Per un sindacato dei dirigenti scolastici, il decreto legislativo sulla valutazione degli alunni è l’occasione giusta per 'abolire il valore legale del titolo di studio in quanto non più rispondente al titolo stesso'. Anief si oppone: il titolo non può essere sminuito, ma va valorizzato, a iniziare da quello relativo alla licenza media, sino alla maturità, che secondo l’Anief dovrebbe rappresentare anche la fine dell’obbligo scolastico, anziché gli attuali 16 anni di età dell’alunno, assieme all’inizio anticipato a 5 anni anziché 6 in classi di compresenza materna-primaria. Giusto, invece, dare il maggior peso possibile al percorso formativo che ha condotto agli esami finali, frutto delle decisioni collegiali intraprese.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): l’Esame di Stato è modello di verifica ben diverso dalla semplice valutazione delle competenze, la quale può essere attuata certamente anche al di fuori dalla scuola. Confondere o plasmare i due livelli non ha senso. Inoltre, la scuola statale produce titoli utili all’accesso ai concorsi pubblici e per diventare dipendenti della P.A., oltre che a svolgere la libera professione e operare nel privato. Come si può dire che tutto questo d’ora in poi si potrà verificare solo attraverso delle semplici prove di certificazione delle competenze? Significherebbe portare l’Italia indietro di 900 anni. Il pericolo è conferire dei diplomi con peso specifico diverso. Così, solo gli allievi delle scuole e degli atenei più prestigiosi potranno aspirare all’ingresso di determinati posti di lavoro. Si mettono sotto il tappeto principi costituzionalmente protetti, come la parità d’accesso al pubblico impiego, il principio di uguaglianza e di ragionevolezza.