Lo ha detto Marcello Pacifico (Anief-Confedir) intervenendo stamane alla chiusura degli "Stati Generali della Scuola" organizzati dal Movimento 5 Stelle: tra soli due giorni su questi temi si esprimerà la Corte di Giustizia europea, che decreterà la fine dei temporeggiamenti a cui ci ha abituato il nostro Stato. Tra gli immessi in ruolo dovranno esserci poi anche i neoabilitati e gli Ata. Occorre poi che le buste paga vengano adeguate al costo della vita: servono 8mila euro a lavoratore di arretrati. Come bisogna farla finita di tenere bloccata la carriera degli assunti dal 2011 in poi. Ribadita, infine, la richiesta di alzare l’obbligo formativo a 18 anni: è l’unico modo per debellare la piaga della dispersione, che ci vede 10 punti sopra le indicazioni Ue.
“Il Governo si metta in testa che il tempo dei temporeggiamenti e dei sotterfugi sui precari della scuola è scaduto: tra due giorni la Corte di Giustizia europea si esprimerà sull’utilizzo reiterato e immotivato dei dipendenti scolastici non di ruolo. Se, come tutto fa supporre, i giudici di Lussemburgo daranno ragione alle rivendicazioni poste prima di tutti dall’Anief nel 2010, per oltre 150mila docenti si apriranno finalmente aprire le porte del ruolo. Poi sarà la volta dei loro stipendi indegni, che devono essere almeno adeguati al costo della vita”. Lo ha detto stamane Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, alla Camera dei Deputati, sala Tatarella, intervenendo alla chiusura degli "Stati Generali della Scuola" organizzati dal Movimento 5 Stelle.
Durante il suo intervento, il sindacalista Anief-Confedir si è soffermato sul mutato contesto giuridico internazionale sul fronte del lavoro e di cui il Governo deve tenere conto. “La decisione di assumere in questo momento 148mila docenti precari attraverso la Legge di Stabilità – ha detto Pacifico – non è casuale, ma è figlia della nostra lunga battaglia. L’Esecutivo sa bene che continuare a tenere la testa nella sabbia comporterebbe l’avvio di decine di migliaia di sentenze nelle aule del tribunale. E come è già avvenuto in diversi casi negli ultimi mesi, i precari si ritroverebbero assunti d’ufficio. E laddove questo non dovesse avvenire i giudici procederanno a sentenziare risarcimenti così onerosi da superare i costi che lo Stato avrebbe dovuto affrontare in caso di assunzione”.
Dopo aver ricordato che di questi temi si discuterà giovedì prossimo in Parlamento, durante il convegno Anief a commento della sentenza della Corte di Giustizia Ue, Pacifico ha poi ricordato che nel piano “La Buona Scuola” sono stati clamorosamente dimenticati almeno altri 100mila docenti precari e 17mila amministrativi, tecnici ed ausiliari: “sono tutti lavoratori che hanno superato ampiamente i 36 mesi di servizio per accedere all’assunzione d’ufficio – ha ricordato -: basti pensare che circa 70mila hanno conseguito l’abilitazione attraverso i Pas, i Percorsi abilitanti speciali, che tra i requisiti avevano proprio quello di aver svolto almeno tre supplenze annuali. E diverse altre migliaia figurano tra i precari ‘storici’ perché abilitati tramite la scuola magistrale o da concorso a cattedra risalenti a circa 15 anni fanno. In questi anni si sono spesi per la scuola, fanno questa professione da tempo, hanno assunto professionalità ed ora hanno diritto alla stabilizzazione”.
Il sindacalista Anief-Confedir si è poi voluto soffermare sugli stipendi del personale della scuola: “un docente a fine carriera guadagna oggi in media tra gli 8mila e i 9mila euro in meno di un collega dell’area Ocde. La stessa cifra è quella che il Governo deve mettere sul piatto per pareggiare il gap di mancato adeguamento dello stipendio al costo della vita, avendo bloccato le buste paga dal 2009 fino a tutto il 2018: oggi i loro stipendi sono sotto l’inflazione di almeno il 4 per cento e nei prossimi anni, se non si interviene con un finanziamento adeguato, potrà solo andare peggio. Il bonus di 80 euro, peraltro riservato solo a chi ha stipendi più bassi, oppure l’adeguamento per il merito, anche questo indirizzato solo al 66 per cento dei docenti di ruolo, costituiscono solo un acconto”.
Pacifico ha poi ricordato che i più penalizzati tra i lavoratori della scuola sono i neo assunti: “il Governo si appresta ad assumere 150mila nuovi docenti, ma – ha detto - ha l’intenzione di tenerli a stipendio fermo per la cancellazione del primo gradone stipendiale introdotta nel 2011 con l’accordo di alcuni sindacati: nella Legge di Stabilità, all’art. 3, è previsto uno stanziamento di un miliardo per il 2015 e di tre miliardi nei successivi, proprio per finanziare queste assunzioni. Se questo non avverrà, se continuerà a tenerli con la carriera bloccata, significherà esporsi anche su questo fronte alle condanne della giustizia europea”.
Il presidente Anief ha quindi esortato il Governo a portare l’obbligo formativo a 18 anni, “così come con lungimiranza aveva tentato l’ex ministro Luigi Berlinguer tre lustri fa, perché è l’unico modo per elevare i tassi di diplomati e nel contempo ridurre la dispersione”. Proprio oggi, a tal proposito, la rivista Tuttoscuola ha confermato che “il tasso di dispersione negli istituti statali della secondaria di II grado è sceso al 27,3%, con un decremento di 0,6 punti rispetto al tasso del 27,9% rilevato per il 2013-14. Pur con un lieve miglioramento, quel 27,3% resta comunque un tasso di dispersione troppo alto. Non fa apparire meno grave – prosegue Tuttoscuola - il fenomeno osservare l’indicatore degli Early School Leavers, cioè dei giovani 18-24enni che non hanno conseguito un titolo di studio o una qualifica dopo la terza media, preso a riferimento dall’Europa”.
“Quella sulla dispersione scolastica – ha concluso Pacifico – è una piaga tutta italiana che necessita di interventi radicali: assieme all’elevazione di due anni dell’obbligo formativo, occorre un serio piano di sviluppo dell’alternanza scuola lavoro, sul modello della Germania. Oltre che maggiorare gli organici del personale scolastico, andando oltre agli standard nazionali che servono per comporre le classi, proprio nelle zone dove gli abbandoni scolastici sono maggiori e l’offerta socio-culturale è ridotta ai minimi termini”.
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