Le stime sono contenute nel Documento di Economia e Finanza appena emanato dal Mef: previsto anche un incremento dell’1,1% per il 2016, del 2,6% per il 2017 e del 2,9% per il 2018. Poi assisteremo all’inversione di tendenza che sul medio-lungo periodo diventerà consistente, a seguito della riforma Fornero e dell’introduzione del sistema di calcolo contributivo: se nel 2015 la spesa pensionistica rispetto al Pil sarà pari al 15,9%, nel 2050 è stimata al 15%. E dieci anni ancora dopo, nel 2060, sarà scesa ulteriormente al 13,5%.
Gli effetti saranno dirompenti. Il caso della Scuola: solo in Italia si diventa insegnanti in ruolo tardi, in media non prima dei 40 anni, e si va in pensione sempre più tardi. Introducendo il nuovo parametro legato alla speranza di vita, poiché si vive più a lungo, occorre andare in pensione alle soglie dei 70 anni. Eppure la crisi è internazionale e in Germania si può ancora lasciare il servizio prima dei 60 anni e senza decurtazione. In Francia, l’età minima di pensionamento pur essendo stata innalzata è comunque stata fissata a 62 anni. Sulle teste dei lavoratori italiani c’è poi sempre la spada di Damocle delle casse in rosso dell’Inps, che ha accumulato un “buco” da 24 miliardi, e la trattenuta illegittima in busta paga del 2,5% per l’accantonamento del Tfr.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): anziché incentivare il trattenimento in servizio, come vorrebbe l’Ocse, da noi si è davvero esagerato, pensando solo a disincentivare chi è sfinito dalla stanchezza e avrebbe diritto a lasciare il lavoro per fare spazio alle nuove generazioni.
Nel 2015 bisognerà aspettarsi un incremento dell’accesso al pensionamento rispetto al 2014, all’incirca dell’1%, anche per la progressiva maturazione dei requisiti previsti dal decreto Legge Fornero 201/2011. Anche negli anni successivi è prevista una leggera crescita: le stime di incrementi di personale dipendente che andrà in pensione sono pari all’1,1% per il 2016, al 2,6% per il 2017, al 2,9% per il 2018. Ma nel 2019 assisteremo ad un’inversione di tendenza, con l’inizio di una progressiva riduzione conseguente alla riforma introdotta dal ministro del Lavoro del Governo Monti. Le proiezioni pensionistiche sono contenuti nella sezione previdenza del Documento di Economia e Finanza 2015, appena emanato dal Mef.
Da un’analisi dell’ufficio studi dell’Anief sul Def, risulta che i principali fattori della progressiva riduzione negli anni, sul medio e lungo periodo, sono da ricondursi all’innalzamento dei requisiti di accesso al pensionamento e all’introduzione del sistema di calcolo contributivo. Dal 2050 in poi sarà essenzialmente completato il passaggio al sistema di calcolo contributivo e per tal motivo si assisterà ad una progressiva riduzione della spesa pubblica: infatti, se nel 2015 la spesa pensionistica rispetto al Pil sarà pari a al 15,9%, nel 2050 è stimata al 15%. E dieci anni ancora dopo, nel 2060, sarà scesa ulteriormente al 13,5%.
Sempre dal Documento di Economia nazionale, risulta che nel 2014 la spesa per prestazioni sociali in denaro è stata pari a 328.304 milioni di euro, pari al 20,3% del Pil, con una percentuale di incremento del 2,7% rispetto al 2013: in particolare, la spesa pensionistica ha subito un incremento dello 0,9 per cento. Nel 2015 la spesa per prestazioni sociali in denaro subirà un incremento del 3 per cento rispetto al 2014, con il dato disaggregato delle pensioni per il quale si stima un incremento dell’1 per cento. Che lieviterà progressivamente, ma per soli altri tre anni.
