È fissata al prossimo 12 novembre l’udienza pubblica in Corte Costituzionale sui ricorsi promossi dalle regioni Puglia, Campania, Sardegna e Toscana per opporsi strenuamente contro la legge 26 giugno 2024, n. 86 approvata lo scorso mese di giugno, che impone agli italiani l’autonomia differenziata, applicata anche a Istruzione e Sanità, che se adottata finirà per acuire le distanze tra i cittadini anche nell’ambito della loro formazione e istruzione.
L’Anief ricorda che ad oggi risulta l’unica organizzazione sindacale intervenuta come amicus curiae - insieme a Acli, Anci Campania, Upi Toscana, Asso-Consum - proponendo due specifiche memorie riguardanti l'incostituzionalità della Legge n. 86/2024 per quanto riguarda la Scuola, l'Istruzione tutta e la Ricerca, assieme al diritto allo studio degli studenti, in particolare con disabilità: “Riteniamo positivo il fatto che sulla discussa autonomia differenziata il ricorso venga discusso in Consulta il prossimo 12 novembre, quindi prima del Referendum abrogativo. Noi saremo alla finestra, ricordando in ogni occasione che l’autonomia spinta che verrà concessa alle Regioni non sarà accompagnata da alcuna garanzia di riequilibrio per i servizi essenziali, come pure non c’è traccia nella norma approvato, nemmeno nel testo approvato a suo tempo al Senato, degli investimenti finalizzati a restringere il divario tra Settentrione e Meridione, che quindi sono destinati a crescere”.
I PRINCIPI CALPESTATI
Secondo i legali Miceli Walter e Nicola Zampieri, oltre che il presidente Marcello Pacifico, sarebbero ben 11 gli articoli della Costituzione e 2 nello specifico Regolamento UE ad essere calpestati dalla norma che impone l’autonomia differenziata al popolo italiano. Gli articoli violati, sempre secondo il sindacato Anief e i suoi legali, sono i seguenti:
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l'art. 2️ della Costituzione, in combinato disposto con l'art. 5 sul principio di solidarietà, in quanto aumentano le disuguaglianze territoriali nel godimento dei diritti civili e sociali;
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l'art. 3️ della Costituzione, sotto il profilo della ragionevolezza e della disparità di trattamento che ne deriva e in quanto non assicura l’uguaglianza sostanziale;
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l’art. 10 della Costituzione, in relazione all’art. 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità – adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, ratificata e resa esecutiva con legge 3 marzo 2009, n. 18;
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gli artt. 3️3 e 3️4 della Costituzione, in quanto con le nuove norme non si garantisce l’uniforme tutela del diritto all’istruzione;
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l’art. 3️8 della Costituzione, che assicura il diritto allo studio delle persone con disabilità;
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gli artt. 8️1 e 119 della Costituzione, in quanto trasferiscono le funzioni relative ai LEP, senza garantire il loro adeguato finanziamento;
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gli artt. 1️16 e 117 comma 2, lettera m), e 1️19 della Costituzione, per non aver previsto che i LEP vengano prima determinati e garantiti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale;
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l'art. 119 della Costituzione, la cui piena attuazione sarebbe stata condizione necessaria per introdurre una maggiore equità nel sistema di regionalismo differenziato;
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l'art. 1️17 della Costituzione, in quanto viola l’art. 14 della CDFUE., il Regolamento UE 2021/241, la Dichiarazione Universale dei diritti umani dell’ONU e l'articolo 2 del protocollo addizionale alla CEDU, rilevante anche in forza del comma 3 dell’art. 52 della CDFUE, i quali non consentono al legislatore di subordinare la tutela dei diritti fondamentali a considerazioni di bilancio;
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gli articoli 3️ e 4️ del Regolamento UE 2021/241, per le disparità regionali che permette alle Regioni più ricche di erogare servizi migliori rispetto a quelle erogate dalle Regioni meno abbienti, in stridente contrasto con gli obiettivi stabiliti dal Regolamento UE, il quale invece impone di garantire la coesione economica, sociale e territoriale, riducendo le disparità regionali
LA POSIZIONE ASSOLUTA DEL SINDACATO ANIEF
Senza la garanzia di LEP omogenei e armonizzati tra le regioni – spiega ancora Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief -, la legge si realizzerà con evidenti limiti di attuazione. La verità è che la scuola pubblica non può fare la fine della sanità: non è un caso il ventaglio delle richieste di modifica del disegno di legge è stata davvero ampio, proposte dagli stessi partiti di maggioranza per garantire la parità di risorse per il raggiungimento comune dei livelli essenziali delle prestazioni e dei servizi su tutto il territorio italiano. Poi, quelle richieste non sono state accolte, quindi il problema è rimasto intatto”.
“Riteniamo – continua Pacifico – che l’autonomia differenziata, così come approvata dal Parlamento, creerà enormi danni alla scuola, soprattutto agli istituti collocati in territori che hanno meno aiuti da enti locali e privati. Comunque, per noi la norma rimane incostituzionale e porteremo di certo in tribunale gli atti attuativi. Se le cose rimangono così come sono state approvate oggi, le condizioni della scuola non potranno che peggiorare confermando la nostra prima richiesta: l’intero settore della Conoscenza non andava considerato in questo piano.
I RISCHI ESPRESSI ANCHE DALLO SVIMEZ
I rischi di allargamento del gap Nord-Sud a livello di Istruzione sono stati bene evidenziati anche dallo Svimez: con lo studio “Un paese due scuole” ha spiegato per bene i motivi. Come pure sono stati bene argomentati dall’Ufficio parlamentare di Bilancio, secondo cui questo modello potrebbe “creare ostacoli alla mobilità dei lavoratori e al riconoscimento delle loro competenze specifiche”.
I limiti, che “potrebbero essere significativi”, fanno seguito a quelli elencati ancora prima dalla Banca d’Italia, e riguardano vari aspetti tra cui la qualità dei servizi offerti ai cittadini. A rischio vi sarebbe “la diffusione di classi a tempo pieno nella scuola: i dati attuali evidenziano una fortissima differenziazione tra le varie Regioni, con quelle del Mezzogiorno che risultano in generale penalizzate”.
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