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Il Terzo Settore in Italia ricopre ormai un ruolo di primaria importanza, non può essere ricondotto esclusivamente alle attività di volontariato.
Più di 300.000 istituzioni non profit, per un totale di quasi un milione di lavoratori, numero che sale quasi fino a 5 milioni se si considerano anche i volontari che contribuiscono ogni anno alle attività delle istituzioni non profit e delle cooperative sociali, per un fatturato complessivo di settore che raggiunge svariate decine di miliardi di euro l’anno.
Cosa si intende per Terzo Settore?
La definizione è mutata nel tempo ed è stata attualizzata al processo evolutivo, possiamo ricondurre, ormai a tale accezione, Terzo Settore si intende “il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi”.
L’importanza di tale comparto è notevole, specialmente per la sua componente imprenditoriale.
Il sociale è da ritenersi ormai un ambito importantissimo per il rilancio occupazionale e dell’economia del nostro paese.
Pertanto è fondamentale rivolgere la giusta attenzione al lavoro sociale nell’orientare studenti e studentesse e nel promuovere progetti di alternanza scuola-lavoro.
I numeri e le opportunità del lavoro sociale
Si è registrato, negli ultimi anni, un forte aumento nel volume di affari, per quanto concerne tale forma di economia e di occupazione.
Le richieste di personale specifico e la tipologia di servizi richiesti sono vari e necessitano dei criteri di differenziazione:
assistenza sociale, assistenza sanitaria e sociosanitaria
- educazione, istruzione e formazione extrascolastica, universitaria e post-universitaria tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e valorizzazione del patrimonio culturale
- servizi culturali e turismo sociale
È molto significativa la crescita delle imprese sociali, confermata dal Decimo Rapporto dell’Osservatorio sull’Impresa sociale dell’Associazione Isnet.
Ad oggi, le “imprese sociali” riconosciute sono 1.053, ma si prevede che crescano ad almeno 15.100, proprio in attuazione della recente riforma. Le imprese sociali hanno prodotto utili che superano i 20 miliardi di euro nell’ultimo anno (20,6 miliardi) e hanno offerto opportunità lavorative a 735 mila addetti.
Il 37,2% ha aumentato il proprio volume di attività (+3,6% rispetto al 2015). E, in linea con la natura sociale, ai risultati economici si accompagna un importante impatto sociale: in termini di inclusione lavorativa, le imprese sociali occupano già 67.100 soggetti svantaggiati (diversamente abili, disoccupati di lunga durata, donne, immigrati ecc.).
L’area quella dell’economia sociale è un’area con potenzialità occupazionali importanti.
Per queste caratteristiche è molto appropriata la scelta di percorsi formativi (università, master, corsi regionali) e gli sbocchi professionali che preparano gli studenti e le studentesse a mestieri importantissimi, come adesempio l’assistente sociale, gli educatori/terapeuti, gli animatori sociali e di comunità, i mediatori culturali, gli operatori socio-assistenziali e socio-sanitari.
Alternanza: in migliaia la fanno nel sociale
Già molte scuole e molti studenti e studentesse hanno colto il valore del lavoro sociale per portare avanti progetti di alternanza scuola-lavoro che consente di acquisire esperienze lavorative ed umane davvero importanti.
Strutturati in maniera opportuna, questi progetti permettono agli alunni e alle alunne di impegnarsi in attività non solo gratificanti e importanti per il prossimo, ma anche fucina di nuove competenze da utilizzare in campo lavorativo. Guardando ai risultati di una ricognizione di CSVnet su 53 Centri di servizio per il volontariato in tutta Italia, nello scorso anno scolastico già 8.200 studenti hanno partecipato a progetti di alternanza-scuola lavoro nel sociale, con 441 docenti di 237 istituti. Si tratta di progetti promossi dagli stessi Centri di servizio per il volontariato con oltre 650 associazioni. Si tratta di un dato raddoppiato rispetto agli anni scolastici precedenti, facendo sì che il volontariato sia sempre più un modo per promuovere la cittadinanza attiva fra i giovani, un’occasione per loro di crescita professionale e un terreno di sperimentazione anche per le associazioni.
Tali progetti sono stati avviati in quasi tutte le regioni e che, nel 50,9% dei casi, prevedono l’accoglienza diretta di oltre 964 studenti (pari all’11% del totale) da parte dei Centri di Servizio, mentre una parte ha svolto le ore di alternanza presso le associazioni facenti parte dei progetti promossi dai Centri. Associazioni e scuole hanno:
- progettato assieme le attività di alternanza (58,5%)
- si sono occupati di formare le associazioni sull’accoglienza degli studenti (39,6%)
- con le associazioni (13,2%)
- valutato le competenze acquisite dagli studenti coinvolti nei progetti di alternanza (26,4%)
- realizzato attività di accompagnamento alla creazione di Imprese formative simulate (11,3%).
Luigi Conte, consigliere di CSVnet con delega alla formazione, ha affermato che. il lavoro nel sociale è dunque momento di “crescita importante per i giovani, fondamentale per il loro sviluppo come cittadini e come futuri lavoratori. Infatti, entrando in contatto con le associazioni i ragazzi possono far pratica concreta di lavoro in un ambiente ricco di valori, informale e non competitivo. E possono acquisire competenze fondamentali e spendibili poi altrove nel mondo del lavoro, come ad esempio: analizzare problemi complessi e programmare i possibili interventi da mettere in atto, comunicare e ascoltare interagendo in gruppi di lavoro, superare gli ostacoli burocratici ecc. L’incontro tra giovani e associazioni è dunque un’opportunità di crescita e sviluppo sociale da agevolare sempre di più”.
L’alternanza scuola-lavoro, obbligatoria per tutti gli studenti dell’ultimo triennio delle scuole superiori è una delle innovazioni più significative della legge 107/2015 (La Buona Scuola) in linea con il principio della scuola aperta. La scuola deve, infatti, diventare la più efficace politica strutturale a favore della crescita e della formazione di nuove competenze, contro la disoccupazione e il disallineamento tra domanda e offerta nel mercato del lavoro. Per questo, deve aprirsi al territorio, chiedendo alla società di rendere tutti gli studenti protagonisti consapevoli delle scelte per il proprio futuro. Con l’alternanza scuola-lavoro, viene introdotto in maniera universale un metodo didattico e di apprendimento sintonizzato con le esigenze del mondo esterno che chiama in causa anche gli adulti, nel loro ruolo di tutor interni (docenti) e tutor esterni (referenti della realtà ospitante). Il tutor della scuola deve possedere conoscenze e competenze tali da consentire agli studenti di completare con successo l’esperienza all’interno delle aziende.
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