Una delle novità introdotte dal Governo uscente è il dimezzamento dell’alternanza scuola-lavoro, sempre da svolgere nel triennio finale della scuola secondaria superiore e con la legge di bilancio ribattezzata con la dicitura “Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento”, PCTO. il Partito Democratico, con la Legge 107/15, l’aveva raddoppiata come orario totale, arrivando a 400 ore negli istituti tecnici e professionali, senza introdurre però percorsi formativi di spessore e nemmeno garantendo una presenza degli studenti proficua sui posti di lavoro; con il ministro Marco Bussetti si è tornati a un monte orario simile a quello precedente, senza però attuare alcun salto di qualità sul fronte delle competenze da acquisire durante stage e a seguito dei rapporti con gli esperti esterni. Anief lo ha sempre detto. Qualche settimana fa lo ha detto la Corte dei Conti. E adesso lo dice pure il Cspi, il Consiglio superiore della pubblica istruzione, esprimendosi negativamente sulle linee guida approntate dal Miur e confermando la stroncatura sulla nuova Asl già espressa sulla legge in generale.
Anief ritiene che quello del numero di ore di esperienza nel mondo del lavoro sia un falso problema. Secondo Marcello Pacifico, leader dell’Anief, “ci sono anche altri aspetti negativi da evidenziare. Ad esempio, non è ancora chiara l’applicazione dello statuto dei diritti e doveri degli studenti, i quali continuano troppo spesso in azienda a essere sfruttati o a perdere tempo. Infine, la mancanza di fondi adeguati, la dice lunga sulla portata delle due riforme. Sono questi gli aspetti su cui bisognava soffermarsi, non sulla quantità delle ore. Ha fatto bene il Consiglio superiore della pubblica istruzione a mettere in evidenza tutte queste storture: basta con l’approvazione delle leggi spot nella scuola che non hanno alcun ritorno formativo e caricano ulteriormente il personale scolastico di oneri, peraltro sempre senza compensi adeguati”
Analizzando i contenuti delle linee guida, il Cspi non le manda a dire: rileva che “l’attività di orientamento in quanto dovrebbe essere finalizzato alla formazione integrale della persona e del sé, non limitandola alla sola dimensione lavorativa e occupazionale”. L’organismo istituzionale si sofferma anche sulla “riduzione delle risorse in corrispondenza della diminuzione delle ore obbligatorie dei PCTO rispetto a quelle previste per i percorsi ASL”, sostenendo che “non è assolutamente giustificata in quanto le attività richieste per la progettazione e realizzazione non sono proporzionali al numero delle ore. Le nuove linee guida, inoltre, richiedono un aggravio di responsabilità e di carichi di lavoro da parte del personale scolastico”.
Maggiore carico di lavoro per i docenti e le segreterie
“A questo proposito – continua il Cspi -, si registra una forte intensificazione dell’impegno del docente incaricato come tutor scolastico per le varie attività di progettazione, realizzazione, verifica e monitoraggio delle varie attività svolte dagli studenti in PCTO. I fondi attualmente destinati al PCTO, così come risultanti dopo le riduzioni previste dalla L. 145/18, rischiano di compromettere la possibilità di retribuire adeguatamente i docenti impiegati nelle attività di PCTO e di organizzare le necessarie attività formative di supporto”. Inoltre, “si registra una assenza totale di risorse per la formazione dei docenti impegnati in questa attività. Il tutor interno, per la sua funzione, deve possedere esperienza, competenza professionale e capacità didattiche adeguate per garantire il raggiungimento degli obiettivi previsti dal percorso formativo. È opportuno quindi che si provveda a formare figure professionali specifiche sugli aspetti metodologici, didattici, procedurali e contenutistici delle varie attività”.
