Il Ministro Marco Busseti parla di accorpamenti e riduzione del numero dei dirigenti scolastici. Udir si oppone fermamente: negli ultimi quindici anni sono state ridotte le presidenze di un terzo. Già così dirigere una scuola autonoma, in media con cinque-sei plessi quasi sempre sopra i 150 dipendenti e un migliaio di alunni, è estremamente difficile. Piuttosto che ridurre le sedi bisogna sbloccare le assunzioni con nuovi corsi riservati, per esempio, da estendere anche ai ricorrenti 2011 per evitare il licenziamento dei neo-assunti.
Marcello Pacifico (presidente nazionale Udir): Di certo noi non saremo della partita e lotteremo con tutte le nostre forze, affinché la scuola diventi comunità educante, distribuita sul territorio, avvantaggiata dai giusti investimenti e dalla corretta organizzazione. Ci muoveremo sulla base di quello che serve al paese per avere generazioni correttamente istruite. Su questa via da percorrere il Ministro ci troverà sempre al proprio fianco: in caso contrario, continueremo a difendere fino alla fine il diritto dei nostri giovani di avere la scuola che serve e non quella che le briciole dei vari governi permettono di fare.
I recenti sviluppi dei decreti Dignità e Milleproroghe hanno convinto il sindacato Anief a proclamare il sesto sciopero del 2018: si svolgerà per l’intera giornata di martedì 11 settembre e riguarderà tutto il personale docente, Ata ed educativo, a tempo indeterminato e determinato, delle istituzioni scolastiche ed educative statali e comunali (comprese materne e nidi). La data non è casuale, perché quel giorno coinciderà con la ripresa delle attività della Camera dei deputati, chiamata a confermare anche l’emendamento Liberi e Uguali salva-precari approvato venerdì scorso dal Senato. Si chiede poi di cancellare gli scempi della Buona Scuola, la Legge 107/15 che l’attuale governo ha solo scalfito, andando a cancellare la chiamata diretta, ma lasciando in vita il bonus merito che divide i docenti e dimentica gli altri lavoratori, l’alternanza scuola-lavoro che sfrutta gli studenti delle superiori, un obbligo formativo che fa acqua da tutte le parti, per non parlare dei goffi tentativi di riforma del sostegno e della scuola fino a 6 anni, oltre alle tante altre norme dannose.
La piattaforma delle motivazioni che hanno portato allo sciopero si basa su una serie di inadempienze, mancanze e diritti lesi dei lavoratori che continuano ad essere perpetrati: si va dagli stipendi più bassi dell’area Ocse, solo intaccati dai recenti mini-aumenti dopo dieci anni di blocco che con meno di 30mila euro annui lordi medi sono inferiori solo a quelli della Grecia, tanto da trovarsi 10mila euro sotto la media Ue, alla trasformazione delle graduatorie permanenti in esaurimento, con la legge n. 296/2006, da cui sono derivati mille problemi per la stabilizzazione di centinaia di migliaia di precari. Per i docenti, Ata ed educatori non ancora di ruolo, Anief chiede la necessità di assumere a tempo indeterminato, nel rispetto della normativa europea, con particolare riferimento alla Direttiva del Consiglio UE del 28 giugno 1999/70/CE e alla sentenza Mascolo della Corte di Giustizia europea del 26 novembre 2014: ciò dovrebbe valere per tutti i precari della scuola che hanno prestato servizio con contratti a tempo determinato per almeno 36 mesi su posti vacanti e disponibili. Infine, si chiede di cancellare il ricorso allo strumento dell’invarianza finanziaria che blocca lo stipendio dei neoassunti al livello minimo per i primi otto anni di carriera.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal):Docenti e Ata sanno bene che il momento è cruciale per le sorti della scuola e a metà settembre, infatti, si decideranno le sorti di 160 mila maestri del primo ciclo e di tutti gli abilitati che attendono di essere assunti dopo avere assolto alle richieste che lo Stato ha fatto loro: le GaE, da riaprire, sono un passaggio decisivo verso la loro stabilizzazione progressiva e uno stato di equilibrio di tutto il sistema scolastico. Ecco perché è bene che, prima del voto, i deputati vengano sensibilizzati dalla piazza, comprendendo sino in fondo cosa implica quel voto sull’emendamento LeU. Per poi decidere, certamente, in piana coscienza e convinzione. Come, speriamo, abbiano fatto venerdì scorso al Senato. Noi, come sindacato, rimaniamo convinti che non vi possano essere dei ripensamenti su una questione, la riapertura delle GaE, come nel 2008 e nel 2012, che ha visto anche l’opposizione vigile e attiva. Poi, in parallelo, ci sono da affrontare i problemi del rinnovo del contratto, a partire dal nodo-stipendi sino alle tante questioni normative irrisolte, il reclutamento automatico di tutti gli abilitati con oltre 36 mesi, la Buona Scuola da smontare, gli scatti automatici per i precari, il calcolo intero del servizio pre-ruolo, il ripristino del primo gradone. Questi, ma la lista è più lunga, sono i problemi veri da affrontare. Quello che è accaduto al Governo Renzi, che ha tirato dritto infischiandosene delle istanze della scuola, dovrebbe essere un monito importante.
