Diritto allo studio, lotta alla dispersione scolastica, basta classi pollaio, più ore di lezione a scuola, formazione del personale e valorizzazione delle competenze, potenziamento delle competenze digitali di docenti e personale Ata: sono i punti cardini del piano predisposto dal Governo Conte-bis per rilanciare l’istruzione pubblica in Italia. I temi sono stati presentati ai sindacati e alle associazioni presenti ieri a Villa Pamphili a Roma, dove il premier Giuseppe Conte ha organizzato l’incontro facente parte degli Stati Generali dell’Economia.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief presente all’evento, “il Governo ha colto in pieno alcune delle esigenze-chiave che, se non affrontate, rischiano di compromettere il prossimo anno scolastico, quando otto milioni di alunni torneranno in classe. Lo sosteniamo da tempo e lo abbiamo ribadito con una serie di emendamenti all'articolo 230 del Decreto Legge ‘Rilancio’, già presentati alle Commissioni competenti della Camera dove è previsto l’esame del testo in vista della conversione parlamentare”.
IL PIANO DI RILANCIO DELLA SCUOLA
Promuovere il diritto allo studio contrastando la dispersione scolastica; introdurre misure per ridurre il sovraffollamento delle classi; rafforzare il “tempo scuola”; formazione del personale e valorizzazione delle competenze, con formazione permanente del personale finalizzata al potenziamento delle competenze digitali dei dipendenti pubblici. Sono questi gli obiettivi che il Governo vuole attuare per il rilancio della scuola pubblica, messa in ginocchio dal coronavirus e però subito rimessa in sesto dallo spirito di abnegazione del personale docente e Ata che, anche da casa, ha continuato a svolgere attività didattica e di supporto ai propri alunni.
IL PIANO DI RILANCIO DELL’UNIVERSITÀ
L’Esecutivo ha anche presentato un piano per rimettere in carreggiata l’ambito accademico. Questo, prevede la necessità di innovare il dottorato di ricerca; costruire la formazione professionalizzate valorizzando gli Istituti Tecnici Superiori e le lauree professionalizzanti; attuare un piano straordinario di reclutamento dei ricercatori; incentivare gli scambi europei anche per le scuole superiori, nell’ambito del progetto European Classroom; sviluppare gli ecosistemi dell’innovazione al Sud; incrementare le borse di studio per l’ingresso all’Università.
IL COMMENTO DEL SINDACATO
Per rilanciare i beni più preziosi del Paese, dopo la Salute, serviranno finanziamenti importanti. Quelli che il segretario confederale Cisal, Marcello Pacifico, presidente Anief e Udir, ha chiesto di reperire dal Recovery Fund, il fondo speciale che l’Unione europea si appresta ad assegnare ad ogni Paese membro, proprio per ammortizzare gli effetti della pandemia.
I fondi dell’Ue, ha detto il sindacalista autonomo, serviranno anche per incrementare gli organici di 200 mila unità, tra docenti e Ata; attuare un piano straordinario di 200 mila unità aggiuntive a quelle già autorizzate; procedere alla conferma nei ruoli di tutti i docenti assunti con clausola rescissoria, anche in considerazione del superamento dell’anno di prova; trasformare in organico di diritto per le immissioni in ruolo e i trasferimenti tutto l’organico curricolare e su posti di sostegno; rivedere gli organici nel rapporto alunni-classi, alunni-scuole autonome, alunni-insegnanti, alunni-Ata per garantire il corretto distanziamento sociale, la sicurezza durante l’attività didattica, per migliorare gli apprendimenti, contrastare la povertà educativa e il tasso di dispersione scolastica nonché le diseguaglianze sociali; rivedere i concetti di scuola a tempo pieno e a settimana corta; reintrodurre l’insegnamento per moduli nella scuola primaria e dell’infanzia con l’insegnamento specialista in lingua inglese e il docente di educazione fisica; stabilizzare almeno 40 mila unità di personale Ata ed educativo attraverso l’utilizzo delle graduatorie 24 mesi e la realizzazione dei profili professionali già prevista dal Ccnl.
IL COMMENTO DEL PRESIDENTE ANIEF
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “quella dell’inclusione sociale è una partita fondamentale per il rilancio della scuola pubblica, in modo così da vincere la dispersione scolastica. Questa, va affrontata prevenendo la condizione di drop out e fenomeni di Early School Leavers e Neet, anche con piani straordinari per i territori in difficoltà, attraverso l’attuazione di organici potenziati in rapporto alle esigenze del territorio per apertura scuola anche in orario extracurriculare e l’anticipo dell’obbligo scolastico a 5 anni con estensione fino alla maggiore età”.
Sempre secondo Pacifico, il precariato rimane una delle emergenze da risolvere: parliamo di 200 mila posti sono stati ridotti tra docenti e Ata negli ultimi sei anni per effetti dei piani di razionalizzazione. A seguito del “dimensionamento” attuato a partire dalla Legge 133/08 si è assistito alla cancellazione di un sesto dell’organico di diritto, a fronte di 75 mila posti ridotti nei restanti due terzi dei comparti pubblici: ciò ha portato la scuola a collezionare il 75% dei tagli adottati dalla Spending Review. È stato ridotto di un sesto anche l’orario scolastico, tanto che nel 2013 l’Italia è scesa a 4.455 ore studio nell’istruzione primaria rispetto alle 4.717 dell’Ocse e 2.970 in quella superiore di primo grado rispetto alle 3.034 sempre dell’Ocse con un tasso di NEET tra i 15 e i 29 anni del 23,2% rispetto al 15,8% dell’Ocse.
LE CONCLUSIONI
In effetti, anche le scuole autonome sono state investite dalle riforme orientate al risparmio “secco” sulla pelle degli alunni e del personale: un istituto su tre è stato cancellato come sede di direzione con processi di dimensionamento che oltre a ridurre l’organico di dirigenti e Dsga di 4.000 unità ne hanno colpito il funzionamento con il risultato di quattro plessi in media retti da una scuola a distanza, senza peraltro più retribuire le reggenze affidate ai vicari.
Nell’Università si è persino nel 2011 fatto un clamoroso passo indietro dopo l’annuncio di un bando di concorsi per 6mila ricercatori, fino ad arrivare dapprima alla messa ad esaurimento del ricercatore a tempo indeterminato e poi alla proroga delle percentuali di blocco del turnover almeno fino al 2018, per risparmiare ulteriori 182 milioni di euro dal FFO, tradendo così la carta europea dei ricercatori.
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