L’organismo di tutela della parte pubblica ha avuto un confronto con i sindacati per l’avvio della sessione negoziale riservata ad un cambiamento delle sanzioni disciplinari da applicare al corpo insegnante. Ma non essendovi i presupposti per un accordo, per via delle ingerenze imposte dalle ultime riforme dalla PA, la normativa non cambia: così i nostri insegnanti continuano ad essere oggetto di possibile sanzione comminata, fino a 10 giorni, direttamente dal proprio “datore di lavoro”, ovvero il preside. Anief invita parte pubblica e parti sociali a non avere fretta su un argomento così delicato e a porre al centro della discussione la necessità di rivedere profondamente il tema dei procedimenti disciplinari e l’idea di dipendente statale che vi sta dietro. Vanno colpiti, certamente, con durezza i casi accertati di violazioni tanto gravi da sconfinare spesso nel penale quali la falsa attestazione della presenza in servizio, l’assenza ingiustificata, le dichiarazioni mendaci sul possesso di titoli e servizi utili all’assunzione o ad ottenere un vantaggio nelle procedure di mobilità. Per non parlare di reati particolarmente odiosi e del tutto inaccettabili quali le molestie sessuali nei confronti di studenti e studentesse. Allo stesso tempo, però, il giovane sindacato invita alla cautela sulla previsione, contenuta nel CCNL, di specifiche sanzioni per “condotte e comportamenti non coerenti” sui social nei confronti degli studenti.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): È arrivato il momento di superare il clima di sospetto inaugurato dal Decreto Brunetta e di rilanciare il patto tra dipendenti dello Stato, personale della scuola in primis, e datore di lavoro pubblico all’insegna della fiducia e del rispetto reciproco delle regole. Anche perché nella scuola i casi di gravi violazioni, quelle per intenderci che portano al licenziamento, sono talmente pochi da assumere addirittura un carattere di assoluta sporadicità. Siamo convinti che sia giunto il tempo di dire basta alla vecchia immagine del dipendente pubblico fannullone e assenteista.
Si è concluso con un nulla di fatto il primo incontro tra Aran e sindacati per l’avvio della sessione negoziale specifica, prevista dall’art. 29 del CCNL Istruzione e Ricerca 2016/2018, che entro la fine di luglio dovrebbe portare alla definizione “della tipologia delle infrazioni disciplinari e delle relative sanzioni, nonché l’individuazione di una procedura di conciliazione non obbligatoria” per il personale docente ed educativo.
Su questo punto le parti sono lontane e per questo si è arrivati ad un altro nulla di fatto e siccome la normativa non cambia, i nostri insegnanti continuano ad essere oggetto di possibile sanzione comminata, fino a 10 giorni, direttamente dal proprio “datore di lavoro”, ovvero il preside. Anief invita parte pubblica e parti sociali a non avere fretta su un argomento così delicato e a porre al centro della discussione la necessità di rivedere profondamente il tema dei procedimenti disciplinari e l’idea di dipendente statale che vi sta dietro.
Se facciamo un passo indietro, sui procedimenti disciplinari si sono registrati numerosi interventi negli ultimi anni, i quali hanno apportato significative modifiche alle disposizioni in materia previste dal Testo Unico sul pubblico impiego, in particolare dall’art. 55 del D.Lgs. 165/2001. Tra queste ricordiamo: il Decreto Brunetta (D.lgs. 150/2009) che ha introdotto l’obbligatorietà del procedimento disciplinare nonché modifiche importanti alle procedure e alla casistica delle infrazioni passibili di licenziamento. Modifiche che, nella scuola, sono state illustrate dalla circolare ministeriale 88/2010; Il D.lgs. 116/2016 e il D.lgs. 75/2017, entrambi a firma dell’ex ministra per la semplificazione e la pubblica amministrazione Marianna Madia, che hanno rispettivamente introdotto la sospensione cautelare e l’abbreviazione del procedimento a carico dei cosiddetti “furbetti del cartellino” e la revisione di tempi e modalità dell’iter disciplinare.
Quest’ultimo provvedimento, in particolare, per Anief è oggetto di numerose perplessità, soprattutto perché i dirigenti preposti all’avvio del procedimento sono stati, di fatto, sollevati dall’obbligo di rispettare quasi tutte le prescrizioni temporali e modali previste dal decreto stesso, per evitare che il mancato rispetto della procedura comporti per l’amministrazione la decadenza dall’azione disciplinare.
“Quello che è accaduto con il D.lgs 75/2017 – dichiara Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – è molto grave: nella preoccupazione di arrivare all’erogazione di una sanzione ad ogni costo, la norma ha sancito la rottura di un patto inviolabile, quello dell’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge”.