Tutti coloro che intendono dare il loro sostegno alla giornata di mobilitazione dell’11 settembre possono inviare una e-mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. e comunicare la propria partecipazione all’importante evento.
Con il via libera di poco fa dell’Aula di Palazzo Madama, tra urla e cori da stadio, per la scuola si è riusciti nell’impresa di peggiorare l’esito sorprendente e infausto della sentenza del Consiglio di Stato che il 20 dicembre scorso, in adunanza plenaria, sconfessando ben otto espressioni opposte, ha sancito che i maestri con diploma magistrale non potevano più stare nelle GaE: anziché ripristinare le “finestre” del 2008 e del 2012, con questo decreto il Parlamento ha deciso, di fatto, di licenziare di decine di migliaia di maestri, sbarrare la porta a più di altri 100 mila e aprire ad un concorso straordinario per appena 12 mila posti che darà il la all’ennesima corsa all’impugnazione in tribunale per via dell’esclusione di svariate tipologie di docenti abilitati, con servizio svolto, ma incomprensibilmente esclusi.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Quella che poteva essere la vera soluzione al problema della supplentite in Italia, è stata votata positivamente l’altra settimana dagli stessi senatori, sempre nell’Aula di Palazzo Madama, con l’emendamento LeU al decreto Milleproroghe che apre le GaE a tutti gli abilitati, anche Tfa e Pas. Solo che sullo stesso emendamento, approvato ieri in prima lettura assieme al decreto, ci sono da vagliare le dichiarazioni contrarie da parte di alcuni esponenti del Governo in carica che pongono dei dubbi sulla conferma della sua modifica alla Camera a metà settembre. Eppure, quell’emendamento rimane l’unica possibilità per uscire dall’attuale situazione di blocco, visto che la soluzione approvata con il decreto Dignità, di introdurre un concorso, definito straordinario non si comprende per quale motivo, va a stabilizzare nemmeno un decimo degli interessati. Oltre che contemplare una serie di contraddizioni al suo interno, anche sottolineate dal Servizio Studi del Parlamento: nei rilievi mossi dagli esperti parlamentari e costituzionalisti, figura non solo l’insensata esclusione degli abilitati con servizio svolto nelle paritarie, ma anche l’inconcepibile assenza di considerazione per la stragrande parte dei maestri con diploma magistrale con contratto fino al 30 giugno 2018, ben 43 mila. Essi si troverebbero subito a spasso, perché anche esclusi dalla possibilità di stipulare un contratto a tempo determinato fino al termine delle prossime attività didattiche. Tagliare fuori a priori così tanti docenti, lasciandoli per strada benché vi siano i posti liberi per accoglierli e che sarebbe pure problematico coprire con altro personale, la dice lunga sulla lungimiranza con cui Governo e Parlamento hanno approvato questa disposizione. È l’ennesima contraddizione che ci ha convinti a proclamare lo sciopero e una manifestazione nazionale per il prossimo 11 settembre, nel giorno dell’avvio dell’esame dell’emendamento LeU a Montecitorio: ultima speranza per salvare la scuola dal baratro.
Il sindacato autonomo plaude al via libera definitivo dell’Aula di Palazzo Madama all’emendamento LeU e invita i precari a difendere il provvedimento manifestando in piazza l'11 settembre, giorno di ripresa dei lavori nell’altro ramo del Parlamento, in occasione del primo stop dei lavoratori del nuovo anno scolastico.
