Anche da ministra dell’Istruzione, la lotta alle classi numerose rimane uno dei punti qualificanti del programma della ministra dell’Istruzione: da onorevole e da sottosegretaria, aveva già provato a presentare un progetto di legge, poi arenato per mancanza di coperture finanziarie. Adesso, ci riprova, chiedendo non più di 20 alunni per classe, “consapevole che si tratta di una battaglia lunga e impegnativa su più fronti”, commenta la rivista Orizzonte Scuola. Azzolina lo fa con un emendamento al decreto Milleproroghe, dove sono in ballo anche alcune richieste dell’Anief, sempre a tutela della scuola e di chi vi opera.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief: “Dopo che nell’ultima Legge di Bilancio non è stato speso un euro per ridurre il numero di allievi per classe, il nostro auspicio è che il progetto della ministra vada in porto: la riduzione del tasso di natalità degli ultimi e dei prossimi anni, permette di ridurre il numero gli alunni per classe senza spendere più di tanto”
LA MINISTRA SPERA
“So per esperienza – afferma Azzolina in un’intervista al Fatto quotidiano – che è difficile lavorare in classi di 28-30 persone, ancora di più se ci sono ragazzi con disabilità o bisogni educativi speciali. Ci sono norme molto belle che prevedono la personalizzazione dell’insegnamento in base all’alunno, ma insegnare in trenta modi diversi è difficile. È chiaro che non è una misura immediatamente realizzabile, ma si può iniziare”. La ministra del Miur conferma di avere “inserito nel Milleproroghe l’obbligo di non avere più di 20 studenti in una classe in cui ci siano disabili, spero il Parlamento condivida. Un primo passo verso la totale abolizione delle classi pollaio, per cui serve tempo”.
L’EMENDAMENTO
L’emendamento indicato dalla ministra dell’Istruzione è il 6.45 e figura tra quelli indicati, seppure indirettamente, anche dall’Anief, il sindacato che da anni chiede un ritorno ai parametri di creazione delle classi pre-riforma Gelmini e ad una maggiore attenzione ai diritti degli alunni portatori di disabilità, sempre più spesso costretti a ricorrere in tribunale per vedersi assegnate le ore e i docenti di sostegno. Per contrastare un malcostume, tutto italiano, che lede fortemente il diritto allo studio e quasi sempre aggira pure i limiti imposti dalle norme sulla sicurezza e la prevenzione degli infortuni.
LA DENUNCIA
Solo pochi giorni fa, Anief ha denunciato che un altro anno è passato e nelle scuole italiane continuano ad essere presenti oltre 20 mila classi con più di 30 alunni, frutto dell’innalzamento dei parametri la formazioni delle classi imposti dall’art. 64 della Legge Gelmini 133/08: in media, significa che ogni istituto autonomo detiene tre classi con maxi numeri di frequentanti. E senza un intervento celere in Parlamento, nonostante i buoni propositi di buona parte della politica e le continue richieste sindacali per cancellare questa pessima pratica.
I VANTAGGI
I vantaggi nell’approvare una norma come quella presentata dalla ministra sono indiscutibili. Anief li ha riassunti in un emendamento all’ultima legge di bilancio: migliorare il rapporto alunni-docenti avrebbe “ricadute positive sulla didattica e sull’apprendimento degli alunni” e consentito “di assicurare agli studenti ambienti idonei allo svolgimento delle attività, laboratori e aree comuni di condivisione”. Inoltre, “ridurre il numero massimo di alunni per classe garantisce inoltre sicurezza, igiene e vivibilità degli ambienti di apprendimento”, oltre che agevolato “la piena integrazione degli studenti disabili, spesso inseriti in classi composte da più di 20 allievi, in deroga a quanto previsto dall’attuale normativa”.
IL COMMENTO DEL PRESIDENTE
“La migliore vivibilità dei nostri istituti scolastici, l’elevazione dell’offerta formativa e l’assolvimento del diritto allo studio – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – passano per l’approvazione di questo genere di provvedimenti: adeguare il numero degli allievi per classi è una priorità assoluta. La quale, in presenza di alunni con sostegno, diventa imprescindibile. Questo provvedimento, assieme alla scomparsa degli organici di fatto, alla costituzione del tempo pieno in tutte le province e alla valorizzazione del personale docente, attraverso stipendi finalmente adeguarti al ruolo e l’adozione di carriere professionali sino ad oggi negate, oltre che quelle dell’azzeramento del precariato e della costituzione di un reclutamento finalmente equo, costituiscono i punti centrali per il rilancio della scuola italiana”, conclude il sindacalista.
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