Stamane è previsto un incontro no-stop, durante il quale l’amministrazione presenterà un testo rinnovato: sarebbe al vaglio una “manovra perequativa” che porterebbe ad allineare gli aumenti stipendiali al resto della PA. Il problema si è venuto a determinare perché gli stipendi medi di chi opera nella scuola pubblica sono inferiori rispetto agli altri, tanto da risultare tra i più bassi dell’area Ocse. Nel complesso gli arretrati che i docenti potrebbero percepire una tantum ammonteranno ad una cifra tra i 500 e i 600 euro pure lordi: una cifra decisamente inferiore ai 2.700 euro che il personale avrebbe dovuto in media percepire per il mancato rinnovo nel biennio 2016-2017. Ma la vera “chicca” su cui stanno lavorando i sindacati rappresentativi e l’Aran è un’altra: si tratta “dei 200 milioni di euro previsti dalla Buona scuola e orientati alla valutazione e premialità dei docenti. Tra le possibilità al vaglio, quella di far confluire questi fondi direttamente negli stipendi dei docenti, a pioggia, o di trasferirli alla contrattazione, in modo da decidere in accordo con i sindacati quali criteri per premiare gli insegnanti”.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Il merito professionale, in base al decreto legislativo Brunetta 150/2009 e alla Legge Madia 124/2015, non può essere assegnato a pioggia. Ora, ammesso che tale imperativo possa in qualche modo essere superato, fanno in media 160 euro lordo Stato a dipendente. Applicando una tassazione media del 35% si arriverebbe ad assegnare appena 100 euro netti a dipendente, ovvero poco più di 7 euro al mese rispetto alle cifre precedenti. Ma per coprire gli 11 punti percentuali di aumento del costo della vita certificata occorre recuperare almeno 270 euro, dovuto alla mancata assegnazione dell’indennità di vacanza contrattuale, ovvero tre volte i 92 euro medi su cui si stanno per accordare. È il motivo per cui noi continuiamo a chiedere al personale della scuola di seguire la strada del tribunale. Inoltre, si sta sottoscrivendo una mobilità triennale, irrispettosa dell'attribuzione annuale degli incarichi, che per molti docenti e Ata potrebbe rivelarsi una trappola. Come continuano a mancare all’appello le richieste di maggiore chiarezza sul ‘potenziamento’. Oltre che sulla parità di trattamento tra personale precario e di ruolo, sulla ricostruzione carriera e sul servizio svolto nelle paritarie, ai fini degli scatti stipendiali. Ignorando così sia la Corte di Cassazione, sia le indicazioni della giurisprudenza comunitaria.