In una Villa Pamphili blindata, il premier ha incontrato i rappresentanti dei lavoratori. Il segretario confederale Cisal, Marcello Pacifico, presidente Anief e Udir, nel suo intervento di oggi ha chiesto al Governo, in un documento articolato, di stanziare per questo settore almeno il 10% delle risorse del prossimo Recovery Fund: si tratta di 17 miliardi, indispensabili per riprogrammare gli organici nel rapporto tra alunni-personale-edifici, mettere in sicurezza gli edifici per il rientro in presenza a settembre con nuove classi, per reclutare personale docente e amministrativo afferente a scuola, università, conservatori, accademie ed enti di ricerca. I fondi sono poi necessari per stabilizzare il precariato, per digitalizzare e innovare le strutture, per garantire una maggiore efficienza della PA, anche attraverso voucher formativi e assistenti tecnici digitali, ma anche per introdurre equità e inclusione sociale attraverso una didattica personalizzata. Il sindacalista autonomo ha anche presentato un piano per la tutela e promozione del patrimonio culturale.
Pacifico, in particolare, ha ricordato come “molte proposte sono state presentate come emendamenti al Decreto legge Rilancio all'esame della V Commissione Bilancio della Camera. A giorni, il sindacato renderà pubblico uno studio analitico sulle schede e sulle relazioni presentate dal dottor Vittorio Colao, presidente del comitato di esperti, su contesti e azioni da perseguire”.
Ripartire dai beni più preziosi di un Paese, dopo la salute: l’Istruzione, la Ricerca e la Formazione. Lo ha detto oggi a Villa Pamphilj il segretario confederale Cisal, Marcello Pacifico, presidente Anief e Udir: il sindacalista ha chiesto al Governo di stanziare per il settore dell’istruzione, dell’università e della ricerca almeno un decimo delle risorse del Recovery Fund, il fondo speciale che l’UE sta predisponendo per ogni Paese membro, come “paracadute” per ammortizzare la lenta e difficile risalita dopo il Coronavirus.
COSA HA DETTO IL GOVERNO
Tra le proposte presentate dal Governo figura una serie di temi da affrontare: modernizzazione infrastrutture scolastiche (in chiave energetica e antisismica, formazione del personale scolastico); cooperazione internazionale nella formazione e nella ricerca (collaborazione tra università italiane e università del Nord Africa per formare la classe dirigente del Mediterraneo); innovare i sistemi di istruzione e ricerca (innovare il dottorato di ricerca, costruire la formazione professionale, piano straordinario di reclutamento dei ricercatori, incentivare gli scambi europei anche per le scuole superiori, ecosistemi dell’innovazione al Sud); diritto allo studio (contrastare la dispersione scolastica, introdurre misure per ridurre il sovraffollamento delle classi, rafforzamento del “tempo scuola”, incremento delle borse di studio per l’ingresso all’università); formazione del personale e valorizzazione delle competenze (piano di rafforzamento e formazione della classe manageriale pubblica, formazione permanente del personale, potenziamento delle competenze digitali dei dipendenti pubblici); avvicinamento della ricerca alle imprese (favorire la nascita di poli integrati di innovazione tecnologica, creazione di un sistema nazionale di open innovation, sostegno ai principali programmi di investimento con significativo impatto sulle filiere industriali e agricole nazionali a partire dalla ricerca); giovani (potenziamento del servizio civile, piattaforma “orientamento giovani”); adeguare le competenze alle esigenze dell’economia e della società (accrescere le competenze digitali e ambientali, rafforzare la dimensione internazionale della formazione); sburocratizzazione della pubblica amministrazione (rafforzamento delle competenze organizzative del personale, progetto a supporto delle amministrazioni per la gestione delle procedure complesse rivolto alla riduzione dei tempi di adozione dei provvedimenti); digitalizzazione della pubblica amministrazione (garantire l’interoperabilità delle banche dati della pubblica amministrazione secondo il principio once only, razionalizzazione dei data center e ampliamento dell’uso del cloud computing).
COSA PROPONE L’ANIEF
Secondo il leader dell’Anief, “il blocco delle attività produttive è stato necessario e ha sicuramente aiutato a salvare numerose vite ma occorre rammentare che vi è stata comunque un’alta percentuale di lavoratori che si è recata nei posti di lavoro o che ha comunque proseguito la sua attività attraverso il lavoro a distanza. Ora c’è la necessità di riprendere il cammino ed è prioritaria una decisa azione per far ripartire il Paese. È indispensabile dunque dare vita a un ampio programma di investimenti pubblici per rilanciare l’occupazione e quindi l’intero circuito interno della spesa, dei consumi e far ripartire il Paese, se possibile, con maggior vigore rispetto al recente passato. Ciò deve essere opportunamente accompagnato da norme che impediscano la stasi su tali iniziative, così come abbiamo visto troppe volte”.
In riferimento agli investimenti nel settore formazione, istruzione e ricerca, Pacifico ha riportato tutti i punti segnalati dal Governo intorno al tema degli investimenti su istruzione, formazione e ricerca.
