Non si arresta la parabola crescente dell’età media anagrafica del corpo insegnante della Penisola. Dai dati pubblicati oggi nel rapporto Ocse "Education at a glance" 2016, risulta che sei/sette prof su dieci che operano nella nostra Penisola sono ultracinquantenni: nel 2009 erano il 52%. Gli under 30, invece, sono una rarità e un percentuale infinitesimale. Il Governo, comunque, non fa nulla per ribaltare questo andare: i docenti più giovani, gli oltre 80mila che stanno nelle graduatorie d’istituto, continuano infatti a essere esclusi dalle GaE e dalla stabilizzazione; il piano di assunzioni attuato con la Buona Scuola ha riguardato, inoltre, in prevalenza precari storici e una piccola parte dei vincitori del Concorso a cattedre 2012. Con l’ultimo concorso, si è persa l’ennesima occasione per ridurre l’età media: tra le 15 categorie di insegnanti estromesse dalla selezione c’erano anche tantissimi laureati, dottori di ricerca, diplomati in Accademia e in Conservatorio, laureandi in Scienze della formazione primaria e un nutrito numero di abilitandi dei corsi Pas e Sostegno.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): se il Governo ci avesse dato ragione, non saremmo stati costretti a presentare un numero record di ricorsi, sui quali pende ancora il parere ultimo dei giudici, proprio per far accedere al Concorso a cattedra dei docenti neo laureati e con l’abilitazione in dirittura d’arrivo. Invece, si sono fatte prevalere le solite logiche incomprensibili e burocratiche.
Gli insegnanti italiani risultano i più anziani dei Paesi Ocse: leggendo il rapporto Ocse "Education at a glance" 2016, pubblicato oggi, emerge che sei/sette prof su dieci che operano nella nostra Penisola sono ultracinquantenni: 58% nella scuola primaria, 59% nelle medie e addirittura il 69% nelle superiori. In appena sette anni, i docenti over 50 sono incrementati del 10%: gli under 30, invece, costituiscono una rarità e una percentuale infinitesimale. Dal documento si darebbe atto al Governo italiano di aver varato un piano di assunzioni che potrebbe "ringiovanire" il corpo insegnante del Paese.
Anief ritiene questa considerazione non corretta per i seguenti motivi: prima di tutto, i docenti più giovani, gli oltre 80mila che stanno nelle graduatorie d’istituto, continuano a non essere inclusi nelle GaE e quindi esclusi dalla stabilizzazione; il piano di assunzioni attuato con la Buona Scuola ha, poi, riguardato in prevalenza precari storici e solo una piccola parte dei vincitori del concorso a cattedre bandito nel 2012. Con l’ultimo concorso, terminato solo per una parte delle commissioni a causa dell’imprevisto boom di bocciature, tra l’altro privo di programmazione e con oltre 20mila posti a bando che andranno persi, il Governo ha quindi perso l’ennesima occasione per ridurre drasticamente l’età media dei nostri insegnanti.
Il sindacato ricorda che tra le 15 le categorie di insegnanti estromesse dalla selezione nazionale c’erano anche tantissimi laureati, i dottori di ricerca, i diplomati in Accademia e in Conservatorio, i laureandi in Scienze della formazione primaria e anche un nutrito numero di abilitandi dei corsi universitari Pas e di Sostegno, che per esercitare il mestiere d’insegnante hanno pagato una tassa universitaria variabile tra i 3mila e i 4mila euro sapendo di terminare il loro percorso formativo entro l’anno accademico 2014/2015, poi rimasti fuori per una manciata di settimane.
“Se il Governo ci avesse dato ragione – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – non saremmo stati costretti a presentare un numero record di ricorsi, sui quali pende ancora il parere ultimo dei giudici, proprio per far accedere al concorso a cattedra dei docenti neo laureati e con l’abilitazione in dirittura d’arrivo. Invece, si sono fatte prevalere le solite logiche incomprensibili e burocratiche. Fatto sta che rispetto al 2009, complice anche la stretta pensionistica voluta dal Governo Monti, ci ritroviamo con un numero di docenti over 50 passato dal 52% al 62%”.
Preoccupa, infine, il sempre minore investimento statale per l’istruzione pubblica in rapporto al PIL, confermato dal rapporto Ocse presentato oggi: Anief ricorda che, purtroppo, è destinato a decrescere, perché da una proiezione realizzata dal Ministero dell’Economia e delle Finanzenel 2015, risulta che nei prossimi anni il finanziamento pubblico a favore dell’istruzione delle nuove generazioni si ridurrà ulteriormente: fino ad attestarsi, nel 2035, ad una perdita di quasi un punto percentuale (dal 4% al 3,2%).
Per approfondimenti:
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Panorama: Pensione anticipata, chi può andarci
Repubblica: Scuola, nel 2015 corsa dei prof alla pensione: il 70% in più
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