Anief ritiene che il quadro futuristico posto dal Mef in linea con quanto prospettato dallo stesso sindacato da diverso tempo: per effetto della “stretta” sui requisiti, l’accesso alla collocazione in pensione si ritarda, infatti, sempre di più. In particolare per le donne, che in alcuni comparti, come la scuola, costituiscono oltre l’80% del personale in servizio: già dall’anno in corso, le norme per accedere all'assegno pensionistico hanno portato le lavoratrici del pubblico a lasciare il servizio a 63 anni e 9 mesi. Nel 2018 per entrambi i sessi serviranno quasi 67 anni: per comprendere l’enormità del numero, basta dire che 20 fa, prima della riforma Amato, le donne potevano lasciare anche a 55 anni.
Le proiezioni sui requisiti sull’accesso al pensionamento anticipatofanno paura: tra 15 anni, nel 2030, si potrà accedere alla pensione di vecchiaia solo oltre i 68 anni; mentre per accedere all’assegno di quiescenza anticipato bisognerà aver versato attorno ai 44 anni di contributi. E i pochi fortunati che potranno lasciare prima, si vedranno decurtare l’assegno pensionistico fino del 25 per cento. Poiché “per più di quattro pensionati su dieci l'assegno non arriva neppure a mille euro al mese”, oltre la metà (il 52%) delle donne, è evidente che in questo modo si sta andando sempre più verso un Paese a rischio povertà in età avanzata. Non dimentichiamo, infatti, che “il potere d’acquisto delle pensioni è in caduta libera: in 15 anni è diminuito del 33%”.
E le prospettive della riformain atto sono ancora più nere: nel 2050 si potrà lasciare il lavoro nel pubblico solamente a 69,9 anni. Per le pensioni di anzianità non andrà meglio: se nel 2016 alle donne verranno chiesti 41 anni e dieci mesi di contributi versati, nel 2050 gli anni diventeranno addirittura 45 (46 per gli uomini). Nella scuola, dove l'81% dei docenti italiani sono donne, gli effetti della riforma Fornero già si fanno sentire: lo scorso anno sono andati in pensione circa 11mila docenti e 4mila Ata. Mentre 12 mesi prima erano stati complessivamente 28mila. E nel 2007 oltre 35mila. Sono dati avvilenti, soprattutto se si pensa che abbiamo il corpo docente tra i più vecchi dell’area Ocse.
Solo in Italia, però, si entra in ruolo tardi, in media non prima dei 40 anni, e si va in pensione sempre più tardi. Per sostenere il risparmio a tutti i costi, con la riforma Fornero si è introdotto il nuovo parametro legato alla speranza di vita: poiché si vive più a lungo (le donne oltre gli 85 anni) occorre andare in pensione alle soglie dei 70. In Germania si può lasciare il servizio prima dei 60 anni e senza decurtazione. In Francia, l’età minima di pensionamento pur essendo stata innalzata è comunque stata fissata a 62 anni.
Mentre ci sono altri paesi – come Polonia e Cipro – dove l’età minima per lasciare il lavoro in cambio di una pensione piena al completamento del numero di anni di servizio svolti, senza decurtazione, è fissata a 55 anni. E diversi altri, tra cui Belgio, Danimarca, Irlanda, Grecia, Spagna, Lussemburgo (pag. 93 dell’ultimo Rapporto Eurydice della Commissione europea ‘Cifre chiave sugli insegnanti e i capi di istituto in Europa’), dove, allo stesso modo, è possibile ottenere “una pensione piena al completamento del numero di anni di servizio richiesti”. Solo in Italia l’unico criterio che è prevalso è stato ancora una volta quello della salvaguardia dei conti pubblici. Senza pensare ai cittadini.
“Quello che fa più rabbia – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – è che le rigidità imposte dalla riforma Fornero non hanno precedenti. Se si va a confrontare l’età di pensionamento in Europa, emerge chiaramente che nei prossimi anni, prendendo come riferimento il 2020, l’età pensionabile dei lavoratori italiani figura già tra le più alte. E nei decenni a seguire, 2030 e 2060, il gap diventerà ancora più evidente: saremo, infatti, tra i pochi Paesi del vecchio Continente a chiedere ai propri cittadini di lasciare il servizio lavorativo solo dopo aver raggiunto i 70 anni di età anagrafica. Anziché incentivare il trattenimento in servizio, come vorrebbe l’Ocse, da noi si è davvero esagerato, pensando solo a disincentivare chi è sfinito dalla stanchezza e avrebbe diritto a lasciare il lavoro per fare spazio alle nuove generazioni”.