Per gli investimenti in ricerca e formazione, la parola d’ordine rimane “risorse”, a fronte di una politica dei tagli sul settore che non ha eguali nell’area OCDE sia in relazione al PIL, che per studente. L’Italia è l’unico Paese dell’Ocse che dal 1995 non ha aumentato la spesa per studente nella scuola primaria e secondaria a dispetto di un aumento in media del 62% degli altri. Negli ultimi anni sono addirittura aumentate del 100% le tasse richieste dalle Università agli studenti fuori corso: soltanto il 15% degli italiani tra i 25-64 anni ha un livello di istruzione universitario rispetto a una media OCSE del 32%, la percentuale di studenti quindicenni che spera di conseguire la laurea è scesa dal 51,1% del 2003 al 40,9% del 2009, il numero degli insegnanti italiani con età media over 55 (lavoratori fragili) riguarda il 60% del personale. Questi dati, in verità, dovuti al blocco del turnover, alla precarizzazione del rapporto di lavoro, a un nuovo sistema di finanziamenti delle stesse università, non possono esser slegati da una politica miope che in questi anni ha operato in Italia tagli lineari in un settore che è stato ritenuto dagli altri Paesi nevralgico per il rilancio della crescita.
Il precariato rimane un problema urgente: parliamo di 200 mila posti sono stati ridotti tra docenti e Ata negli ultimi sei anni per effetti dei piani di razionalizzazione. Un sesto dell’organico di diritto è andato perduto a fronte di 75 mila posti ridotti nei restanti due terzi dei comparti pubblici: ciò ha portato la scuola a collezionare il 75% dei tagli adottati dalla Spending Review. È stato ridotto di un sesto anche l’orario scolastico, tanto che nel 2013 l’Italia è scesa a 4.455 ore studio nell’istruzione primaria rispetto alle 4.717 dell’Ocse e 2.970 in quella superiore di primo grado rispetto alle 3.034 sempre dell’Ocse con un tasso di NEET tra i 15 e i 29 anni del 23,2% rispetto al 15,8% dell’Ocse. Anche le scuole autonome sono state investite dalla riforma: una su tre è stata cancellata come sede di direzione con processi di dimensionamento che oltre a ridurre l’organico di dirigenti e Dsga di 4.000 unità ne hanno colpito il funzionamento con il risultato di quattro plessi in media retti da una scuola a distanza, senza peraltro più retribuire le reggenze affidate ai vicari. Nell’università si è persino nel 2011 fatto un clamoroso passo indietro dopo l’annuncio di un bando di concorsi per 6mila ricercatori, fino ad arrivare dapprima alla messa ad esaurimento del ricercatore a tempo indeterminato e poi alla proroga delle percentuali di blocco del turnover almeno fino al 2018, per risparmiare ulteriori 182 milioni di euro dal FFO, tradendo così la carta europea dei ricercatori.
AUMENTANO I DOCENTI PRECARI
Le stesse esigenze di cassa, da vent’anni, costringono il Miur a certificare l’utilizzo del 15% del personale con contratti a tempo determinato per l’ordinario funzionamento: nell’a.s. 2013-2014 i docenti precari erano 137.000, nell’a.s. 2020/2021 saranno più di 200 mila.
Alla luce di queste considerazioni, occorre rivedere la normativa al fine di: ripristinare il ruolo del ricercatore a tempo indeterminato, assegnandogli compiti didattici, oppure introdurre la figura del professore junior come proposto dal CUN, ristabilendo altresì una figura di ricercatore a tempo determinato per esclusiva attività di ricerca, com’era prevista dalla legge n. 230/2005; far passare gli attuali ricercatori a tempo determinato nella seconda fascia della docenza; eliminare i vincoli numerologici introdotti dalle recenti riforme perseguendo l’urgenza di semplificazione; abolire il sistema di programmazione del personale denominato PROPER, restituendo agli Atenei la responsabilità di programmare in autonomia il proprio futuro, lo sviluppo scientifico e tecnologico del nostro Paese e la formazione dei nostri giovani; lasciare che la valutazione della ricerca venga effettuata da soggetti terzi che dimostrino solide competenze e impiegare le risorse risparmiate con l’abolizione di agenzie e commissioni poco utili e con l’abbandono di servizi informatici comunque inefficienti per finanziare, invece, un programma nazionale di reclutamento di giovani ricercatori; investire sulla qualità della formazione per la didattica delle discipline, restituendo importanza al “cosa si insegna” parallelamente al “come si insegna”. Serve, oggi più di ieri, nella scuola, nelle accademie e nei conservatori personale docente e amministrativo di ruolo, motivato e in grado di dare stabilità al sistema.