“Mentre i dipendenti pubblici – continua Pacifico – rimangono sanzionabili quando non rispettano tempi e modalità previste per lo svolgimento delle proprie mansioni, lo Stato-datore di lavoro ha deciso di porsi al di sopra della legge consentendo all’amministrazione di violare la maggior parte delle prescrizioni temporali e modali che disciplinano l’iter procedurale, senza pagare dazio: queste violazioni, infatti, non comportano più l’annullamento del procedimento e danno luogo a sanzioni per i dirigenti inadempienti solo per quelle più gravi. In questo modo viene leso il diritto alla difesa del lavoratore, al quale spetta di essere sottoposto a una procedura chiara, definita e delimitata da condizioni e confini netti e indiscutibili, la cui violazione non può non avere ripercussioni sul procedimento stesso. Insomma, esattamente come il lavoratore è soggetto a rispettare tempi e modi, lo stesso deve accadere per lo Stato, specie quando si tratta di valutare profili disciplinari”.
Anief, pertanto, ritiene che sia necessario colpire con durezza i casi accertati di violazioni tanto gravi da sconfinare spesso nel penale quali la falsa attestazione della presenza in servizio, l’assenza ingiustificata, le dichiarazioni mendaci sul possesso di titoli e servizi utili all’assunzione o ad ottenere un vantaggio nelle procedure di mobilità. Per non parlare di reati particolarmente odiosi e del tutto inaccettabili quali le molestie sessuali nei confronti di studenti e studentesse. Allo stesso tempo, però, il giovane sindacato invita alla cautela sulla previsione, contenuta nel CCNL, di specifiche sanzioni per “condotte e comportamenti non coerenti” sui social nei confronti degli studenti.
“Quello che ci preoccupa – specifica il presidente Anief – è che prima di prevedere sanzioni sarà necessario stabilire un metro e dei criteri definiti che possano identificare in modo chiaro e univoco le condotte improprie dei docenti sui social. Anche perché, al di là di una seria riflessione sull’utilizzo di questi strumenti nella relazione educativa che ad oggi in realtà manca, non è sicuramente quello l’unico canale attraverso cui possono verificarsi simili condotte. Un comportamento improprio è tale sui social, in una mail, durante una conversazione”.
“Non si capisce, quindi, il motivo di questa attenzione particolare ai social se non quella di una risposta alla ‘pancia’ dell’opinione pubblica in relazione ad alcuni fatti di cronaca che – è bene ribadirlo – vanno accertati e, ove verificati, stroncati senza alcuna esitazione con tutti gli strumenti disciplinari e penali esistenti. Senza però creare un clima da caccia alle streghe, che possa far pensare alla scuola come a un posto pericoloso per i nostri studenti e non – come invece è – un luogo in cui di loro ci si prende cura, garantendo sicurezza e protezione”, conclude il sindacalista.
Alla base della riflessione del giovane sindacato appena giunto alla rappresentatività, quindi, si colloca l’esigenza di rivedere, prima ancora che le sanzioni, l’immagine che la nostra società ha dei dipendenti pubblici. Non è un caso, infatti, che dall’emanazione del D.lgs 150/2009, il cosiddetto Decreto Brunetta, in poi si sia registrato un progressivo aumento della pressione mediatica sui lavoratori statali, spesso assurti a esempi di inefficienza, furberie e assenteismo. Un quadro, però, lontanissimo dalla realtà, connotata invece da una maggioranza assoluta di dipendenti che fanno al meglio il proprio lavoro e che fortunatamente relega a casi marginali le disfunzioni di cui in questi anni le cronache ci hanno raccontato.
Anief, quindi, auspica che la sessione negoziale sulle questioni disciplinari si svolga senza fretta e decida di ruotare intorno a questo tema. Tanto più che sarebbe auspicabile attendere la certificazione dell’Aran sulla nuova rappresentatività. In particolare, sono necessari il rispetto integrale della tempistica e delle modalità, anche attraverso la reintroduzione della decadenza dall’azione disciplinare in caso di violazioni e omissioni colpose da parte dell’amministrazione; l’adozione di strumenti che limitino il ricorso a rimedi giurisdizionali avverso le sanzioni ingiustamente comminate e potenzino quelli stragiudiziali come la conciliazione; l’introduzione di meccanismi di riabilitazione automatica del personale scolastico che ha subito una sanzione dopo un congruo periodo, in modo da superare l’attuale normativa che, invece, prevede che la riabilitazione debba essere richiesta dall’interessato dopo due anni senza recidiva al comitato di valutazione della scuola di servizio.
“Nel mondo della scuola – conclude Marcello Pacifico – i casi di gravi violazioni, quelle per intenderci che portano al licenziamento, sono talmente pochi da assumere addirittura un carattere di assoluta sporadicità. Siamo convinti che sia finalmente giunto il tempo di dire basta alla vecchia immagine del dipendente pubblico fannullone e assenteista. È tempo di rilanciare il patto tra dipendenti dello Stato, personale della scuola in primis, e datore di lavoro pubblico all’insegna della fiducia e del rispetto reciproco delle regole. E il primo passo è far sì che la pubblica opinione possa conoscere nella giusta luce il lavoro dei dipendenti pubblici, a partire da quello di docenti e personale Ata, che ogni giorno – nonostante difficoltà di tutti i tipi e stipendi tra i più bassi in Europa – garantiscono eroicamente il diritto all’istruzione dei nostri figli e il futuro del nostro Paese”.
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