Altro che riduzione del gap: anche dopo gli ultimi aumenti, rispetto ai Paesi più vicini all’Italia, gli stipendi degli insegnanti italiani sono più che dimezzati. Lo dicono i raffronti realizzati al termine del decennio di blocco contrattuale, che ha fatto lievitare il costo della vita di quasi 15 punti percentuali. Attraverso i dati salariali dei Paesi europei, determinati dall’ultimo rapporto Education at a glance, sono stati messi a confronto i sistemi educativi dei 35 Paesi membri e sui salari l’Italia risulta in sensibile ritardo. Marcello Pacifico (Anief): Quando si parla di stipendi europei è bene sapere che la forbice si sta sempre più allargando, perché mentre noi introduciamo mini-aumenti dopo lunghi periodi di vuoto contrattuale e pure il conferimento incompleto anche dell’indennità di vacanza contrattuale, gli altri Paesi pensano bene di approvare incrementi veri adeguati all’onere lavorativo che l’insegnamento comporta. Il 17 maggio ci fermeremo e andremo in piazza anche per questo.
LA COMPARAZIONE CON L’UE
Dalla comparazione dei compensi annui lordi del personale docente si evince, in modo netto, che il corpo insegnante italiano percepisce somme largamente inferiori, peraltro a parità sostanziale di ore e di impegno complessivo profuso: dai dati ufficiali, scrive Orizzonte Scuola, risulta che nella scuola primaria “il Paese con le retribuzioni maggiori è la Germania, ove un’insegnante ad inizio carriera percepisce 46.984 euro a fronte dei 23.051 dei maestri italiani, con una differenza di 23.933 euro. Anche con gli altri Paesi, sebbene in misura inferiore, le differenze non sono di poco conto”.
Nella scuola media, “mentre la differenza maggiore ad inizio carriera si ha con i colleghi tedeschi, a fine carriera la differenza maggiore è con l’Olanda. Così un docente italiano della scuola secondaria di primo grado, a fine carriera, percepisce 37.211 euro, un collega olandese ne percepisce 74.435. La differenza dunque è di 37.224 euro”. Non va meglio negli istituti superiori, dove, ancora, “gli stipendi più alti si percepiscono in Germania. Se facciamo un confronto con il Paese con le retribuzioni più basse a fine carriera, ossia la Spagna, la differenza con l’Italia ammonta a 6.417 euro, cifra tutt’altro che indifferente”.
I MOTIVI DELLA PROTESTA
Quando al Miur e al Governo dicono che gli aumenti dell’ultimo anno - di soli 40 euro netti per il 2018 - sono serviti a dare una boccata d’ossigeno ad un milione e 200 mila lavoratori della scuola, sanno bene che le cose non stanno così. Per voltare pagina, non possono bastare i 100 euro promessi a seguito dell’accordo di Palazzo Chigi del 24 aprile scorso, quando i sindacati maggiori della scuola, in perfetto stile collaborazionista, non ci hanno pensato due volte a sospendere prima e subito dopo revocare lo sciopero unitario del 17 maggio, invece confermato e raddoppiato dall’Anief: 100 euro lordi non sono affatto sufficienti, infatti, a recuperare la perdita del potere d'acquisto anche del personale assunto a tempo indeterminato, il quale continua per metà anni di servizio ad avere la carriera “raffreddata” per la mancata valutazione per intero del servizio precedente al ruolo.
LE PROMESSE MANCATE
Diventano quindi ancora più ridicoli gli editti del ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, che continua a parlare di adeguati aumenti degli stipendi dei nostri docenti, pur in presenza di un Documento di Economia e Finanza approvato dal Governo che indica riduzioni progressive della spesa per l’Istruzione fino al 2045: Anief torna, quindi, a chiedere di destinare sullo stipendio tutti i risparmi di spesa già destinati dalla legge alla carriera degli insegnanti, in modo da garantire almeno 200 euro di aumento. Andando in tal modo a coprire i finanziamenti del prossimo triennio, valorizzando pure al massimo il ruolo professionale del corpo docente, ma anche predisponendo il passaggio di livello funzionale del personale amministrativo, tecnico e ausiliario, previsto per legge ma mai adottato. E siccome si tratta di aumenti di stipendio leciti, anzi sacrosanti, Anief ha confermato anche per questo motivo lo sciopero di venerdì prossimo, con manifestazione a Roma davanti a Montecitorio.
IL RICORSO
Nel frattempo, il giovane sindacato continua a chiedere al giudice il conferimento dell’indennità di vacanza contrattuale nel periodo 2015-2018, al fine di recuperare almeno il 50% del tasso Ipca che dal settembre 2015 continua a non essere aggiornato, anche dopo l’applicazione dell’indennità dallo scorso mese di aprile che ha portato aumenti di 3,90 euro netti mensili per un collaboratore scolastico, e di 5 euro per un Assistente Amministrativo e i Dsga.
PER APPROFONDIMENTI:
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