Ancora una volta Anief esclusa che avverte: se non si ripristina organico di fatto a organico di diritto e se non si allineano gli stipendi all’inflazione a partire dall’utilizzo delle risorse derivanti dai tagli promessi dalla legge, se non si stabilizza il personale Ata come si vuole fare per gli LSU, allora si perderà un’occasione seria per risolvere diverse problematiche e si svelerà l’inutilità dell’accordo voluto dal Governo con alcuni sindacati rappresentativi.
Nuovo appuntamento al ministero dell’Istruzione per i sindacati rappresentativi con mandato scaduto, in attesa della firma dell’accordo quadro su permessi e distacchi. Ancora una volta, Anief, nonostante una formale e reiterata richiesta, benché rappresentativo, non è stato convocato per affrontare due temi dell’accordo preso a Palazzo Chigi. Secondo il presidente Marcello Pacifico la riduzione progressiva di posti, soprattutto al Sud, rappresenta una tendenza pericolosa, perché toglie risorse umane proprio alle regioni che ne hanno più bisogno. Sui compensi del personale, gli aumenti paventati non ci entusiasmano, perché il personale amministrativo, tecnico e ausiliario è quello più penalizzato economicamente di tutto il comparto del pubblico impiego, con salari medi non molto superiori ai mille euro al mese, cioè sopra il reddito minimo di cittadinanza. Anche per questo motivo, abbiamo scioperato e manifestato in piazza.
Il Ministero dell’Istruzione ha convocato i sindacati rappresentativi per il triennio 2016/2018 per un incontro informativo sugli organici del personale ATA per il 2019/2020 e per affrontare il tema degli aumenti di stipendio. L’appuntamento è per il prossimo 20 maggio e, come in simili recenti incontri, nonostante la rappresentatività ottenuta, Anief non è stato ancora ammesso a questi tavoli.
Ata, l’emorragia di posti
Come ogni anno, la ripartizione dell’organico sarà effettuata tra le regioni tenendo presenti sia i dati della popolazione scolastica sia il dimensionamento della rete scolastica. E con il passare degli anni – scrive Orizzonte Scuola - l’emorragia di posti è andata avanti. Nel 2018, ad esempio, l’organico di diritto ha visto una perdita di posti complessiva di 58 unità rispetto all’anno precedente, mentre rispetto al 2011/12 la perdita è stata di 3.725 posti. La maggiore concentrazione di tagli si è concentrata al Sud, con regioni quali la Campania che hanno visto più di mille posti di lavoro scomparire, insieme alla Sicilia e alla Puglia.
Per quanto riguarda, invece, l’organico di fatto del 2018/19, l’amministrazione ha assegnato 5.182 posti in più rispetto all’organico di diritto. Tra gli obiettivi sul tavolo delle trattative, quindi, la trasformazione di molti di questi posti temporanei in organico di diritto. E questa è una buona notizia: ma dovrebbe trattarsi solo dell’inizio, considerando l’ancora alto numero di posti in organico di fatto, ma poi, alla resa dei conti, sostanzialmente privi di titolare e quindi da assegnare a tutti gli effetti alla mobilità e alle immissioni in ruolo. Il problema è che “come ogni anno, la ripartizione dell’organico sarà effettuata tra le regioni tenendo presenti sia i dati della popolazione scolastica sia il dimensionamento della rete scolastica”. Anief, invece, continua a sostenere che gli organici si realizzano sulla base di un numero maggiore di variabili, anche legate al grado territoriale di difficoltà in cui opera la scuola. Il Governo vuole stabilizzare entro il 2020 quasi 12 mila LSU delle cooperative, ma dimentica più di 40 mila Ata che lavorano nelle nostre scuole come precari come quelli che svolgono il ruolo di facente funzione Dsga. Per non parlare del fatto che non si fa cenno ai 20 mila posti nei profili As e C, ovvero coordinatori dei collaboratori scolastici e del personale amministrativo delle segreterie, previsti dalla legge e mai messi in organico.
Ipotesi di aumenti
Allo stesso tempo sia per Ata che per insegnanti si ipotizzano, come frutto dell’intesa fra governo e sindacati del 24 aprile, aumenti stipendiali da circa 120 euro lordi al mese, la metà dei soldi che Anief avrebbe già trovato a legislazione vigente, mentre non esiste in parlamento una nota di aggiornamento del DEF dove sono previsti ulteriori tagli al settore dell’istruzione fino al 2045. Si legge su Repubblica: “Sul contratto la volontà dichiarata dal governo è quella di chiuderlo a breve recuperando l’inflazione programmata: il 4,1 per cento su tre anni. Sono 2 miliardi sull’intero comparto pubblico. Declinati sulla scuola, porterebbero un aumento medio di 110-120 euro lordi per ogni insegnante”.
Il commento del presidente Anief
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale di Anief, “sugli organici c’è da dire che il Miur continua a giocare in modo scorretto: vanno resi pubblici tutti i posti finti in organico di fatto e collocati immediatamente su quello di diritto; le perdite di unità di personale degli ultimi anni, inoltre, si giustificano con i minori iscritti e non tengono conto di tante altre situazioni, che invece li avrebbero fatti innalzare”.
“Non va meglio per quanto riguarda gli stipendi da fame che continuano ad essere assegnati al personale: sono ben altre le risorse che devono essere garantite ai lavoratori della scuola. Se il Miur ci convocasse, potremmo esporre il nostro punto di vista, indicando anche dove andare a reperire le risorse utili e come agire sull’inflazione, almeno da pareggiare, che si è purtroppo accumulata negli ultimi dieci anni e solo parzialmente coperta con gli incrementi del 3,48% dello scorso anno e arretrati ridicoli, la parziale indennità di vacanza contrattuale introdotta con lo stipendio dello scorso mese di aprile e i micro-aumenti previsti da giugno”, conclude il sindacalista autonomo.
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