Il dato si evidenza dal "Rapporto Italia 2015" dell'Eurispes, presentato oggi: la media nazionale è del 17%, contro quella europea dell’11,9%. Solo in Spagna, Portogallo, Malta e Romania la quantità di giovani che lascia prima i banchi di scuola è maggiore della nostra. Tra i Paesi che hanno meno alunni “dispersi” figurano, quasi incredibilmente, la Croazia (3,7%), la Slovenia (3,9%) e la Repubblica Ceca (5,4%).
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): il Governo deve puntare forte sugli stage in azienda, dovremmo imparare dalla Germania. Oltre che sul reintegro di tempo scuola e organici pre-riforma Gelmini. Ricordiamoci che un giovane che lascia la scuola presto quasi sempre diventa un Neet: ne abbiamo già 700mila tra i 15 ed i 25 anni.
Dal "Rapporto Italia 2015", pubblicato oggi, risulta che nel nostro Paese arrivano al titolo massimo di studio appena il 22,4% dei cittadini della fascia di età tra i 30 e i 34 anni, contro una media dell'Unione del 36,5%: gli uomini fermi addirittura al 17,7%. L’obiettivo fissato da Bruxelles, il 40%, rimane lontanissimo.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): da anni in Italia non si investe adeguatamente per l’Università. E nemmeno si fa un orientamento adeguato. Nel frattempo ai giovani è stata tolta anche la speranza.
Oggi l’Istituto nazionale di statistica ha fatto sapere che “nella media del 2014 la retribuzione oraria è cresciuta dell'1,3% rispetto all'anno precedente” e che il contratto è scaduto a 37 categorie distinte cui si riconducono 7,1 milioni di dipendenti: per vederlo 'aggiornare' i tempi sono saliti a 37,3 mesi, ovvero oltre tre anni. Anche in questo caso docenti e Ata sono la pecora nera, perché attendono ormai il rinnovo da sei anni.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): si proceda subito allo sblocco dell’indennità di vacanza contrattuale per ancorare gli stipendi base della scuola all’inflazione degli ultimi sei anni. È un blocco irriguardoso, tra l’altro, anche rispetto alle indicazioni comunitarie. Inoltre, la categoria non può contare più su indennità di funzioni. Bisogna sottoscrivere un nuovo contratto, che tuteli gli interessi e la professione di un milione di dipendenti pagati oggi con uno stipendio ormai alle soglie del regime di povertà.
Tra i 3.600 istituti falcidiati dalle riforme e dal dimensionamento degli ultimi anni, vi sono ben 236 realtà scolastiche cancellate nelle aree più isolate e impervie del Paese. Nelle zone montane del Molise ne sono state fatte sparire il 37%: quattro su dieci. Nel Lazio il 25%, in Calabria e Campania il 24%. In Toscana sono state chiuse sei scuole, che corrispondono a 46 cattedre. Nelle isole minori i tagli sono stati meno vistosi, ma si sta andando verso le classi “pollaio”. Con utenti e insegnanti costretti a raggiungere le sedi rimaste in vita attraverso viaggi lunghi e al limite del sopportabile. Per Tar e Consulta bisogna riparare il danno, però sembra che nessuno voglia tornare indietro.
Da domani le famiglie avranno la possibilità di potersi registrare nella pagina web e di prendere confidenza con il sito internet del Miur creato ad hoc; da giovedì 15 gennaio e per i 30 giorni successivi sarà possibile indicare l’istituto prescelto per il prossimo anno scolastico. Ma i titoli di studio rilasciati dalle scuole potrebbero essere messi in discussione dalla giustizia amministrativa. Negli ultimi anni le cancellazioni e gli accorpamenti degli istituti (derivanti delle Leggi 244/2007, 133/2008, 111/11 e 135/12) hanno introdotto parametri minimi di iscritti spiccatamente elevati: con il risultato che le 12mila sedi scolastiche italiane si sono ridotte alle attuali 8.400, con effetti negativi drastici sulla qualità dell’offerta formativa.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): ora non veniteci a dire che le lezioni on line possono sopperire quelle reali. La realtà è che vi sono tutti i motivi formativi e legislativi per ridare vita e quelle scuole. Se l’Anief diventerà rappresentativo con il rinnovo delle Rsu d’istituto, in programma a marzo, ci batteremo con tutte le nostre forze perché ciò avvenga.