Alla fine anche in Romania i docenti avranno il loro importante aumento di stipendio: dopo una settimana di sciopero generale, il Governo romeno ha promesso una prima consistente rata di aumenti dal 2024, vicino al 40%, rispetto al misero 1,5% aggiuntivo dell'anno scorso e alle richieste sindacali del 60%. Si tratta di un passo in avanti vero, perché la Romania è un Paese dove il salario è la metà di quello delle forze dell'ordine e il più basso tra i dipendenti pubblici, come ho denunciato io stesso sindacato Uslip Iasi il mese scorso durante il convegno organizzato dal Cesi.
Tutto questo accade mentre in Italia gli stipendi della scuola e dei dipendenti pubblici sono fermi da 17 mesi, nonostante l'inflazione sia salita di 12 punti e con il governo che ha applicato da gennaio scorso un’indennità di vacanza contrattuale pari solo all’1,5%, a dispetto di una precisa norma di legge che prevederebbe il 6% e senza alcuna risorsa stanziata nell'ultima Legge di Bilancio. Rispetto al 2008, anno del decennale blocco contrattuale, gli stipendi dei docenti e Ata rimangono quindi ben 8 punti sotto l'inflazione: ciò vuole dire che servono aumenti in busta paga almeno del 20% per coprire il solo costo della vita prima di adeguare i salari alla media europea. Come se non bastasse, un recente studio Eurydice ci ha detto che in Italia gli aumenti risultano modesti anche durante tutta la carriera: dopo 35 anni di servizio, meglio di noi fa la stessa Romania, ma anche la Polonia e la Slovenia.
Eppure, forse anche per colpa anche di una legge sugli scioperi che penalizza i lavoratori aderenti, il tasso di partecipazione e di protesta è sempre più basso, sebbene in questi ultimi anni l’Anief abbia più volte avviato manifestazioni e mobilitazioni di vario genere. Provo ammirazione e porto la solidarietà al leader Laviniu Adrian Lăcustă per la tenacia con cui sta portando avanti le trattative in Romania – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – . Per quanto riguarda l’Italia, il nostro sindacato continuerà di certo a denunciare all’opinione pubblica l'umiliante condizione salariale di opera nella scuola: quella che è in atto ormai da anni è un’evidente proletarizzazione della classe docente italiana”.
“Contro questo progressivo impoverimento continueremo ad intervenire nel dibattito parlamentare e a ricorrere, quando vi sono le condizioni e alte possibilità di vittoria, nelle aule dei Tribunali. Sempre in attesa che il prossimo sciopero ci veda tutti in piazza e tutti uniti fino al raggiungimento delle nostre proposte. Intanto – conclude Pacifico – sarebbe molto utile inviare una diffida alle autorità competenti per interrompere la prescrizione sul recupero di almeno cento euro lorde sullo stipendio da un anno per il mancato adeguamento dell'indennità di vacanza contrattuale”.
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