L’autonomia differenziata è legge. La riforma voluta fortemente dal Governo giunge dopo una lunga maratona notturna alla Camera, dove è arrivato oggi il secondo e definitivo sì al disegno di legge: l'Aula di Montecitorio ha infatti licenziato il provvedimento con 172 sì 99 voti contrari e 1 astenuto. Secondo il sindacato Anief si tratta di un provvedimento che potrebbe fare peggiorare le condizioni della scuola e in generale dell’Istruzione a tutti i livelli e per questo l’intero settore andava lasciato fuori.
“Avevamo chiesto fin dall'inizio dell'esame del provvedimento in Senato di stralciare le norme su istruzione e ricerca: pertanto il nostro sindacato darà mandato all'ufficio legale per impugnarne gli atti attuativi di una legge che a nostro avviso contiene diversi profili di incostituzionalità”, commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief.
Il sindacato conferma tutte le sue preoccupazioni per la maggiore autonomia che verrà concessa alle Regioni senza però avere alcuna garanzia di riequilibrio per i servizi essenziali, come pure la scomparsa, già nel testo approvato a suo tempo al Senato, degli investimenti finalizzati a restringere il divario Nord-Sud. “Senza la garanzia di LEP omogenei e armonizzati tra le regioni – continua Pacifico -, la legge si realizzerà con evidenti limiti di attuazione. Perché la scuola pubblica non può fare la fine della Sanità: sono emblematiche, in questo senso, le richieste di modifica al disegno di legge, poi non accolte, proposte dagli stessi partiti di maggioranza per garantire la parità di risorse per il raggiungimento comune dei livelli essenziali delle prestazioni e dei servizi su tutto il territorio nazionale”.
Anief teme fortemente che senza gli accorgimenti indicati non potrà che acuirsi il gap di competenze territoriali bene evidenziato qualche mese fa dallo Svimez con lo studio “Un paese due scuole”. Inoltre, il modello di scuola regionalizzata è stato criticato dall’Ufficio parlamentare di Bilancio, secondo cui questo modello potrebbe “creare ostacoli alla mobilità dei lavoratori e al riconoscimento delle loro competenze specifiche”. I limiti, che “potrebbero essere significativi”, fanno seguito a quelli elencati ancora prima dalla Banca d’Italia, e riguardano vari aspetti tra cui la qualità dei servizi offerti ai cittadini. A rischio vi sarebbe “la diffusione di classi a tempo pieno nella scuola: i dati attuali evidenziano una fortissima differenziazione tra le varie Regioni, con quelle del Mezzogiorno che risultano in generale penalizzate”.
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