Dal testo “licenziato” dalla VII Commissione Cultura risulta che gli unici cambiamenti rispetto a quello iniziale riguardano solo il ruolo dei presidi nell’intraprendere le strategie generali della scuola dell’autonomia, che continueranno ad essere condivise con gli organi collegiali. Non c’è stato alcun progresso, invece, per quanto riguarda la scelta soggettiva dei docenti sulla base degli albi territoriali e i premi pecuniari da assegnare ad una nicchia del personale. Addirittura, sempre secondo il ddl da approvare, il preside potrà utilizzare i professori in classi di concorso diverse da quelle per le quali sono abilitati. Brutte notizie anche per quanto riguarda gli incentivi da 60 euro netti mensili: non ne beneficerà il 66%, come previsto otto mesi fa, ma appena il 10% del personale ‘meritevole’.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): altro che venire incontro al sindacato, la nuova versione del ddl risulta peggiorativa: lascia inalterato l’incremento stipendiale, ma la rosa di docenti e Ata beneficiari degli incentivi si riduce drasticamente. Inoltre, continua a permettere ai dirigenti di scegliersi una parte del personale, come se si trattasse di dipendenti aziendali. E per la scelta del personale, si vorrebbero far cadere le graduatorie oggettive: il rischio è un modello di reclutamento che favorisce il nepotismo imperante.
Non è vero che il disegno di legge 2994 lascia inalterato l’attuale status professionale dei dirigenti scolastici: rispetto alla versione approvata dal Governo, gli emendamenti approvati negli ultimi giorni dalla Commissione Cultura della Camera hanno infatti ridotto solo la portata delle scelte strategiche del capo d’Istituto nella nuova scuola dell’autonomia, che continueranno ad essere condivise con gli organi collegiali. Nello specifico, il rinnovato articolo 2 del ddl prevede che “la funzione del dirigente scolastico, nel rispetto delle competenze degli organi collegiali, garantisce un'efficace e un'efficiente gestione delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche e materiali”. Inoltre, nell’articolo 3, comma 11, visto che è stato deciso che i dirigenti scolastici, con riferimento al piano triennale dell’offerta formativa ai sensi del comma 6, individuano (non più “scelgono”) il personale da assegnare ai posti dell’organico dell’autonomia.
Non c’è stato alcun progresso, invece, per quanto riguarda gli altri punti del ddl, che mantengono davvero troppi poteri in mano ai presidi. Ad iniziare la scelta soggettiva dei docenti sulla base degli albi territoriali e i premi pecuniari da assegnare ad una nicchia del personale. In pratica, i docenti potranno inviare la propria candidatura. Ma in caso di graduatoria esaurita, sarà poi Il dirigente scolastico ad “utilizzare il personale docente in classi di concorso diverse da quelle per le quali è abilitato, purché possegga titoli di studio, validi per l’insegnamento della disciplina, percorsi formativi e competenze professionali coerenti con gli insegnamenti da impartire” (art. 7, comma 2). La proposta di incarico dovrà avvenire sulla base di una serie di criteri: “durata triennale e rinnovabile per ulteriori cicli triennali; 'conferimento degli incarichi con modalità che valorizzino il curriculum, le esperienze e le competenze professionali, anche attraverso lo svolgimento di colloqui'; trasparenza e pubblicità degli incarichi conferiti e dei curricula dei docenti attraverso la pubblicazione sul sito internet della scuola”.
Nessuna buona nuova nemmeno per il conferimento dei premi e la valutazione dei docenti: anche queste funzioni, che nella visione della riforma del Governo risultano centrali, rimarranno in capo al dirigente scolastico. In particolare, per quanto concerne i 200 milioni di premialità da assegnare agli insegnanti più “bravi”, nella scelta il dirigente scolastico sarà affiancato da un Comitato di valutazione di cui faranno parte due docenti, due rappresentanti dei genitori e (solo alle superiori) uno studente. Inoltre, la premialità potrà essere utilizzata per trattenere" gli insegnanti ritenuti validi nell’istituto dove sono in servizio. Sempre i dirigenti scolastici potranno individuare fino al 10% di docenti che lo 'coadiuvano' nel supporto organizzativo e didattico, in modo da costituire lo staff del capo d’Istituto.
Quest’ultimo passaggio conferma quanto temeva l’Anief da tempo: i pochi soldi inviati agli istituti per incentivare il personale meritevole andranno ad una nicchia di dipendenti, per lo più vicina alle simpatie del dirigente scolastico. Facciamo due conti: lo stanziamento complessivo dei 200 milioni prefissati, va infatti suddiviso per i quasi 8.500 istituti autonomi: considerando che dai circa 24mila euro destinati, in media, ad ogni scuola vanno però detratti fino a 10mila euro per i vicari dei presidi, la rimanenza (tra i 14mila e i 15mila euro) sarà quella che dovranno suddividersi tutti gli altri insegnanti. Ammesso che a beneficiarne sia il 10% di personale ‘meritevole’, la quota di aumento mensile di incentivo non dovrebbe superare le 60 euro nette.
“La stessa cifra – ricorda Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – che il Governo ha indicato nella versione iniziale della riforma ‘La Buona Scuola’ presentata all’inizio dello scorso mese di settembre. Solo che l’aumento, per quel progetto, era allargato al 66% di personale. Che, in mancanza di aumenti da sei anni, a causa del blocco stipendiale, e pure dell’indennità di vacanza contrattuale e con la nera prospettiva di vedere confermato tutto questo sino a tutto il 2018, avrebbero rappresentato almeno una boccata d’ossigeno per due docenti su tre per riportare le loro buste paga almeno al livello del costo della vita”.
“Considerando che su questo versante delle riforma non è stato introdotto nemmeno un emendamento di quelli proposti dall’Anief – continua Pacifico - la nuova versione del ddl risulta addirittura peggiorativa: lascia inalterato l’incremento stipendiale, ma la rosa di docenti e Ata beneficiari degli incentivi si riduce drasticamente. Inoltre, continua a permettere ai dirigenti scolastici di scegliersi una parte del personale, come se si trattasse di dipendenti aziendali”.
“È quasi inutile, invece, commentare la volontà governativa di introdurre una norma illegittima sulla scelta del personale non più sulla base di graduatorie oggettive. Il rischio di questo nuovo modello di reclutamento è quello del nepotismo imperante: perché da sempre, in caso di esaurimento delle graduatorie, molti presidi hanno dimostrato di non conoscere la parola etica, ma di voler spesso scegliere per le supplenze le persone a loro più vicine, ad iniziare da nipoti e amici. Ora, si vuole legalizzare questo scempio. Che significherebbe – conclude Pacifico – la fine della scuola pubblica, intesa costituzionalmente come garanzia di eguali possibilità di accesso alla formazione e all’insegnamento”.
Per approfondimenti:
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