“La categoria degli insegnanti continua ad essere lodata da tutti, politici compresi, ma di fatto abbandonata al suo destino – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief - : precariato protratto per anni se non decenni, stipendi più bassi degli operai specializzati e privi delle indennità assegnate normalmente in altri comparti di lavoro, ricostruzioni di carriera penalizzate dalla minore considerazione del pre-ruolo, evoluzione professionale vicina allo zero, scatti automatici limitati e troppo lontani uno dall’altro, ambienti lavorativi spesso fatiscenti, sono solo alcune delle motivazioni che fanno dell’insegnamento una professione difficile. Se a questo aggiungiamo l’alta percentuale di burnout, la mancanza di collocazione tra i lavori usuranti e le mancate deroghe per il pre-pensionamento, ci rendiamo conto che lo Stato non fa proprio nulla per evitare che un insegnante che vive con delle difficoltà personali possa trovare giovamento dal proprio lavoro”, conclude il presidente Anief.
LO STUDIO
Tra il 2014-2023 si sono realizzati 100 suicidi tra gli insegnanti, con una media esatta di 10 suicidi all’anno (uno al mese se escludiamo luglio e agosto), con prevalenza di casi di 51enni del Sud e della scuola secondari: un picco anomalo (circa un quarto del totale degli eventi) è stato registrato nel 2017 senza alcuna spiegazione apparente, mentre negli altri anni si sono avuti dai 5 agli 11 suicidi per anno. Lo riporta una ricerca pubblicata oggi su Lab Parlamento e realizzata dal medico Vittorio Lodolo D’Oria, esperto di burnout nella scuola. Tra le motivazioni che porterebbero al suicidio, sostiene l’esperto, va sicuramente considerata la nota “usura psicofisica tra gli insegnanti, da attribuirsi alla peculiarità della professione (particolare ed esclusiva tipologia di rapporto con l’utenza)”. Una tendenza confermata, sostiene l’autore della ricerca, anche dal rischio suicidario degli insegnanti studiati in Francia (2005) e Regno Unito (2009 e 2012): sono i due soli Paesi che hanno valutato il fenomeno “rilevando i livelli più alti rispetto a tutte le altre categorie professionali e alla popolazione generale”.
A questo, si aggiunge che “il DL 81/2008 che, all’art. 28, che prevede la tutela della salute per le helping profession (prima fra tutte quella dei docenti) con il monitoraggio e la prevenzione dello Stress Lavoro Correlato non è stato mai finanziato e resta inapplicato fino a oggi”. Inoltre, si è evidenziato che “dal 2005 a oggi, il tema è stato oggetto di numerose interrogazioni parlamentari di maggioranza e opposizione (Pepe 2005, Sbrollini 2009, Valditara 2011, Vacciano 2016) che però non hanno sortito alcun effetto”: una di queste interrogazioni, al Senato, del 13 gennaio 2011, era stata promossa dall’attuale ministro dell’Istruzione e del Merito. A 12 anni di distanza, ricorda Lodolo D’Oria, non sono arrivate risposte ai motivi per cui “i Collegi Medici di Verifica del MEF (Ufficio III)” da decenni custodiscono “gelosamente i dati” sulle malattie professionali tra i docenti “senza elaborarli e rifiutandosi di darli a Università e Sindacati. Oggi la competenza è passata all’Inps, ma il ministro Valditara – conclude il medico - dovrebbe richiedere tutti i dati dei vent’anni al MEF per poter trarre utili elementi circa la salute professionale della categoria”
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