Marcello Pacifico (Anief): invece di trovare la collocazione professionale che merita ai docenti già selezionati e abilitati, si propone una soluzione ideologica e irrealizzabile. Quel che serve alla nostra scuola è piuttosto un nuovo Testo Unico della scuola, che possa contare su risorse vere per migliorare sistema e stipendi. Come avviene in Germania e Stati Uniti.
È irricevibile la proposta formulata oggi a Roma dalla Fondazione Agnelli attraverso il Rapporto ‘La valutazione della scuola. A che cosa serve e perché è necessaria’, attraverso cui si vorrebbero giudicare la qualità delle scuole e dei docenti attraverso dei giudizi soggettivi che andrebbero ad incidere non solo sull’autonomia e sui fondi da destinare agli istituti, ma, avvalendosi dei pareri di dirigenti scolastici, anche sulla scelta dei docenti e sulle progressioni di carriera. Il sindacato Anief reputa questo sistema di valutazione scolastico a tre “gambe” – Invalsi, Indire e corpo ispettivo –, con le modifiche proposte oggi, incompatibile con le esigenze della scuola italiana: in questo modo non si migliora il livello di efficienza dell’istruzione, ma si realizza solo un sistema punitivo e mortificante delle professionalità di chi opera nel settore, spesso in condizioni disagiate e al limite della sopportabilità.
“Dopo anni di investimento sulla formazione iniziale degli insegnanti – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir –, ora la Fondazione Agnelli vorrebbe farci credere che il problema della scuola italiana è nella loro selezione. E nella necessità di delegare i dirigenti a decidere chi è meritevole o no di andare dietro la cattedra. Ma perché questi esperti di scuola non parlano mai dei 200 mila posti dileguati nel nulla negli ultimi sei anni? Perché non fanno cenno alla riduzione del monte orario delle lezioni di un sesto di quello antecedente alle riforme Gelmini, che ci ha portato in fondo alla classifica Ocde sul tempo scuola? Perché non dicono che oltre il 15% del corpo docente italiano è fatto da supplenti che operano su posti vacanti anche da più di 10 anni?”.
Il sindacato non comprende, inoltre, come si possa pensare di introdurre un modello organizzativo di reclutamento che bypassi le selezioni pubbliche di tante decine di migliaia di docenti, tra concorsi e Tfa ordinario. Per non parlare dei Pas, ai nastri di partenza. Invece di trovare una collocazione a questi insegnanti, come meritano, all’interno delle graduatorie ad esaurimento, propongono una soluzione irrealizzabile e di stampo tipicamente ideologico.
“Esporre il futuro professionale di un docente – continua Pacifico – al parere opinabile di un dirigente scolastico produrrebbe non solo una seria minaccia alla libertà di insegnamento, ma anche una violazione del buon andamento e dell’imparzialità della Pubblica Amministrazione. Quel che serve alla nostra scuola è, piuttosto, un sistema complessivo di valutazione, che metta in discussione anche le capacità e l’efficienza degli stessi dirigenti. Mentre l’impressione è che si vuole andare a mettere ancora una volta in discussione le capacità dei docenti, i quali forse si dimentica che sono già in possesso adeguati titoli di studio, specifica abilitazione, corsi specializzanti e idoneità all’insegnamento”.
“La verità è che prima di parlare di riforme – dice ancora il sindacalista Anief-Confedir – occorre adeguare gli stipendi dei docenti italiani agli standard dei Paesi avanzati, allineandoli almeno all’inflazione e cancellando il gap di 8mila euro annuali in meno in media a fine carriera. Non dimentichiamo, poi, che questi docenti operano in scuole autonome collocate spesso in territori particolarmente difficili. E lasciati al loro destino, perché i dirigenti scolastici passano le giornate a rincorrere le 6-7 sedi in reggenza, frutto della scellerata decisione di cancellare 4mila dei 12mila istituti autonomi nell’ultimo triennio ma sempre mantenendo in vita, per ovvie ragioni di servizio pubblico, oltre 50mila plessi. Per tutti questi motivi l’Anief dice no all’introduzione di certi modelli di scuola. Quel che serve è, piuttosto, un nuovo Testo Unico della scuola, che attraverso norme condivise da tutte le parti – conclude Pacifico – rilanci l’istruzione pubblica contando, come avviene in Germania e negli Stati Uniti, su risorse finalmente adeguate”.