In questo modo, i precari abilitati all’insegnamento, tutti già selezionati e formati all’uopo, verrebbero assorbiti gradualmente nei ruoli dello Stato, al fine di andare a collocarsi sugli oltre 100 mila posti vacanti che ogni anno vengono quasi sempre assegnati ad un nuovo supplente minando così la continuità didattica e l’organizzazione scolastico-amministrativa. La norma salva-precari, inoltre, risulta fondamentale per superare la pessima decisione presa con il decreto Dignità di portare al licenziamento 50 mila maestri con diploma magistrale, di cui 7 mila già assunti, all’isolamento di altri 100 mila docenti abilitati e all’introduzione di un concorso straordinario per 12 mila posti pure discriminante.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Sinora, le due Camere dei deputati non hanno colto l’opportunità fornita dal Consiglio dei Ministri di congelare per 120 giorni l’effetto dell’Adunanza plenaria del dicembre 2017. Ecco perché diventa fondamentale l’appuntamento che ha la Camera con il decreto Milleproroghe: per questo motivo, abbiamo organizzato, per il giorno di avvio dell’esame del decreto a Montecitorio, una giornata di manifestazioni di piazza, in coincidenza del primo sciopero del nuovo anno scolastico. Vogliamo sensibilizzare gli onorevoli a non rivedere quanto stabilito dai colleghi del Senato, in modo da salvare i precari abilitati all’insegnamento dalle supplenze a vita e la scuola italiana da sicuro caos che ne deriverebbe qualora si desse invece effetto alla sentenza del Consiglio di Stato, con cui si intendono svuotare le GaE non assumendo in ruolo chi c’è dentro o per confermare i 7 mila maestri assunti con anno di prova svolto, ma per far ritornare i precari di lungo corso nelle graduatorie d’istituto, dove potranno svolgere supplenze di breve durata in non più di 15-20 istituti. Creando in tal modo uno degli scompensi più grandi che si siano mai avuti nelle nostre scuole pubbliche, le quali si ritroverebbero a caccia di docenti, con quelli già scelti e formati messi ai margini, costretti a non lavorare, stavolta pure per colpa del legislatore.
Lo slittamento a settembre dell’approvazione del decreto Milleproroghe, quindi del rinvio di un anno dell’obbligo per la frequenza scolastica, ha di fatto riabilitato la circolare Grillo-Bussetti che introduce l’autocertificazione, ma anche ridato vita alle prese di posizione sui pro e contro delle vaccinazioni obbligatorie. Per cercare una mediazione, la Ministra della Salute ha anche paventato la possibilità di introdurre “classi protette per i 10 mila bambini immunodepressi”.
Anief ritiene che il crescere delle polemiche sia inutile, anzi addirittura dannoso all’organizzazione scolastica, già di per sé confusa e ricca di problematiche di vario genere, ad iniziare dalla formazione degli organici e dall’assegnazione dei tanti precari sugli oltre 150 mila posti scoperti tra personale docente e Ata. Per non parlare della vicenda kafkiana che stanno vivendo i 160 mila maestri e laureati supplenti, vittime prima dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato che li ha estromessi dalle GaE e ora dalla soluzione pilatesca trovata dal Governo e sulla quale il Parlamento si sta spaccando. Il ricatto dell’avvenuta effettuazione dei dieci vaccini principali per la frequenza scolastica è un metodo del tutto inefficace per assicurare le vaccinazioni a tutti i bambini, poiché il sistema scolastico integrato – con iscritti agli asili nido e alle scuole dell’infanzia - riguarda solo una parte dei minori di quella fascia d’età. Inoltre, il decreto Lorenzin è stato calato dall’alto, ignorando le parti sociali e le associazioni coinvolte, tanto che domani due comitati spontanei consegneranno alla ministra della Salute un documento con 22.000 firme, con cui chiedere di «superare rapidamente l’obbligo vaccinale e le esclusioni dei bambini 0/6 anni dai servizi per la prima infanzia».
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Il provvedimento deciso dal Governo, di rinviare di un anno l’obbligo introdotto dall’esecutivo Gentiloni attraverso il decreto a firma dell’ex Ministro Lorenzin, risulta necessario, proprio per offrire un periodo di riflessione sulla materia. E per dare tutto il tempo utile alle Camere, in modo che possano così approvare una nuova norma che cancelli l’inutile obbligo. Una disposizione che non può nemmeno contare su un supporto costituzionale, visto che per tutelare il diritto alla salute si procede alla negazione di quello, altrettanto basilare, relativo all’istruzione. In questa situazione di incertezza, di norme e regolamenti mutevoli, ribadiamo la nostra richiesta ai Ministeri coinvolti di inviare il prima possibile ai dirigenti interessati una comunicazione ufficiale che sancisca il rinvio delle sanzioni che sarebbero scattate nei confronti dei genitori inadempienti, ad iniziare dalle multe fino alla sottrazione della patria potestà. Il nostro è stato l’unico sindacato di categoria ad opporsi al decreto Lorenzin sull’obbligo dei dieci vaccini sin dal primo giorno, arrivando ad impugnarlo in tribunale, sia perché lesivo del diritto all’istruzione, da parte di tutti i bambini, nessuno escluso, sia perché lo Stato ha sforato le proprie competenze. Il problema si è evidenziato anche nella sua attuazione, sia a livello di singola scuola che a livello regionale, avendo avuto applicazioni diversificate: oltre alle diverse prese di posizione dei governatori e delle varie giunte di competenza, in alcuni istituti scolastici è stato infatti proibito l’accesso ai nidi e alle scuole d’infanzia, fino a quando il minore non avrebbe regolarizzato la propria posizione vaccinale. In altri casi, invece le scuole sono state più tolleranti. Creando, così, delle discriminazioni. Ecco perché bisogna bloccare tutto per legge il prima possibile.