Marcello Pacifico, vicepresidente dell'accademia Europa della Cesi e presidente nazionale Anief, è intervenuto al Convegno Cesi con la Commissione europea "Lavoro precario: responsabilizzare i sindacati ad affrontare nuove sfide. Pacifico: “Il sindacato, in quanto parte sociale, deve cercare di garantire più di prima i diritti dei lavoratori perché, in questo periodo in cui i posti di lavoro si sono persi, le condizioni di lavoro sono più fragili e insicure e bisogna tutelare di più i lavoratori, da remoto, con assemblee, ma bisogna continuare a farlo attraverso la consultazione dei lavoratori”
Marcello Pacifico, vicepresidente dell'accademia Europa della Cesi e presidente nazionale Anief, è intervenuto al Convegno Cesi con la Commissione europea "Lavoro precario: responsabilizzare i sindacati ad affrontare nuove sfide"; il progetto si conclude, con questa conferenza, dopo due anni di intenso lavoro e riflessione sulle diverse dinamiche del precariato in Europa, con riferimento particolare alla mancanza di protezione sociale e di un'efficace rappresentanza degli interessi, oltre all'uso di contratti di lavoro atipici e alla discriminazione.
La Cesi ha evidenziato i seguenti punti: l’accesso alla protezione sociale per tutti i lavoratori, compresi i giovani, i lavoratori migranti e stagionali, i lavoratori su piattaforme e tutti coloro che provengono da un contesto svantaggiato; la rappresentanza degli interessi adeguata ed effettiva di tutti i lavoratori, in particolare quelli con impiego atipico; un dialogo sociale inclusivo; la chiusura delle lacune legislative; l’applicazione dei principi della parità di trattamento nel modo più fluido possibile.
Marcello Pacifico, nel suo discorso, ha iniziato proprio da “come il Covid-19 ha cambiato il lavoro precario. Sappiamo che l’organizzazione internazionale del lavoro ha certificato la perdita di 255 milioni di posti di lavoro nel mondo a causa della pandemia. Solo in Italia nel 2020 sono stati persi 410 mila posti di contratti a tempo determinato, di lavoratori precari, e 103 mila posti di lavoratori indipendenti e autonomi. Nel mese di novembre si sono persi 40mila posti di contratti a tempo determinato, lavoratori precari, a fronte di un piccolo miglioramento di contratti di lavoratori autonomi e di lavoratori a tempo indeterminato, questo perché lo Stato italiano ha vietato alle aziende i licenziamenti per legge. Quindi il Covid ha sfavorito solo i contratti a tempo determinato e ha mantenuto i contratti a tempo indeterminato, grazie all’intervento della Stato. Questo significa che i lavoratori precari al tempo del Covid sono stati i più colpiti. Tra i lavoratori precari il 90% più colpito è riferito alle donne e agli under 35, quindi donne e giovani”.
“Per quanto riguarda le sfide del sindacato – continuato Pacifico - in questo anno siamo stati impegnati a garantire i livelli di sicurezza nei lavori in presenza, sia nel settore privato che pubblico, e nella scuola italiana abbiamo firmato dei contratti integrativi per la didattica a distanza, per cercare di garantire il diritto all’istruzione nonostante la chiusura delle scuole; ultimamente stiamo cercando di intervenire per la scrittura del Recovery plan, in base al Next Generation EU e a come devono essere investite queste risorse. È una lotta perché nonostante il Parlamento Europeo con la risoluzione 2.600 del 2018 abbia impegnato la commissione europea, gli stati membri e il Consiglio d’Europa a modificare la direttiva 70 del 1999 sui contratti a termine, in particolar modo nel punto in cui lo Stato non applica per i dipendenti pubblici le stesse regole per evitare l’abuso dei contratti a termine nel settore privato. Dopo tre anni, ad oggi, questa direttiva è stata elusa e questo aspetto è ancora più grave nella scuola italiana, perché negli ultimi dieci anni, dal 2010, il numero dei precari è raddoppiato nonostante fosse già alto; oggi si passa da 150mila precari a 300mila precari nella scuola italiana”.
“Cosa ha fatto il sindacato in tutto questo? Ha lottato – ha affermato il sindacalista autonomo - in un confronto da una parte con il legislatore nazionale e dall’altra con le istituzioni europee; è stata attivata una procedura di infrazione nel 2010 e ne è stata attivata un’altra nel 2014. Si sono ottenute delle pronunce dalla Corte di Giustizia Europea patrocinate dai legali che hanno portato avanti queste battaglie per i lavoratori precari della scuola italiana che hanno riconosciuto la parità di trattamento tra il personale precario e quello di ruolo, sia a livello giuridico che economico, che ha riconosciuto anche la ricostruzione di carriera, ma ciò non basta perché queste sentenze non hanno impedito allo Stato di continuare ad abusare dei contratti a termine. Lo Stato, per ragioni di finanza pubblica, ha cercato di risparmiare nell’organizzazione del servizio scolastico utilizzando organici a tempo determinato piuttosto che a tempo indeterminato: questo ha portato il sindacato a non accettare le sentenze definitive della Cassazione, della Corte Costituzionale dell’Italia ma a rivolgersi al Comitato Europeo dei diritti sociali al fine di coinvolgere l’intero comitato dei ministri del consiglio d’Europa per poter ottenere la tutela dei precari della scuola italiana”.
“Per concludere, cosa può fare il sindacato? In quanto parte sociale deve cercare di garantire più di prima i diritti dei lavoratori perché, in questo periodo in cui i posti di lavoro si sono persi, le condizioni di lavoro sono più fragili e insicure e bisogna tutelare di più i lavoratori, da remoto, con assemblee, ma bisogna continuare a farlo attraverso la consultazione dei lavoratori. La Cesi dà una risposta grazie a questi convegni, sta mettendo in rete i vari sindacati e bisognerebbe creare un osservatorio all’interno della Cesi, che è quello che vorrebbe fare la Commissione Europea, sull’esecuzione delle direttive comunitarie negli Stati membri e su come nel mercato del lavoro i vari paesi nel Recovery plan vanno a orientare i propri progetti, i cluster, nel cercare di tutelare i posti di lavoro e trovarne altri, oltre a garantire il diritto al lavoro e soprattutto a porre fine alla precarietà nel mondo del lavoro”, ho concluso il vicepresidente dell'accademia Europa della Cesi e il presidente nazionale Anief.
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PER APPROFONDIMENTI:
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