La scelta dei docenti, da compiersi attraverso degli albi provinciali da cui i presidi attingerebbero in piena libertà di scelta, è l’ultima novità che il Governo ha inserito nel ddl in via di approvazione in CdM: la si vorrebbe applicare a tutti coloro che entreranno in ruolo da quest’anno. In prima battuta per dare vita all’organico funzionale, in base alla progettazione delle scuole e alle esigenze di ampliamento dell'offerta formativa. Ma anche per conferire le supplenze, pur in presenza di candidati privi di abilitazione: basterebbe il titolo di studio compatibile. Pare, però, che il vero obiettivo sia estendere il modello a tutto il sistema di reclutamento.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): fa un certo effetto sapere che a proporre questo modello è quello stesso Esecutivo a cui tanto sta a cuore il merito del personale. Un concetto che è in antitesi, inevitabilmente, con le procedure di scelta del personale che passano per la discrezionalità. Eppure abbiamo già vissuto l’esperienza fallimentare dello spoils system della dirigenza pubblica, che non risponde ai risultati attesi. Per non parlare della scelta di ministri, parlamentari e direttori generali.
“Costruire albi a carattere provinciale, dai quali poi sarebbero direttamente i dirigenti a scegliere i docenti da far lavorare a scuola in base ai curricula dei candidati e all’offerta formativa”: è dunque la chiamata diretta dei docenti, da compiersi attraverso degli albi provinciali da cui i presidi attingerebbero in piena libertà di scelta, l’ultima novità introdotta dal Governo. La notizia è stata annunciata oggi dalla stampa nazionale, secondo cui l’ipotesi di norma farebbe già parte del disegno di legge di riforma della scuola, che, salvo ulteriori rinvii, arriverà dopodomani in Consiglio dei ministri. E, in caso di approvazione parlamentare, verrebbe già applicata a tutti “coloro che entreranno in ruolo da quest’anno”.
La notizia è confermata dalla stampa specializzata, la quale, sempre oggi, spiega che “nel testo "La Buona scuola" e nel testo del DDL, la "chiamata diretta" riguarda soltanto l'organico funzionale (o dell'autonomia), legandola alla progettazione delle scuole e alle esigenze di queste ultime nell'ampliamento dell'offerta formativa. Stessa libertà per quanto riguarda le supplenze: saranno i dirigenti ad assegnarle all'interno del personale disponibile nell'organico dell'autonomia, anche senza specifica abilitazione, basta il titolo di studio compatibile. Pare, però, che le parole di Renzi nascondessero un ampliamento del progetto e che l'applicazione all'organico dell'autonomia non sia che un primo passo”, sottolinea Orizzonte Scuola.
L’attuale Governo con maggioranza di centro-sinistra, dunque, vorrebbe realizzare quello che nemmeno l’Esecutivo più politicamente spostato a destra è mai riuscito a fare. Ma soprattutto, se si realizzasse questo progetto di selezione del personale docente della scuola pubblica, si commetterebbe una grave infrazione riguardo alle norme vigenti. Le quali prevedono che in Italia si può diventare insegnanti solo dopo aver superato un apposito concorso pubblico. Senza dimenticare la normativa UE.
“Si sta cercando di fare di tutto per violare le regole sui contratti a termine stabiliti da precise direttive e sentenze comunitarie, in base alle quali un docente che risponde a determinati parametri, relativi ai titoli e ai servizi svolti, deve essere stabilizzato”, commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir. “Ora, dopo che per decenni tutto questo non è stato fatto, abusando in modo indiscriminato dei contratti a termine, con docenti sfruttati, senza dare mai loro possibilità di essere immessi in ruolo, non solo si continua a negare questo diritto ad oltre 100mila abilitati dopo il 2011, ma si tira di nuovo fuori dal cappello la proposta della chiamata diretta”.
“Fa soprattutto un certo effetto – continua Pacifico – sapere che a proporre questo modello è quello stesso Esecutivo a cui tanto sta a cuore il merito del personale. Un concetto che è in antitesi, inevitabilmente, con le procedure di scelta del personale che passano per la discrezionalità: quelle, per intenderci, che portano ad individuare i meritevoli del posto non in base ai titoli conseguiti e al servizio svolto, ma ad altri parametri. Come l’amicizia, la parentela, l’affiliazione e il clientelismo”.
“La realtà – continua il sindacalista Anief-Confedir – è che lo Stato non può rinunciare al principio di buon andamento, imparzialità e ragionevolezza nel predisporre un servizio pubblico. Ancora di più perché in ballo c’è la crescita e la preparazione dei nostri giovani. Il problema non è il giudizio, ma il metodo. Perché abbiamo l’esperienza fallimentare dello spoils system della dirigenza pubblica, che non risponde ai risultati attesi. Per non parlare della scelta di ministri, parlamentari e direttori generali”.
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