Se dal punto di vista teorico la doppia operazione, collocata all’interno del rinnovo del contratto, può essere condivisibile, sul piano pratico vi sono non pochi risvolti negativi. Sul bonus merito non si capisce, ad esempio, come potrebbe essere portato in busta paga un compenso accessorio soggetto oggi a valutazione discrezionale del dirigente scolastico. Per attuare un’operazione del genere, quindi, occorrerebbe agire con una modifica normativa che, come ha anche fatto osservare il presidente Aran Sergio Gasparrini, non compete di certo al tavolo contrattuale ma alla politica. Ancora meno fattibile appare la trasposizione delle somme destinate alla formazione dei docenti: se è vero che portarle in busta paga farebbe diventare il bonus strutturale e non soggetto a rifinanziamento annuale, è altrettanto vero che vorrebbe dire sottoporlo a tassazione, dimezzando la somma. La domanda allora è: vale la pena per un aumento esiguo mensile ritrovarsi con un carico di lavoro maggiore? Sicuramente no.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Per il bonus della formazione, venendo meno la possibilità di rendicontarne la spesa, si aprirebbe il personale al rischio di indurre la parte pubblica a chiedere uno scambio in termini di ore obbligatorie di formazione per aggiornamento. Mentre oggi non esiste una quantificazione. In pratica, i sindacati rappresentativi stanno provando a far passare per aumento stipendiale ciò che strutturalmente non lo è, con il rischio concreto di trasformare la proposta in un boomerang, perché potrebbe aprire la strada a un aumento di fatto dell'orario di servizio, qualora il bonus 500 euro in busta paga dovesse tradursi in ore di aggiornamento obbligatorie e quantificate. Per quanto riguarda invece il bonus merito, tanto vale chiedere l'abolizione della stessa procedura prevista dalla Buona Scuola e procedere con la redistribuzione delle somme stanziate per gli aumenti in busta paga a pioggia.