Lombardia e Veneto spingono per la gestione “fatta in casa” di diversi servizi pubblici, ad iniziare da quello scolastico. Solo che per realizzarlo il Governo dovrebbe drasticamente tagliare diversi fondi oggi assegnati agli istituti del Sud del Paese già in difficoltà. Marcello Pacifico (Anief): Con il via libera al modello imposto dalla Lega, sulla scia di quello adottato già nelle province a statuto speciale di Trento e Bolzano, tornato in auge dopo le elezioni europee di domenica scorsa, stravinte dal Carroccio, si andrebbe a realizzare una secessione mascherata da una Costituzione violata in diversi punti. Una chimera la promessa di stipendi maggiori sul modello trentino perché lo Stato, dopo aver prosciugato il Meridione, non avrebbe ulteriori risorse. Anief è pronta a rivolgersi alla Consulta.
Il modello a cui la Lega si ispira per introdurre la regionalizzazione scolastica, applicando l’articolo 116 della Costituzione per oltre 70 anni non adottato (chissà perché), potrebbe coinvolgere subito almeno un lavoratore della scuola su quattro. A questi dipendenti, che lavoreranno diverse ore in più a settimane, è vero che potrebbe arrivare ad assegnare circa 200 euro in più, intervenendo sul contratto integrativo, ma “per ottenere i fondi, nonostante le assicurazioni della ministra leghista Erika Stefani, non si potrà che attingere alle risorse generali togliendo disponibilità e servizi alle altre diciotto regioni, a partire dalle scuole del Sud”, ha sottolineato qualche settimana fa La Repubblica.
L’organizzazione che la Lega vuole emulare è quella della Province autonome di Trento e Bolzano. “Là i nove decimi delle tasse pagate sul territorio restano a casa e in quel modo gli stipendi degli insegnanti di Bolzano riescono a pesare un 30 per cento in più di quelli pagati nel resto d’Italia”. E “per arrivare a questo obiettivo — docenti meglio retribuiti in Lombardia e Veneto e più stanziali, risorse dell’Ufficio scolastico regionale e degli Uffici d’ambito territoriale, oggi di Stato, trasferite alla Regione — si dovrà passare attraverso la creazione di altri quattro binari (quattro per regione) sui cui correranno i concorsi, le assunzioni, i precari ancora senza cattedra: la novità riguarderà sia i docenti di ruolo che quelli a tempo determinato”.
Le anticipazioni riguardano anche il destino di questo personale: “Nelle tre regioni del Nord che chiedono l’autonomia differenziata — ma l’Emilia vuole più poteri solo sull’istruzione tecnico-professionale - lavora il 23 per cento dei docenti: sono 176 mila. Solo Lombardia e Veneto hanno chiesto le graduatorie parallele su base volontaria: significa che entro un anno dall’approvazione della legge un docente, un preside, un amministrativo potranno chiedere di essere trasferiti alla nuova scuola regionale”.
È questo l’obiettivo della Lega. Ed è questo modello a cui i vertici del partito vogliono arrivare in breve tempo. A ribadirlo è stato il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini, indicando, a caldo, i provvedimenti sui quali l’Esecutivo deve ora accelerare, subito dopo avere appreso l’esito positivo delle elezioni europee. Alle parole di Salvini si aggiungono quelle recenti pronunciate da un alto esponente leghista, il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, per il quale l’autonomia è un’opportunità che porterebbe maggiori risorse.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “il processo di autonomia differenziata condurrà verso la scuola ‘spezzatino’: si verrebbe a creare un sistema scolastico spezzettato, non più dettato da una linea nazionale unitaria dei percorsi formativi. Il tutto verrebbe gestito da governatori che spesso in passato hanno pensato a gestire importanti fondi più per benefici personali che per il bene del servizio che si deve realizzare”.
“Tra l’altro, sul modello regionale che si vuole ora imporre, ci sono da considerare anche i forti dubbi espressi dal Mef, secondo cui la regionalizzazione della scuola sarebbe troppo costosa, oltre alle perplessità del M5S, che vorrebbe un modello di autonomia differenziata meno spinto e più ragionato, senza abbandonare al loro destino le scuole e i servizi del meridione e delle isole maggiori, su cui pesano come macigni la mancanza di strutture e istituzioni a supporto”, conclude il presidente Anief.
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