Marcello Pacifico (Anief-Confedir-Cisal) replica alle intenzioni espresse dai rappresentanti dell’Esecutivo di riformare il quadro: basti pensare che il più grande sciopero della scuola ha visto il sindacato rappresentativo convergere su una data scelta dal sindacato di base. La realtà è che chi sciopera è sempre il lavoratore e ci perde pure i soldi. Si vogliono introdurre nuove norme regolatorie? Allora si cambi la dittatura dei numeri di iscritti ‘taroccati’. L’Italia non può continuare a muoversi in splendida solitudine, perché ha dei doveri internazionali cui sottoporsi: se però si vogliono approvare delle leggi autoreferenziali, imposte erga omnes, con i diretti interessati ignari o contrari, siamo pronti a una dura battaglia nei tribunali, italiani ed europei.
“Il governo intende rivedere la legge sulla rappresentanza di lavoratori e delle norme che portano alla proclamazione dello sciopero? È ben che sappia sin d’ora a cosa va incontro: si scontrerà con l'Europa, perché siamo pronti a ricorrere contro delle nuove norme in evidente contrasto con la Cedu e con le direttive comunitarie, le quali garantiscono la pluralità di rappresentanza nel mondo del lavoro”. A dirlo è Marcello Pacifico, presidente Anief, segretario organizzativo Confedir e confederale Cisal, che risponde in tal modo a quanto dichiarato dal senatore Pd Pietro Ichino, che ha caldeggiato il suo disegno di legge n. 2006 sullo sciopero.
Ichino ha ricordato che il caposaldo della proposta di legge è "l'applicazione dello stesso principio di democrazia sindacale che si applica in Germania e in Gran Bretagna: possono proclamare lo sciopero le organizzazioni che rappresentino la maggioranza dei lavoratori interessati, oppure quelle minoritarie che ottengano il consenso della maggioranza in un apposito referendum. Sia al livello aziendale, sia a quello di settore". Anche il ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha fatto intendere che occorre adottare delle misure laddove “il diritto allo sciopero venga anche usato in maniera impropria”.
Secondo Pacifico, la realtà è che “ci sono altre strade per migliorare le rappresentanze ed evitare disservizi. Bisogna, ad esempio, garantire la pluralità e ritornare alla verifica triennale a ogni livello: nel luogo di lavoro attraverso le sole Rsu, ma anche nella regione e a livello nazionale grazie al voto espresso con le modalità di elezione degli organi consultivi. A tal fine, si potrebbe pensare ad uno sbarramento come per i partiti, senza tener conto del numero degli iscritti. L'occasione per introdurre le modifiche – continua il sindacalista Anief-Confedir-Cisal – potrebbe essere il rinnovo contrattuale, imposto dalla Consulta: è di lì che passa la nuova regolamentazione della rappresentanza dei lavoratori, da quelli della Scuola sino a quelli che operano per Alitalia, soprattutto sugli scioperi indetti dai sindacati di base e a cui si sono spessi allineati i sindacati rappresentativi”.
“Certo – continua Pacifico - tutto ciò impone una seria riflessione sulle attuali regole che gestiscono la rappresentanza sindacale. La quale dovrebbe tutelare in primo luogo il diritto del lavoratore allo sciopero e alla scelta di un organismo che lo rappresenti. Siamo d’accordo su un fatto: servono regole nuove, che siano però espressione della maggioranza e non della dittatura di numeri di iscritti, spesso ‘taroccati’. Perché, infatti, oggi per misurare la rappresentatività nel pubblico impiego si deve fare la media dei voti tra dato associativo, mai chiesto ad esempio ai partiti politici al momento del voto, e dato elettorale quando i voti sono essenzialmente espressi ai candidati Rsu. I quali possono anche non essere iscritti al sindacato, né a liste nazionali, come avviene per l’elezione del Cspi della Scuola. E allora, questa rappresentatività può essere ritenuta regolare?”.
