Appena una piccola parte potrà sottoscrivere questa estate il contratto a tempo indeterminato, perché in organico le cattedre libere scarseggiano e per loro non sono state messe da parte. Per tutti gli altri, se riparla nel 2018. Solo che nel frattempo sarà già vicina la scadenza del triennio di validità delle graduatorie. Il sindacato dinanzi a questa prospettiva non starà a guardare e annuncia ricorsi, per prolungare l’arco temporale nel quale sarà possibile immettere in ruolo chi ha dimostrato di possedere le competenze giuste per fare l’insegnante nella scuola pubblica. Anche perché nei prossimi anni entrerà in vigore il rinnovato percorso selettivo-formativo derivante dalla Legge 107/15 che porterà in cattedra i nuovi docenti a titolo definitivo non prima del 2022. Così a coprire quei posti saranno ancora una volta i supplenti.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): siccome serviranno diversi anni per vedere immessi in ruolo vincitori e idonei, non si comprende perché il tetto dei tre anni dalla stipula della graduatoria debba ancora rimanere in vita. La verità è che chi amministra la scuola pubblica ha combinato un altro pasticcio: se non si corre al più presto ai ripari, con un provvedimento ad hoc che estende i tre anni di validità delle graduatorie, l’errore potrà ancora una volta essere superato solo in tribunale.
Sembra che il Miur abbia deciso di prendersela con maestri della scuola dell’infanzia e primaria: l’ultima tegola per la categoria, composta quasi totalmente da donne, è arrivata leggendo i posti disponibili per le assunzioni. Sono talmente pochi che a settembre solo un vincitore su dieci potrà essere assunto. Dopo, peraltro, che lo scorso anno non c’era stata nemmeno un’immissione in ruolo da concorso 2016, perché la selezione era ancora in pieno svolgimento. Tanto è vero che il 5% delle commissioni ancora oggi deve concludere le operazioni e pubblicare l’elenco dei vincitori.
Secondo gli ultimi dati nazionali, forniti dal quotidiano La Repubblica, “diventa paradossalmente una fortuna il fatto che i commissari abbiano bocciato buona parte dei candidati, sfoltendo notevolmente la platea degli aspiranti al ruolo”, perchè “a settembre appena un vincitore su dieci potrà coronare il sogno del posto fisso. Tutti gli altri dovranno aspettare anni, con sulle spalle una spada di Damocle non da poco: tra 26 mesi le graduatorie non saranno più valide”. Per la primaria i numeri parlano da soli: “il concorso ha messo in palio in tutta Italia 17.299 cattedre da spalmare nel triennio di validità delle graduatorie: 5.766 all’anno. Saltata la tornata di assunzioni 2016, tutti i vincitori dovrebbero essere accontentati tra questa estate e la prossima: si arriva così a un “fabbisogno” di 8.649 cattedre. Peccato che quelle vacanti dopo trasferimenti e pensionamenti siano appena 3.524 per i cosiddetti “posti comuni”. E di queste, il 50% sarà riservato ai precari: per chi ha superato il concorsone ne resteranno disponibili appena 1.762, una ogni dieci vincitori”.
Anche se il numero di respinti è altissimo, continua il quotidiano romano, serviranno diversi anni per “smaltire” le attuali graduatorie dei vincitori. “Nel Lazio, ad esempio, le cattedre in palio (sulla carta) sono 1.378, i vincitori di concorso “solo” 935. Che nella realtà dovranno contendersi i posti realmente messi a disposizione dal ministero: 333 in totale, 167,5 riservati al concorsone. Di questo passo, per smaltire tutti gli aventi diritto, servirebbero tra i 5 e i 6 anni. E per la scuola dell’infanzia il discorso non cambia: 515 le cattedre a bando, 562 i vincitori, appena 62 i posti realmente disponibili. Per soddisfare tutti gli aspiranti maestri di scuola materna ci vorrà quasi un decennio”.
I tre anni di validità massima delle graduatorie dei vincitori e idonei diventano così a dir poco irrisori. Il sindacato dinanzi a una prospettiva del genere non starà a guardare e annuncia ricorsi, per il prolungamento dell’arco temporale nel quale sarà possibile assumere chi ha dimostrato di possedere le competenze per fare l’insegnante nella scuola pubblica. Anche perché nei prossimi anni entrerà in vigore il rinnovato percorso selettivo-formativo, derivante dalla Legge 107/15, che porterà in cattedra i nuovi docenti a titolo definitivo non prima del 2022. È stato lo stesso Governo Renzi-Gentiloni, del resto, a produrre la fase transitoria sul reclutamento in cui stiamo entrando e che durerà tra i cinque e i sette anni. E siccome, nel frattempo tante classi di concorso libereranno ulteriori posti, a seguito dei pensionamenti, sarebbe autolesionistico escludere i candidati arruolabili e pronti per essere assunti e assegnare quelle cattedre solo ai supplenti.
“Dopo aver deciso di utilizzare integramente le graduatorie dei vincitori, superando con il DPR 59/17 l’inutile barriera del 10 per cento dei candidati risultati idonei oltre i posti messi a bando, dunque attingendo dagli elenchi aggiuntivi ai fini delle immissioni in ruolo, c’eravamo illusi che si fosse voltata pagina – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e e segretario confederale Cisal –, ma ben presto ci siamo resi conto che si trattava di un fuoco di paglia. Prima di tutto perché il via libera all’assunzione, con effetto 1° settembre 2017, è stato incredibilmente limitato ai docenti della scuola secondaria: tutti i maestri risultati idonei alle prove concorsuali per la scuola dell’infanzia e primaria, sempre oltre il 10 per cento dei posti indicati inizialmente da assegnare, sono rimasti esclusi. E per questo l’Anief ha deciso di far partire da subito le procedure per ricorrere e per proseguire la battaglia in tribunale, con scadenza delle adesioni il prossimo 8 luglio)”.
“Ora veniamo a sapere – continua il sindacalista Anief-Cisal - che saranno pochi i docenti a essere immessi in ruolo da concorso, perché i posti rimasti liberi non sono stati messi da parte e risultano insufficienti. Siccome serviranno in media diversi anni per vedere immessi in ruolo vincitori e idonei, non si comprende perché il tetto dei tre anni dalla stipula della graduatoria debba ancora rimanere in vita. La verità è che chi amministra la scuola pubblica ha combinato un altro pasticcio: se non si corre al più presto ai ripari, con un provvedimento ad hoc che estende i tre anni di validità delle graduatorie, l’errore potrà ancora una volta essere superato solo in tribunale”.
Per approfondimenti:
Concorso a cattedra senza capo né coda: boom di bocciati, commissioni improvvisate, errori clamorosi