Si parla poco dello smart working rivolto al personale Ata e alle ‘attività indifferibili’ del comparto scuola. Il MI, con la nota 1990 del 5 novembre 2020, ha diramato indicazioni applicative alle scuole del DPCM del 3 novembre 2020 che, a seguito dell’aumento della diffusione dell’epidemia da Covid-19, ha disposto nuove e più severe misure di sicurezza a tutela della salute dei cittadini, valide dal 6 novembre fino al 3 dicembre e per l’intero territorio nazionale. Per le Regioni cosiddette “rosse” ad alto livello rischio contagio le misure di contenimento sono più restrittive
In questi giorni il mondo sindacale è diviso su quali diritti e doveri siano applicabili ai docenti per quanto riguarda la Dad mentre si discute poco dello smart working rivolto al personale Ata e alle ‘attività indifferibili’ del comparto scuola.
Il MI, con la nota 1990 del 5 novembre 2020, ha diramato indicazioni applicative alle scuole del DPCM del 3 novembre 2020 che, a seguito dell’aumento della diffusione dell’epidemia da Covid-19, ha disposto nuove e più severe misure di sicurezza a tutela della salute dei cittadini, valide dal 6 novembre fino al 3 dicembre e per l’intero territorio nazionale. Per le Regioni cosiddette “rosse” ad alto livello rischio contagio le misure di contenimento sono più restrittive. Si specifica che nella nota non viene data la possibilità di usufruire dello smart working a quei lavoratori che hanno figli con handicap, indipendentemente se prestano servizio nella scuola secondaria di secondo grado oppure negli istituti comprensivi.
A tutt’oggi non sono state fornite disposizioni sulle modalità organizzative in modo chiaro ed inequivocabile per un’equilibrata alternanza dell’attività in modalità agile e in presenza, né sono state fornite indicazioni riguardo alla possibilità di richiedere smart working anche il personale Ata in servizio presso gli istituti comprensivi .
Non emerge sia dal DPCM del 3 novembre 2020 che dalla Nota del MI 1990 del 5 novembre 2020 la quantificazione dei contingenti minimi rivolti ai collaboratori scolastici in base alla complessità gestionale della scuola, al numero dei dipendenti e agli alunni. Inoltre non sono state esplicitate le mansioni delle “attività indifferibili”.
Questo modus operandi da parte del MI fa sì che le disposizioni si prestano a molteplici interpretazioni da parte dei dirigenti scolastici, i quali non avendo una norma precisa e puntuale ed avendo discrezionalità nelle loro decisioni sono autorizzati ad agire come meglio credono.
La conseguenza è che le istituzioni scolastiche della penisola Italiana non vengono gestite in modo omogeneo ma purtroppo a macchia di leopardo, in quanto mancano alla base criteri univoci per tutto il sistema nazionale del comparto scuola.
Il presidente Nazionale Anief, prof. Marcello Pacifico, sostiene che “vista la situazione epidemiologica che stiamo vivendo come Paese Italia sarebbe auspicabile una chiusura totale fino a gennaio delle scuole italiane con disposizioni da parte del Ministero esplicite in merito allo svolgimento del lavoro del personale Ata sia in smart working che per le “attività indifferibili” e infine per eventuali contingenti minimi che devono permanere nelle istituzioni scolastiche statali.
Una volta stabiliti i contingenti minimi, la prestazione lavorativa di chi rimane a casa è giustificata ai sensi dell’art. 1256, c.2, c.c., di conseguenza esentano il personale dal servizio e non si deve chiedere di motivare le assenze con ferie, recuperi, legge 104 o quant’altro. Se questo aspetto giuridico non viene chiarito in modo esplicito molti dirigenti scolastici continuano a chiedere giustificazioni di ogni genere.
Infine il presidente nazionale Pacifico sottolinea “l’importanza di garantire la tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, cosi come recita l’art. 32 della Costituzione della Repubblica Italiana”.
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