Avrà effetti solo per una parte delle Regioni italiane l’accoglimento dell'appello del Comune di Torino e del Miur contro la sentenza che consentiva alle famiglie di rifiutare la mensa per i figli e fruire del pasto portato da casa. Marcello Pacifico (Anief): La sentenza degli ermellini è esemplare, ora però lo Stato o gli Enti Locali finanzino e assicurino il servizio del pasto a scuola che nel Meridione è quasi inesistente, come dimostrano i pochi istituti con tempo pieno e prolungato il cui prerequisito è proprio il finanziamento del tempo mensa. E non si venga a dire che al Sud le famiglie non vogliono il tempo pieno, perché se il servizio venisse proposto con tutti i crismi non avrebbero dubbi a mandare i figli a scuola fino alle ore 16.
La Corte di Cassazione ha detto dunque sì al ricorso del ministero dell’Istruzione e del Comune di Torino contro i genitori che chiedevano la libertà, per i propri figli, di portarsi il pasto da casa: non esiste un «diritto soggettivo» a mangiare il panino portato da casa «nell’orario della mensa e nei locali scolastici» e la gestione del servizio di refezione è rimesso «all’autonomia organizzativa» delle scuole hanno infatti stabilito le Sezioni Unite della Cassazione, accogliendo quindi il ricorso e ribaltando una pronuncia favorevole ai genitori degli alunni che preferivano alla mensa il pasto portato da casa. Portare il «panino da casa», scrivono i giudici, comporta una «possibile violazione dei principi di uguaglianza e di non discriminazione in base alle condizioni economiche, oltre che al diritto alla salute, tenuto conto dei rischi igienico-sanitari di una refezione individuale e non controllata».
IL CASO DELLA SICILIA
Si chiude quindi una questione che andava avanti da anni. Ma il problema non si pone nelle scuole del Sud, dove nella stragrande maggior parte di casi la mensa non è mai stata attivata. Il caso della Sicilia, poi, è emblematico: ben 85 alunni della primaria su 100 escono oggi da scuola all’ora di pranzo. E non c’è alcuna intenzione di voltare pagina, perché solo qualche settimana fa sempre la Sicilia ha restituito al Miur ben 96 cattedre di tempo pieno su 246 per inadeguatezza: quasi il 40 per cento dei posti da insegnante, assegnati dal Governo con la Legge di Bilancio 2019 proprio per attivare le lezioni pomeridiane successive alla mensa, sono state rimandate indietro. Il problema, ha commentato La Repubblica, è che “in Sicilia, mancano gli spazi e le mense che permettono al tempo pieno di decollare”. E pensare che tante polemiche aveva destato la decisione del Governo gialloverde di finanziare solo 2 mila posti di tempo pieno per il Sud, con la prospettiva di concludere il percorso solo tra alcune decenni: il problema è quindi strutturale, perché se non ci sono spazi, mense e luoghi adatti dove operare è inutile parlare di tempo pieno.
NIENTE TEMPO PIENO? APPRENDIMENTO RIDOTTO E DISPERSIONE
Anief non può che ribadire come, stando così le cose, il gap sul tempo pieno tra le regioni del Centro-Nord e quelle del Sud non potrà che acuirsi. Con i diritti degli alunni e delle famiglie del Meridione, come quello di usufruire della mensa, che continueranno ad essere negati. Con conseguenze disastrose prima di tutto sugli apprendimenti, come hanno confermato i recenti risultati Invalsi, dai quali risulta che il 50 per cento degli studenti delle regioni Campania, Calabria e Sicilia arriva alla maturità con l’insufficienza sia in italiano che in matematica.
Ma nel conto da pagare per il mancato tempo pieno c’è anche l’altissimo tasso di dispersione delle regioni del Sud: è significativo che in tutta la Sicilia, ma vale anche per la Sardegna, oltre il 35% dei giovani non arrivi al diploma di maturità. È una percentuale molto ma molto più alta di quella resa pubblica proprio oggi con la relazione su ‘La lotta alla dispersione scolastica: risorse e azioni intraprese per contrastare il fenomeno’ approvata dalla Corte dei conti, nella quale si asserisce che “in Italia il tasso di dispersione scolastica è pari al 14,5%. In termini numerici, nella scuola secondaria di II grado, gli abbandoni complessivi nell’anno 2016 e nel passaggio fra l’anno 2016/2017 sono stati 112.240”.
GALLO (M5S): RIDURRE IL GAP
È bene sapere che la maggior parte di quegli alunni che ha abbandonato i banchi prima di avere compiuto i 16 anni (perché non si introduce l’obbligo formativo a 18 anni?) è proprio del Sud. Il dato è noto anche a molti parlamentari. Pure dell’attuale maggioranza, in particolare del Movimento 5 Stelle, ad iniziare dal presidente della Commissione Cultura alla Camera, Luigi Gallo, che ha più volte assicurato che “il contratto di Governo prevede il recupero dei gap che esistono fra una regione e l’altra”. È bene, quindi, che si proceda in fretta in questa direzione.
PACIFICO (ANIEF): SERVONO STRUTTURE ADEGUATE
“Confidiamo nella possibilità che il progetto si realizzi. Partendo proprio dalla collocazione delle mense negli istituti comprensivi – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief -. Già in passato siamo intervenuti in assemblea regionale siciliana per discutere sul problema: è sempre emerso che servirebbe una programmazione ordinaria delle risorse, proprio al fine di evitare che si venga a formare un’Istruzione di serie A, al Centro-Nord, e di serie B, al Sud”.
“Sbaglia chi sostiene che è un problema culturale, perché se anche dalla Campania in giù si fornisse un servizio mensa efficiente, che possa contare su strutture e cucine a norma e finanziamenti adeguati e assegnati con stabilità agli enti locali per allestirle e mantenerle, le famiglie sarebbero ben contente di optare per il tempo pieno dei figli. Certamente, avviare un processo di regionalizzazione non farebbe che acuire il problema e per questo motivo Anief da tempo ha detto no a questo folle disegno di legge leghista applicato anche alla scuola”, conclude il sindacalista siciliano.
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