‘Quota 100’ è giunta al capolinea: lo ha fatto chiaramente capire il premier Giuseppe Conte, dicendo di fatto basta ad una delle operazioni più costose condotte dal suo governo M5S-Lega assieme all’introduzione del reddito di cittadinanza. La fase sperimentale di durata triennale finirà il prossimo anno e un suo rinnovo “non è all’ordine del giorno”, ha dichiarato il presidente del Consiglio. Il capo del Governo ha anche tenuto a precisare che la misura che consentiva di accedere alla quiescenza a sessantadue anni di età con 38 anni di contribuzione, rinunciando alla parte di contributi che sarebbero maturati restando al lavoro, non ha avuto una grande adesione.
Secondo il sindacato Anief la risposta non entusiasmante a Quota 100 non deve ingannare: il motivo è infatti riconducibile alla riduzione dei compensi che l’adesione all’anticipo pensionistico comporterebbe. Inoltre, diventerà sempre più evidente che la scuola non potrà essere considerata alla pari degli altri lavori: il logorio psicologico dell’insegnamento, provato scientificamente, e del personale, per via delle continue relazioni con gli utenti scolastici, comporta infatti un maggiore rischio biologico: una condizione che deve necessariamente indurre l’amministrazione ad approvare un sistema specifico per chi opera nelle scuole, a tutela di salute e sicurezza.
Marcello Pacifico (Anief): “Negli incontri con la ministra Nunzia Catalfo, attraverso le delegazioni Confedir e Cisal, abbiamo espressamente chiesto al Governo di collocare con celerità l’opera professionale svolta in ogni ordine e grado scolastico tra quella dei lavoratori gravosi, andando così oltre alle scuole dell'infanzia che oggi già beneficiano dell’anticipo. Bisognerà anche consentire ai lavoratori fragili di svolgere quel lavoro agile o il congedo con la retribuzione ordinaria (non ridotta in malattia) che permetta loro anche di affrancarsi dalla scuola. Ecco perchè sarebbe importante, oltre che corretto, introdurre una finestra, specifica per il comparto Scuola, che permetta di lasciare il lavoro a 61 anni, alla luce proprio del il rischio biologico mai voluto accertare. Un’operazione, ovviamente, che si tradurrebbe senza alcuna penalizzazione economica. Vale la pena ricordare che solo l’Italia, con quasi la metà ormai dei docenti over 55, può vantare un corpo di insegnanti così avanti negli anni. Sempre senza dimenticare che stiamo parlando di lavoratori che l’Inps fino a poco fa considerava come ‘fragili’”.
Il 2021 sarà l’ultimo anno utile per accedere a Quota 100 e quindi prima all’agognata pensione. Il provvedimento che “veniva a supplire a un disagio sociale” – ha spiegato il premier Conte – potrebbe essere sostituito con altri meccanismi per accorciare l’accesso alla pensione di vecchiaia che scatta a 67 anni”. Però, nel frattempo - scrive Orizzonte Scuola - il personale della scuola che contava di andare in pensione in anticipo con la formula salviniana di quota 100 dovrà mettersi l’anima in pace e resistere ancora alcuni anni sul posto di lavoro”.
ASSEGNI PIÙ LEGGERI
“Fra le ipotesi legate ai nuovi meccanismi pensionistici per rinnovare il mercato del lavoro resta la condizione che un minor numero di anni lavorati corrisponde a una minor contribuzione e di conseguenza ad assegni più leggeri che saranno percepiti. L’età anagrafica per smettere di lavorare prima potrebbe essere alzata di uno o due anni, cioè 63 o 64 anni di età sempre che siano stati completati i 38 o 39 anni di contribuzione”.
TRATTATIVA LUNGA?
Si tratta solo dell’inizio di una trattativa che si preannuncia già molto lunga e discussa. La ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, ha annunciato che ci sono allo studio misure per garantire la staffetta generazionale o di contratto di solidarietà espansiva. Opzione donna e Ape dovrebbero invece essere prorogate. L’adesione ad entrambi gli anticipi pensionistici, tuttavia, continuerebbe a comportare notevoli tagli, peraltro permanenti, all’assegno pensionistico.
IL COMMENTO DEL PRESIDENTE
Secondo il presidente Anief, Marcello Pacifico, “il fatto che tanti insegnanti aderiranno all’ultimo anno di Quota 100, oppure, in alternativa, ad Opzione donna e all’Ape integrale, la dice lunga sul malessere, prevalentemente psicologico, che il personale scolastico attorno ai 60 anni deve sopportare per rimanere in servizio: malgrado i tagli non certo trascurabili sul loro assegno di quiescenza, dopo anche 30-40 anni di lavoro, questi docenti, Ata e dirigenti scolastici potrebbero infatti preferire la via della pensione a quella del lavoro. Una ipotesi che diventa sempre più verosimile se solo si pensa che anche la stampa economica ha detto che l’anno prossimi saranno almeno 50 mila i docenti e Ata che lasceranno la scuola”.
PER APPROFONDIMENTI:
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