Tutto ciò avviene sempre in quell’Italia dove la Corte di Conti ha certificato un “buco” di 24 miliardi di euro nei conti dell’Inps, in larga parte ereditato dall’Inpdap, per il mancato pagamento mensile dei contributi del personale a tempo determinato, poiché i contributi destinati alle liquidazioni dei suoi dipendenti sono solo figurativi: così come sono stanziati oggi è come se non ci fossero. Tanto da mettere a rischio le pensioni degli italiani.
Proprio in questi giornile proiezioni Anief sulla riduzione progressiva delle pensionidegli italiani sono state confermate dall’inchiesta shock di Progetica sui numeri dell’Inps: partendo dal presupposto di un’economia che rimarrà stagnante così come registrato nell’ultimo quinquennio, nella scuola chi è nato nel 1960 potrebbe lasciare il servizio per l’assegno di quiescenza non prima dei 68 anni, quindi tra il 2028 e il 2031, percependo appena 850 euro: dopo 43 anni di contributi, in pratica, gli verrà conferito un assegno pensionistico pari al 54% dell’ultima busta paga. Chi è nato nel 1990 e inizia a lavorare ora, potrebbe andare in pensione a 73 anni, dopo aver lavorato per mezzo secolo, con appena 400 euro (33% dell’ultimo stipendio), meno dell’attuale assegno sociale.
Allo sgonfiamento progressivo dell’assegno pensionistico, se deve anche aggiungere l’interruzione della trattenuta illegittima in busta paga del 2,5% per l’accantonamento del Tfr: Su quest’ultimo punto Anief ha deciso di passare al contrattacco, chiedendo la restituzione delle somme indebitamente prelevate e dell’accredito figurativo dell’intero trattamento fine rapporto, assieme al recupero degli accessori e interessi di legge. Considerato che il credito esigibile è soggetto ad una prescrizione decennale, il sindacato invita tutto il personale pubblico a ricorrere il prima possibile in tribunale. Per farlo, gli interessati possono utilizzare le modalità di accesso al “ricorso per recuperare il 2,50% per il Tfr trattenuto negli ultimi 10 anni e per l’accertamento del credito del 2,69% per il Tfs negli anni 2011 e 2012”.
Età di pensionamento nei Paesi dell’UE e quelle previste nel 2020, 2030 e 2060
FONTE: Commissione UE, giugno 2014
Per approfondimenti:
Corriere della Sera: Pensioni, si allontana ancora l’età del ritiro per le donne
La Repubblica: in Italia i prof più vecchi del mondo. L'Ocse: record per l'età media dei docenti
Commissione Europea: Cifre chiave sugli insegnanti e i capi di istituto in Europa
Anief: Età media insegnanti italiani da record: 51 anni. Nelle forze di polizia è 10 anni di meno
Corriere della Sera: VADEMECUM PER LA PREVIDENZA, Età e calcoli: guida alla pensione
L’Espresso: Pensioni, la rabbia degli insegnanti: Docenti in cattedra fino a 67 anni
Trattamenti pensionistici e beneficiari: un'analisi di genere - ISTAT
Pensioni, potere d'acquisto in caduta libera (‘Corriere della Sera’ del 16 febbraio 2013)
Istat, al 41% dei pensionati meno di mille euro al mese (‘La Repubblica’ del 5 dicembre 2014)
Pensioni, ecco che cosa cambierà (‘Corriere della Sera’ del 7 dicembre 2014)
DEF conferma blocco indennità contrattuale: dal 2018 appena 5 euro di aumento
Analisi dell’Anief sui contenuti nel Documento di Economia e Finanza 2015
Analisi dell’Anief sui contenuti nel Documento di Economia e Finanza 2015 (sistema pensionistico)