Per questo motivo è necessario: avviare immediatamente una procedura di assunzione straordinaria per soli titoli per assumere in ruolo i docenti con almeno tre anni di servizio utilizzando anche le graduatorie di circolo e d’istituto già disponibili per un piano straordinario di 200 mila unità aggiuntive a quelle già autorizzate; per la scuola primaria e dell’infanzia, dove ancora è più forte l’istanza della continuità didattica, procedere alla conferma nei ruoli di tutti i docenti assunti con clausola rescissoria, anche in considerazione del superamento dell’anno di prova; trasformare in organico di diritto per le immissioni in ruolo e i trasferimenti tutto l’organico curricolare e su posti di sostegno; rivedere gli organici nel rapporto alunni/classi, alunni/scuole autonome, alunni/insegnanti, alunni/Ata per garantire il corretto distanziamento sociale, la sicurezza durante l’attività didattica, per migliorare gli apprendimenti, contrastare la povertà educativa e il tasso di dispersione scolastica nonché le diseguaglianze sociali; rivedere i concetti di scuola a tempo pieno e a settimana corta: la scuola non deve essere un parcheggio settimanale ma rispettare i tempi di recupero fisico e mentale degli alunni e fornire strumenti di comprensione del mondo reale; garantire maggiore flessibilità anche per le cattedre dei docenti, che potrebbero essere miste in presenza di più titoli di accesso, ripristinando l’insegnamento per moduli nella scuola primaria e dell’infanzia con l’insegnamento specialista in lingua inglese e il docente di educazione fisica; stabilizzare almeno 40 mila unità di personale Ata ed educativo attraverso l’utilizzo delle graduatorie 24 mesi e la realizzazione dei profili professionali già prevista dal contratto.
È, inoltre, indispensabile dotare le scuole di un organico di potenziamento Ata per garantire assistenti amministrativi e collaboratori in numero adeguato alle molteplici incombenze. Infine, devono immediatamente essere attivati i corsi di aggiornamento, sempre a distanza, per coloro che in questi anni hanno acquisito autonomamente competenze specifiche e chiedono il riconoscimento delle effettive professionalità e responsabilità su tutti i profili.
LE CONCLUSIONI
Per concludere, sugli investimenti suggeriamo di vincolare almeno 10-12 miliardi previsti nel Recovery Fund per il 2020/2027 alla Scuola per compensare quanto è stato sottratto negli ultimi dodici anni. Allo stesso scopo, si potrebbero impiegare parte dei fondi previsti nel “Piano per il Sud” per il triennio 2020-22 e del Fondo di Coesione sociale attuale e quello programmato per i prossimi anni.
Occorrono anche infrastrutture più efficienti; infatti, alla luce delle disposizioni per il distanziamento sociale, è necessario un nuovo piano per l’edilizia scolastica. Il primo intervento immediatamente percorribile è la riduzione del numero di studenti per classe consentendo il distanziamento di 1,5 m in tutte le direzioni tra le persone presenti, con classi al massimo di 20 unità, ripristinando i plessi dismessi prima del dimensionamento scolastico del 2007.
È necessario, inoltre, un piano di sviluppo economico incentrato sulla tutela e la promozione del patrimonio culturale attraverso anche il potenziamento delle filiere di rappresentanza dell'Italia all'estero, con un piano di riconversione industriale e di riprogrammazione del sistema produttivo legato all’economia sostenibile.
La regolamentazione e armonizzazione di strumenti a distanza nei rapporti tra la scuola e l’utenza, inoltre, favorisce l’efficientamento di questa parte della pubblica amministrazione nei confronti della comunità nella quale è inserita e nel rapporto con le imprese che ne fanno parte.
Bisogna poi introdurre una riforma della giustizia che porti alla certezza del diritto e al rispetto delle norme comunitarie, costituzionali e legislative, semplificando l’apparato normativo e ripristinando la centralità delle norme contrattuali con un’armonizzazione tra settore pubblico e privato. Ripristinare e potenziare le conciliazioni e la concertazione per dirimere le questioni “scolastiche”, con organi interni alle scuole, ad esempio, servirebbe ad evitare che i tribunali amministrativi siano intasati.
La scuola italiana è un esempio a livello mondiale nell’ambito dell’inclusione scolastica, un sistema virtuoso, però, che negli anni si è inceppato a causa dell’esiguo numero di docenti specializzati che le nostre università hanno formato e della dotazione organica destinata a coprire soltanto il 60% della domanda in organico di diritto senza pensare le cattedre negate ogni anno alle famiglie per esigenze di cassa. Per questo, proponiamo di organizzare, a beneficio di tutti i docenti con almeno tre anni di servizio su sostegno, corsi di specializzazione on line, da affiancare a un anno di tirocinio attivo, retribuito come normale docenza, presso le scuole sotto la supervisione dei colleghi in ruolo ai fini della loro stabilizzazione dopo quella degli insegnanti che hanno già conseguito la specializzazione universitaria. Ci sono 80 mila posti in deroga da convertire in organico di diritto.
In merito all’inclusione sociale sono urgenti anche misure di contrasto alla dispersione scolastica che occorre affrontare prevenendo la condizione di drop out e fenomeni di Early School Leavers e NEET anche con piani straordinari per i territori in difficoltà, attraverso: organici potenziati in rapporto alle esigenze del territorio per apertura scuola anche in orario extracurriculare e l’anticipo dell’obbligo scolastico a 5 anni con estensione fino ai 18 anni.
PER APPROFONDIMENTI:
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