero di alunni e alla conseguente formazione delle cattedre da assegnare a ogni scuola. Il calcolo sulla quantità di assunzioni a tempo indeterminato, quindi, non doveva essere solo ragionieristico". "Abbiamo fatto presente in tutte le sedi possibili, anche parlamentari - afferma Marcello Pacifico, di Anief-Cisal - che nell'assegnare le immissioni in ruolo occorre per forza di cose tenere conto degli abbandoni scolastici, dei flussi migratori, dei rischi connessi alla povertà socio-culturale, della presenza di alunni difficili. Oltre che situazioni oggettive a livello logistico-geografico e legate alla sicurezza. Viene da chiedersi a questo proposito - conclude - come si fa a relegare Abruzzo e Umbria agli ultimissimi posti delle regioni per numero di assunti". (ANSA).