Non è un caso che, proprio nella Scuola, tra le due elezioni a distanza di poco più di un mese – rinnovo Rsu e Cspi -, un elettore su due ha preferito non esprimersi. E che il sindacato di base, come Cobas e Anief, abbiano superato nel secondo caso la soglia del 5%. “Altrettando ridicola – dice il presidente Anief - appare l’ipotesi di limitare il diritto allo sciopero ai soli sindacati di maggioranza, quando l'ultimo e più grande sciopero della scuola ha visto il sindacato rappresentativo convergere su una data scelta dal sindacato di base. La realtà è che chi sciopera è sempre il lavoratore e ci perde pure i soldi: nella scuola tre le 50 e le 90 euro che vanno sottratti a degli stipendi da fame. Non è un dato trascurabile”.
Per questi motivi, il giovane sindacato sostiene che sbaglia il governo non solo ad ignorare gli scioperi quando riguardano più del 50% dei lavoratori della categoria, ma fa peggio se pensa di ridurre lo spazio di agibilità sindacale degli stessi lavoratori. Per non parlare della attuali limitazioni che il sindacato di base deve subire sul diritto allo svolgimento di assemblee in orario di servizio (riservato a chi detiene oltre il 5% di rappresentanza) o sulle prerogative sindacali in termini di distacchi e aspettative.
Come non sono accettabili le attuali ‘spinte’ governative per la creazione di “compartoni” sindacali, che negano la stessa necessità di un sindacato presente nei luoghi di lavoro, attento alle specificità e alle problematiche aziendali e dei settori della pubblica amministrazione. Chi opera, invece, per il bene dei lavoratori, oltre che per la salvaguardia dei servizi rivolti ai cittadini, è bene chi si studi attentamente tutte le ultime sentenze della Cedu e della corte di giustizia europea. Per quanto riguarda la Cedu, il sindacato ricorda che si tratta di un’autorità internazionale indipendente, che ha come riferimento sia la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950, sia la Corte europea dei diritti dell’uomo, nata nel 1959 per assicurare il rispetto della Carta nei paesi aderenti. La Cedu ha sede a Strasburgo e vi possono ricorrere tutti gli Stati, ma anche i singoli cittadini che lamentano la violazione di un diritto fondamentale contro l’individuo.
“Il nostro Paese – dice ancora Pacifico - non può continuare a muoversi in splendida solitudine, perché ha dei doveri internazionali cui sottoporsi. Operando in questo modo, scoprirebbe che il dialogo sociale serve a rimuovere il conflitto sociale, che i lavoratori hanno diritto all’informazione e alla consultazione sulle modifiche del loro contratto di lavoro. E che non possono essere realizzate attraverso leggi autoreferenziali, né imposte erga omnes, con i diretti interessati ignari o contrari”.
“Se si vuole veramente approvare una buona legge sulla rappresentanza, vanno considerati necessariamente tutti questi elementi. All’interno di un dibattito ampio e maturato dall’intervento dei principali attori politici e sindacali. Quanto espresso negli ultimi giorni dai rappresentanti del governo e della maggioranza, purtroppo non va in questa direzione. Questo ci spinge ancora una volta a prepararci a una dura battaglia nei tribunali, italiani ed europei. Fino a quando – conclude il sindacalista Anief-Confedir-Cisal – il rispetto della persona non sarà tutelato, assieme al diritto del lavoratore e alla dignità del lavoro che svolge”.
Per approfondimenti:
Stipendi, i lavoratori della scuola sono la pecora nera dalla PA: meno di loro nessuno
I ricorsi Anief per la stabilizzazione dei precari
Sentenza Corte di Giustizia Europea: cosa fare per ricorrere? Ecco le FAQ
Pa, rischio contratti da 35 miliardi(Il Sole 24 Ore, 5 giugno 2015)
Blocco stipendi Pa: la norma è illegittima, ma non per il passato (Repubblica – Economia & Finanza, 24 giugno 2015 )
Madia: “A settembre lo sblocco dei contratti del pubblico impiego” (La Stampa, 28 giugno 2015)
Madia, a settembre soldi per sblocco contratto. Effetto consulta (Orizzonte Scuola, 29 giugno 2015)