Solo nella scuola, ad usufruire subito di Quota 100 sarebbero circa 150 mila insegnanti. A patto, però, che non si inserisca il “paletto” dei 64 anni di età anagrafica che vanificherebbe lo spirito della riforma pensionistica, per una volta a vantaggio dei pensionandi e dei loro diritti. Più complicato, invece, appare il destino di Quota 41, ovvero la somma di tutti i contributi che ogni lavoratore si può far valere nel corso della sua carriera. Inoltre, si applicherebbero delle penalizzazioni, in quanto la norma modificherebbe solo la valorizzazione dei versamenti effettuati dopo il 1996 e fino al 2012 per chi ha più di 18 anni di contratto prima della riforma Dini: le penalizzazioni potrebbero arrivare anche al 9-10% dell’assegno pensionistico del lavoratore di 64 anni e 20 di contributi.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): In questo modo, se la norma fosse approvata fin dai prossimi giorni, raddoppierebbero almeno i posti previsti per il cambio del turn-over. Il nostro giovane sindacato, divenuto da poco rappresentativo, è dal giorno dell’approvazione della riforma Fornero che ha auspicato una soluzione di questo genere, contestandola nelle aule delle Corti dei Conti di tutta Italia. Ultimamente, abbiamo presentato uno studio dove in Europa l’età media dei pensionamenti dei docenti risulta a tutt’oggi attorno ai 63 anni di età anagrafica; mentre in Italia si è già approvata quota 67, sancita dalla Circolare Inps n. 62 del 4 aprile, e il lavoro di chi opera a scuola, in particolare tra gli insegnanti, continua a non essere associato allo stress correlato al burnout. Senza dimenticare che stiamo già parlando della classe docente più vecchia al mondo, visto che oltre il 60% dei docenti italiani è over 50 e l’età media di immissione in ruolo è sopra i 40 anni.