Per vedere novità nel disegno di legge di riforma bisognerà ora appellarsi al Senato, dove però saranno ammessi solo quelli bocciati in VII commissione di Montecitorio. Siamo di fronte a un paradosso, perché si sta approvando il provvedimento malgrado le forti proteste di queste ultime settimane, culminate con diversi scioperi con adesioni record. E al Governo si lamentano anche perché i sindacati fanno ricorso.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): se siamo costretti al rimedio estremo, l’impugnazione in tribunale, è solo per la cattiva amministrazione di chi governa la scuola. E che anche dopo aver prodotto danni non indifferenti lascia l’incarico sistematicamente impunito.
Sulla riforma della scuola non solo il Governo continua a procedere senza ascoltare la piazza, ma d’ora in poi in Parlamento sarà molto difficile poter cambiare il testo del disegno di legge 2994 uscito nelle ultime ore dalla Commissione Cultura della Camera: i tempi per ulteriori eventuali modifiche da apportare sono stati strettissimi e sono già scaduti. A questo punto, per approvare gli altri emendamenti bisognerà spostarsi in Senato, dove però saranno ammessi solo quelli bocciati in VII commissione di Montecitorio. Il rischio che si corre, a questo punto, è che il testo che uscirà da Palazzo Madama, nei piani del Governo nella seconda decade giugno, sarà praticamente lo stesso in procinto di essere licenziato alla Camera.
Forse, però, i giochi non sono ancora fatti: il ddl potrebbe infatti cambiare faccia sia per volontà politica, sulla spinta della piazza, sia a seguito dell’esito del voto derivante delle prossime elezioni regionali. Se non è stato fatto sinora è solo per la mancanza di volontà da parte delle istituzioni di ascoltare quanto sostengono da mesi gli addetti ai lavori. E a chi dice, nel Governo, in particolare il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone, che “i sindacati fanno falli di frustrazione” derivante dalla “rabbia accumulata per tutti quei provvedimenti che non sono riusciti a bloccare” e che “hanno utilizzato le devastanti graduatorie per fare fortuna”, ricordiamo che è solo grazie al sindacato che le lavoratrici e lavoratori della scuola hanno ancora la speranza di una scuola più giusta, più efficiente e democratica
Il sindacato è convinto che se sempre più spesso sono i tribunali a dover porre rimedio alle ingiustizie create dal legislatore è soprattutto perché da anni la concertazione è di fatto diventata un tenero ricordo. Con tutti i governi degli ultimi 15 anni, di destra e sinistra, che non si sono fatti problemi a calpestare il diritto e la Costituzione. E le forti proteste di queste ultime settimane, culminati con degli scioperi con adesioni record, è la testimonianza di quanto non sia più tollerato questo modo di procedere.
“Se si è giunti al muro contro muro – ricorda Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – non è certo colpa di chi rappresenta le idee e la volontà dei dipendenti della scuola. Il rimedio estremo, l’impugnazione in tribunale, si è reso necessario non di certo per volontà del sindacato, ma a seguito della cattiva amministrazione di chi governa la scuola. Che crea delle leggi a testa bassa. Come sta facendo l’attuale Governo, che ignora ottusamente la protesta di centinaia di migliaia di lavoratori e la volontà di essere rappresentati, come accaduto a fine aprile in occasione del rinnovo del Cspi quando si sono recati alle urne scolastiche 450mila dipendenti”.
“Secondo noi è arrivato il momento – continua il sindacalista Anief-Confedir – che anche i politici si assumano le loro responsabilità: perché se un dirigente dello Stato commette dei gravi errori nel corso del suo operato deve pagare di tasca propria, un deputato che nel corso del mandato incorre nelle stesse mancanze, producendo un serio danno pubblico e alla collettività, deve sempre e comunque rimanere impunito?”
“Certamente, anche il sindacato è convinto che non occorre presentare ricorsi per essere ascoltato, ma quando si trova ad interagire con un’amministrazione che tratta la scuola in modo superficiale – che non accoglie alcun emendamento e arriva anche a zittire il sindacato convocato per esprimere il proprio giudizio - non c’è altra scelta. Perché la scuola è di tutti, ad iniziare da chi la vive ogni giorno, e non di certo – conclude Pacifico - del politico di turno incaricato di ricoprire quel ruolo per un periodo limitato ad una legislatura”
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