Nel a.s. 2018/19 oltre 10 mila cattedre vacanti furono conferite, come supplenza annuale, ad aspiranti senza alcuna esperienza pregressa: i dirigenti scolastici, d’altro canto, non possono fare diversamente, quando tutte le graduatorie risultano esaurite, e procedere con quella che qualcuno ha ribattezzato come un ritorno alla “chiamata diretta”, perché si tratta di procedure attuate senza regole definite e legate alle singole necessità delle scuole. Ma perché nel Paese con più precari al mondo e con tanti supplenti abilitati all’insegnamento e già selezionati, si ricorre agli aspiranti neofiti?
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief: “Pur di lasciare chiuse a doppia mandata le GaE e di non dare possibilità di spostare, a domanda, i vincitori dei concorsi 2016 e 2018 nelle regioni con i vuoti da coprire, e di non attuare una graduatoria nazionale da cui attingere all’occorrenza, si butta il bambino con l’acqua sporca. Si è arrivati a creare una situazione di posti vacanti, privi di titolare, che non ha precedenti nella scuola italiana. Con l’aggravante che la maggioranza di queste cattedre libere verranno assegnate a supplenti alle prime armi. L’assurdo, quindi, è che il Miur scarica sui presidi i risultati deficitari frutto della sua mala-gestione: è una situazione grave, che si ripercuoterà negativamente sull’offerta formativa”.
A pochi giorni dall’inizio dell’anno scolastico entra nel vivo la caccia al supplente. Sarà una vera impresa, perché si tratterà di sistemare almeno la metà delle 53.627 nomine a tempo indeterminato andate deserte, i circa 20 mila posti liberatisi a seguito dell’anticipo pensionistico Quota 100, i 50 mila e oltre posti in deroga su sostegno, decine di migliaia di cattedre nascoste in organico di fatti e altri quasi 20 mila posti liberi su disciplina comune nemmeno richiesti per le immissioni in ruoli. L’esercito di posti vacanti e disponibili da coprire, visto che si potrebbe a sfiorare quota 200 mila, per come è male organizzato il sistema di copertura previsto dal Miur, porterà al paradosso di lasciare a casa tanti docenti precari abilitati all’insegnamento; mentre affiderà decine di migliaia di cattedre ad aspiranti neo-laureati o senza esperienza alcuna.
La soluzione estrema diventa la regola
Stiamo parlando di candidati che hanno presentato ai dirigenti scolastici una semplice “messa a disposizione”, la cosiddetta MAD una necessità che scatta nel momento in cui, dopo avere fatto ricorso alle GaE e alle graduatorie di merito, sono risultate esaurite anche le graduatorie di istituto. “Le domande di messa a disposizione – spiega Orizzonte Scuola - sono una disponibilità, che l’aspirante dichiara alle scuole per eventuali supplenze. La domanda di messa a disposizione può essere inviata a tutte le scuole e province italiane, senza alcuna limitazione, se non quelle di seguito riportate”.
Il problema è che quella che doveva essere una soluzione limite, una possibilità da adottare solo in casi di estrema necessità, rischia nell’imminente inizio di anno scolastico di espandersi a macchia d’olio. “Le possibilità, nel corrente anno scolastico – conferma la rivista specializzata nella scuola - , dovrebbero essere notevoli, considerato che le supplenze si aggireranno intorno alle 170mila e già lo scorso anno 10.000 docenti hanno ottenuto l’incarico di supplenza propria tramite MAD”.
Il commento del presidente Anief
“Dal ministero dell’Istruzione è stato realizzato – continua Pacifico – un modello di reclutamento che non risponde alle esigenze reali, perché la domanda, fatta da centinaia di migliaia di supplenti, e l’offerta, i quasi 200 mila posti liberi, nella stragrande maggioranza dei casi non si incontrano. Tutto questo, per non permettere nuovi inserimenti nelle GaE, e per non superare la soglia delle 15-20 scuole, per quanto riguarda la seconda e terza fascia delle graduatorie d’istituto. Così, per correre ai ripari si utilizza personale con il solo titolo di accesso”.
“I nostri governatori della scuola – continua Pacifico - sono stati capaci, dunque, di realizzare un’operazione di marketing al contrario, con effetti negativi diretti sulla didattica. Per uscire da quest’impasse, potrebbe allora essere la Commissione Europea, che ha già inviato una perentoria lettera di costituzione in mora, a costringere lo Stato italiano a procedere all’immissione automatica nei ruoli dello Stato di tutti i precari 36 mesi di supplenze, abilitando quelli di terza fascia con un Pas. Così, quello che Anief sostiene da tempo e sta cercando di fare introdurre attraverso tutte le sedi possibili, tribunali compresi, diventerebbe un obbligo imposto da Bruxelles. A meno che il nostro Stato, preso da una logica autolesionista più che mai, non decida – conclude il sindacalista autonomo – di pagare una multa salatissima perenne per abuso di ingiustificato e reiterato di precariato storico”.
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