La stampa nazionale si sofferma sul dato che il 55,2% dei candidati al ruolo non è stato ritenuto all’altezza. Tanto basta per parlare di selezione dagli “esiti agghiaccianti”, di “somari in cattedra” e “insegnanti scadenti”. Si dà per scontato che decine di migliaia di docenti già abilitati all’insegnamento siano regrediti al punto da non meritare nemmeno l’idoneità col minimo.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): siamo al qualunquismo. Tanti di quei docenti, oggi bocciati, hanno acquisito la loro abilitazione con le Ssis universitarie. Per accedervi, hanno superato dure selezioni, tenute da accademici anche sulla base del loro voto di laurea. Sono stati scelti da supervisori, docenti di lungo corso - almeno 10 anni di ruolo, certificazioni di competenze di primo livello ed esperienze pregresse – che sono stati a loro volta selezionati attraverso un vero e proprio concorso per formatori, vivendo sulla loro pelle un percorso di accesso che non ha precedenti. Gli abilitandi hanno dovuto frequentare corsi teorici, laboratoriali ed esperienze docimologiche, svolgere decine di esami universitari, sottoporsi ad un lungo tirocinio nelle scuole, sviluppato una tesi finale davanti ad una commissione analoga a quelle dei concorsi pubblici. Ora, però, si prende per oro colato il giudizio espresso nel 2016 da commissioni, spesso improvvisate, su risposte a discutibilissimi quesiti.
Finalmente, anche la stampa nazionale si accorge che al concorso a cattedra le commissioni stanno usando la mano pesante. “Tra i 71.448 candidati già esaminati agli «scritti» di 510 «procedure» - scrive il Corriere della Sera - solo 32.036 sono stati ammessi agli orali. Il 55,2%, infatti, non è stato ritenuto all’altezza. E “se andrà così anche nelle graduatorie in arrivo fuori tempo massimo (315 per un totale di 93.083 candidati, in larghissima parte per l’infanzia e la primaria) è probabile un buco di circa 23 mila posti vacanti. Uno su tre”.
Fin qui, nulla di nuovo. L’Anief aveva stimato cifre non molto differenti già nella prima decade di agosto. Quello che stona, che fa intravedere tante ombre all’orizzonte, è, piuttosto, la chiave di lettura che si dà a questa selezioni accentuate. Di fronte al dilemma “troppo selettive le prove o troppo impreparati i concorrenti?”, il primo quotidiano italiano sembra avere certezze: prendendo spunto da una ricerca della stampa specialistica, nella fattispecie realizzata da Tuttoscuola, il Corriere della Sera sottolinea come dal concorso emerga “una scarsa capacità di comunicazione scritta, in termini di pertinenza, chiarezza e sequenza logica e una carenza nell’elaborare un testo in modo organico e compiuto. Si ricava anche un campionario di risposte incomplete, errori e veri e propri strafalcioni, che sorprendono in maniera più acuta per il tipo di concorso in questione, ovvero una selezione tra chi si candida a insegnare alle nuove generazioni”.
Tanto basta per parlare di selezione dagli “esiti agghiaccianti”, di guardare, però, il bicchiere mezzo pieno derivante da così tanti insegnanti fermati ad un passo dal ruolo, perché è meglio “un somaro in cattedra o un somaro a spasso?”, visto che “non c’è un solo genitore disposto ad affidare il figlio a un insegnante scadente”. Si dà per scontato, quindi, che decine di migliaia di docenti già abilitati all’insegnamento siano regrediti al punto di non meritare nemmeno l’idoneità con il minimo della votazione.
“Riteniamo certe conclusioni qualunquiste e formulate da chi probabilmente non conosce come sono giunti 163mila candidati a questo concorso a cattedra”, ribatte Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal. “Perché tanti di quei docenti hanno acquisito la loro abilitazione con le Ssis universitarie. Per accedervi, hanno dovuto superare dure selezioni, tenute da professori accademici, anche sulla base del loro voto di laurea. A decidere il loro destino professionale, adatto o no per salire in cattedra, c’erano anche dei supervisori, dei docenti di lungo corso che dopo aver presentato un curriculum di tutto rispetto – almeno 10 anni di ruolo, certificazioni di competenze di primo livello ed esperienze pregresse – che sono stati a loro volta selezionati attraverso un vero e proprio concorso per formatori, vivendo sulla loro pelle un percorso di accesso che non ha precedenti nella scuola pubblica italiana”.
“Sempre sotto il controllo di tali supervisori dalle competenze e conoscenze accertate – continua Pacifico – i corsisti Ssis, oggi bocciati e tacciati come ‘somari’, hanno dovuto frequentare corsi teorici, laboratoriali ed esperienze docimologiche, svolgere decine di esami universitari. Si sono anche sottoposti ad un lungo tirocinio nelle scuole, affiancati da un docente esperto della loro classe di concorso, hanno sviluppato una tesi finale, tenendo una discussione davanti ad una commissione universitaria analoga ad un concorso pubblico”.
“Ora, come se nulla di tutto ciò fosse accaduto, si prende per oro colato il giudizio espresso nel 2016 da commissioni, spesso improvvisate, sulle risposte formulate in pochi minuti a discutibilissimi quesiti. Facendo passare gli abilitati Ssis per asini. Noi a questo gioco mediatico non ci stiamo e diciamo basta alla guerra tra commissioni. La corretta interpretazione di quanto sta accadendo è che il concorso a cattedra in corso di svolgimento è stata caratterizzato da continui problemi organizzativi ed errori clamorosi. Problemi, che hanno la matrice a Viale Trastevere, e che ora – conclude il sindacalista – vengono riversati su degli insegnanti che dopo essersi formati negli atenei e aver svolto per anni questo mestiere, vengono ricacciati indietro. E pure umiliati”.
Per approfondimenti:
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