Da parte dei lavoratori cresce lo scetticismo per le sterili politiche sulla scuola e l’inutile intesa sottoscritta il 24 aprile scorso con l’avallo dei sindacati maggiori su stipendi, reclutamento, regionalizzazione.
I motivi della protesta
Sono troppi i temi trascurati o male affrontati: il passaggio del personale dallo Stato nella regionalizzazione dell’istruzione pubblica e la ridistribuzione delle risorse tra le regioni, la mancata riapertura delle GaE con nuovi e inutili concorsi straordinari, la trascuratezza verso gli idonei agli ultimi concorsi, il prezioso ruolo dei vicari dei presidi e il personale di ruolo che chiede il trasferimento in altra provincia, l’elusione delle direttive europee sulla stabilizzazione automatica dei precari storici con oltre 36 mesi di servizio, l’abbandono al loro destino dei diplomati magistrale e il loro licenziamento, la disapplicazione della norma sui passaggi professionali verticali del personale Ata, l’adozione di stipendi ridicoli che necessitano di almeno 200 euro ulteriori di aumenti, l’assegnazione ai precari dello stipendio base senza alcuna considerazione dei periodi di precariato se non in fase di ricostruzione di carriera e anche limitata, i trasferimenti ancora oggi castrati da norme anacronistiche, come quelle che vietano di andare a coprire posti solo sulla carta di fatto, ma in realtà liberi a tutti gli effetti. Ecco perché Anief ha deciso di confermare e raddoppiare i giorni di stop dal lavoro, come ufficializzato dalla Commissione di Garanzia: il 10 maggio a fianco del Cub; una settimana dopo, il 17 maggio, con Cobas e Unicobas. Marcello Pacifico (Anief): Lo sciopero per noi è inevitabile, anzi di fronte ad un accordo così pericoloso che apre il via alla regionalizzazione come quello raggiunto qualche giorno fa, diventa ancora più importante aderirvi
Quello del 24 aprile proposto dal premier Giuseppe Conte e accettato dai sindacati maggiormente rappresentativi è solo un accordo di facciata, che lascia inalterati i problemi della scuola. Perché l’unica certezza che abbiamo oggi è quella del dato tendenziale contenuto nel Documento di economia e finanza, approvato dal Governo e ora all’esame del Parlamento: nel Def è infatti previsto che la spesa per l’Istruzione pubblica scenda in modo graduale sino a raggiungere nel 2040 la miseria del 3,1%, mentre la media dell’Unione Europea sfiora il 5%, con punte del 7%.
ll documento di economia e finanza del Governo prevede poi sì l’adozione dei soli incrementi stipendiali legati all’indennità di vacanza contrattuale, tra l’altro da adottare per legge, ma anche questi sono stati introdotti in modo incompleto e senza tenere conto dell'aumento di dieci punti percentuali del costo della vita dal 2008 in poi, non coperto né assorbito dagli incrementi applicati con gli ultimi contratti (motivo per cui Anief continua a chiedere al giudice del lavoro di adeguare l'indice al tasso IPCA reale e non aggiornato dal settembre 2015). Gli stessi rilievi espressi sul Def nei giorni scorsi dalla Commissione Cultura della Camera, che ha puntato il dito sulla mancanza di coperture per delle proposte legislative della stessa maggioranza, la dicono lunga sulla volontà effettiva del Governo giallo-verde di invertire la rotta sulla scuola.
IL COMMENTO DEL PRESIDENTE ANIEF
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “mantenere il punto contro la riapertura delle GaE per tutto il personale docente abilitato rappresenta uno degli errori maggiori di chi gestisce oggi le sorti della scuola pubblica. In un colpo solo, dando seguito alla nostra richiesta, si sarebbe risolto il problema dei 50 mila maestri tagliati fuori dal Consiglio di Stato, risolto il vulnus dei precari storici e anche quello dei supplenti con oltre 36 mesi, per i quali si sarebbe dovuto prevedere un corso abilitante speciale, preludio per il ritorno al doppio canale di reclutamento. Invece, si continua a trattare il personale non di ruolo come se fosse figlio di un dio minore, anche per gli avanzamenti di carriera prima di arrivare al contratto a tempo indeterminato”.
“È emblematica – continua il sindacalista autonomo - la situazione assurda, mai sanata, degli immessi in ruolo con riserva o assunti a mille chilometri da casa per colpa dell’algoritmo impazzito del 2016. E perché non c’è alcun accenno ai passaggi professionali verticali, previsti per legge ogni quadriennio, per personale Ata oppure ai 20 mila posti da assistente e collaboratore scolastico? Sulla regionalizzazione, poi, si fa finta di non sapere che il Governo sta valutando la proposta della Lega di spezzettare l’istruzione pubblica, firmando un’intesa che non dà alcuna garanzia sulla tenuta nazionale del sistema nazionale, a livello di finanziamenti, organizzativo e di reclutamento. E che dire degli stipendi dei lavoratori della scuola italiana che anche con 100 euro di aumento continuerebbero comunque a rimanere i più bassi dell’Unione Europea dopo la Grecia e i Paesi dell’Est che ne fanno parte?”
PER APPROFONDIMENTI:
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SCUOLA e P.A. – A 3,3 milioni di dipendenti stipendi incrementi tra 8 e 14 euro dal 1° aprile 2019
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