Per il Cspi, “si sottolinea il non indifferente aggravio di lavoro che ricadrà sulle segreterie scolastiche e sui D.S.G.A. per le necessarie operazioni di supporto alle attività dei PCTO. Con gli attuali ridotti organici, e in assenza di finanziamenti aggiuntivi, ogni ulteriore funzione demandata agli uffici, peraltro senza la necessaria fase di formazione, si trasforma in nuovo gravoso adempimento lavorativo”. Infine, il Cspi evidenzia “che il Dirigente Scolastico definisce il piano delle risorse complessive e stabilisce la parte di risorse da destinare alle singole voci di spesa ed al personale scolastico, ma manca il dovuto riferimento alla fase della informazione e della contrattazione integrativa con le rappresentanze sindacali, e alle prerogative degli organi collegiali”.
Le conclusioni critiche del Cspi
In conclusione, secondo il Cspi “le linee guida presumono una lettura integrata con la precedente “Guida operativa per la scuola” sulle attività di A.S.L. pubblicata dal MIUR nel 2015 in quanto nel testo in esame si sostiene che rimangono validi gli argomenti trattati che non hanno subito modifiche dalle recenti innovazioni normative”, ma “tale lettura integrata non è facilmente praticabile e si corre il rischio di un forte disorientamento. Si segnala inoltre che rispetto ai contenuti della legge di bilancio per il 2019 il commento riportato va ben oltre le stesse disposizioni richiamate. Si rileva altresì che nelle nuove linee guida non si fa menzione della possibilità di continuare ad utilizzare la piattaforma informatica sull’A.S.L. attivata dal MIUR sulla quale molte scuole hanno già operato dando conto delle attività svolte”.
Per il Consiglio superiore della pubblica istruzione, inoltre, “appare grave che si continui ad ignorare il tema della disabilità, tema che mette in crisi, tra l’altro, anche il quadro europeo sul rapporto tra istruzione e lavoro, ampiamente descritto nella bozza di linee guida, visto che l’Italia è l’unico Paese in cui i disabili hanno diritto alla piena integrazione scolastica”. Alla luce di tutte queste considerazioni “il CSPI esprime parere negativo e invita pertanto il MIUR a modificare significativamente il testo delle “linee guida” proposto al fine di: eliminare le criticità evidenziate; tenere conto dei pareri già espressi dal CSPI su queste tematiche; ottenere un testo chiaro e di facile applicazione da parte delle scuole”.
Oggi, Orizzonte Scuola si sofferma proprio sul fatto che il Cspi già aveva evidenziato una serie di “criticità” sull’alternanza scuola-lavoro. Inoltre, ricorda che “la legge di bilancio 2019 è intervenuta sull’alternanza scuola-lavoro, introdotta dalla legge 107/2015, riducendone risorse e numero minino di ore da svolgere: 90 ore nei Licei; 150 ore negli Istituti Tecnici; 210 ore negli Istituti Professionali”.
I dubbi della Corte dei Conti
Forti critiche al nuovo impianto dell’Asl sono state espresse, a giugno, anche dalla Corte dei Conti. La quale nel Rapporto 2019 sul coordinamento della finanza pubblica, all’interno del paragrafo “L’istruzione e le riforme in itinere”, ha scritto sul “ridimensionamento dell’istituto dell’alternanza scuola-lavoro operato dalla legge 145 del 2019 che, rispondendo ad immediate necessità di contenimento della spesa, ha ridotto drasticamente l’orario complessivo da destinare ai relativi percorsi rinviando gli interventi, pur necessari, finalizzati a rendere i percorsi il più possibile coerenti con il percorso di apprendimento degli studenti”.
Il commento del presidente Anief
“Il punto non è la quantità di tempo dedicata agli stage e ai momenti di contatto con le aziende – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale del giovane sindacato Anief -, perché si tratta di mettere a loro disposizione dei percorsi formativi utili realmente a far loro acquisire delle conoscenze e competenze professionali. Sia il Partito Democratico che il Governo uscente hanno invece puntato il dito sul numero di ore da passare nelle strutture lavorative, senza soffermarsi sul nocciolo della questione: i percorsi formativi e l’arricchimento derivante dalle esperienze, incentrate su convenzioni definite a priori e protocolli formativi di qualità”.
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