Il Sindacato UDIR plaude all’iniziativa del Ministero degli Esteri che in data 17 e 18 ottobre ha convocato a Roma tutti i Dirigenti scolastici che prestano servizio all’estero. La giornata del 17 era espressamente dedicata alla raccolta di pareri tecnici ai fini della revisione della normativa applicativa, onde rendere il lavoro dei Dirigenti più agile e adatto alle mutate realtà della nostra presenza all’estero (non più legata alle esigenze degli italiani fuori confine, ma ad una visione inclusiva di cooperazione). La giornata del 18, presso la prestigiosa Società Dante Alighieri, è servita a fare il punto della situazione sulle strategie di diffusione e promozione della nostra lingua e cultura all’estero.
Lo chiede il sindacato Udir presente a Montecitorio,al Convegno nazionale sulla responsabilità dei DS in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro organizzato da Andis e Disal. Il presidente nazionale, Marcello Pacifico, ribadisce i motivi dell’urgenza di modificare l’attuale normativa sulla sicurezza scolastica che fa ricadere in toto le responsabilità sulle spalle dei presidi, pur non avendo questi alcuna possibilità di azione né di intervento economico, anche in presenza di edifici insicuri.
Marcello Pacifico (presidente Anief-Udir): Si tratta di introdurre una norma che permetta ai dirigenti scolastici, trascorsi 15 giorni dalle loro segnalazioni ai Comuni o alle Province senza che vi sia stata alcuna risposta o questa sia giunta di tenore negativo, di essere automaticamente esonerati da qualsiasi responsabilità. Lo Stato italiano non può permettersi di utilizzare i presidi come i capri espiatori dei mancati interventi da parte degli enti proprietari delle scuole. Lo abbiamo detto solo un mese fa durante l'Audizione Udir, sempre a Montecitorio, alla presenza delle commissioni riunite Cultura e Lavoro, durante la quale presentammo la nostra proposta emendativa al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 8, attraverso il ddl n. 3830. In attesa che l’emendamento venga accolto, coscienti del fatto che i tempi di modifica di un testo unico non sono mai a stretto giro di posta, riteniamo intanto importante introdurre una prima norma nella Legge di Stabilità a salvaguardia dell’operato dei presidi. Siamo convinti che il Governo comprenda l’urgenza del caso.
I temi verranno ripresi nei prossimi seminari sulle Tre R della Dirigenza. Rischi, responsabilità, retribuzioni: a Salerno il 10 novembre, Modena,Cataniae Pisa. Inoltre, sul sito è possibileaggiornarsi sulle nuove tappe del seminario. I dirigenti interessati a partecipare possono chiedere informazioni all’indirizzo e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Il primo ad essere bandito, come previsto dal Decreto Legislativo n. 59/2017, sarà quello riservato ai docenti in possesso di abilitazione, i quali, dopo un colloquio ed un percorso formativo ridotto (di due terzi), verranno inseriti nelle future graduatorie regionali di merito ad esaurimento: le cosiddette G.R.A.M.E. Tuttavia, anziché introdurre disposizioni di accesso adeguate alle indicazioni transnazionali, il decreto, che potrebbe vedere la luce anche prima della scadenza definita per legge (febbraio 2018) ad avviso dell’amministrazione, riprenderà l’impianto dell’ultima procedura di reclutamento del 2016, confermando l’ingiusta estromissione dei docenti di ruolo. Tra gli esclusi risultano altre tipologie di candidati: a rimanere fuori dalle procedure concorsuali riservate agli abilitati sarebbero, infatti, pure gli Insegnanti Tecnico Pratici se non inclusi in II fascia delle Graduatorie d'Istituto nel triennio 2014/2017, i diplomati presso i conservatori e le accademie di Belle Arti e gli abilitati all'estero ancora in attesa di riconoscimento del titolo in Italia. Platealmente esclusi dalla cosiddetta “fase transitoria”, inoltre, i docenti abilitati nella scuola infanzia e primaria (SFP, Diploma Magistrale) per cui non è prevista alcuna procedura “riservata” per l'accesso al ruolo. Aperte le preadesioni ai ricorsi Anief.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal):Stiamo assistendo a decisioni discriminatorie e quindi illegittime; non potevamo esimerci dal non programmare degli specifici ricorsi a tutela dei lavoratori precari contro questa fase transitoria, così come progettata. Gli insegnanti già di ruolo o i docenti con diploma Tecnico Pratico, i docenti che hanno frequentato i conservatori e le accademie di belle arti o gli abilitati all'estero che sono in attesa da mesi del decreto di riconoscimento del titolo da parte del Miur devono avere accesso al concorso “riservato” come tutti gli altri docenti abilitati. L’amministrazione deve spiegarci e, se non a noi, dovrà giustificarsi dinanzi ai giudici e fornire motivi validi sul come mai queste categorie di docenti non possono avere la possibilità di accedere al concorso “riservato” della fase transitoria, pur essendo in possesso di tutti i titoli necessari e come mai non si sia prevista un'identica procedura riservata al personale precario della scuola infanzia e primaria per la cui esclusione i nostri legali solleveranno questioni di legittimità costituzionale. Per i Fit, non si comprende per quale motivo si debba adottare l’accesso programmato; una decisione insensata che contiene un evidente eccesso di delega rispetto a quanto indicato nella Legge 107/2015.
Eurosofia, in collaborazione con Anief ed Unipegaso, consente agli aspiranti docenti di acquisire i 24 CFU quali requisiti d’accesso per il prossimo Concorso a cattedra (Fit). Per maggiori informazioni cliccare qui.
Nell’ultimo periodo l'età per la pensione di vecchiaia dei dipendenti pubblici è stata già ritoccata due volte: prima nel 2013, di tre mesi, poi, tre anni dopo, nel 2016 di altri quattro, sino a quota 66 anni e sette mesi per gli uomini (65 anni e sette mesi per le dipendenti del settore privato). E già si parla, in parallelo, di un possibile incremento dei requisiti contributivi utili per uscire dal lavoro con la pensione di anzianità. La relazione tra la soglia pensionistica e l'aspettativa di vita è stata introdotta con la manovra estiva di bilancio pubblico del 2009: il provvedimento è stato confermato da quattro Governi. Anzi, quello attuale sta addirittura anticipando la 'clausola di salvaguardia' della riforma Fornero, in base alla quale l’incremento dell'età pensionabile a 67 anni sarebbe scattato dal 2021. Tra l’altro, l'aggiornamento dell’età, oggi previsto ogni tre anni, dal 2019 si modificherebbe ogni due. Sino ad arrivare a 70 anni, nel volgere di un trentennio.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Continuare a considerare solo l’aspettativa di vita per giustificare questo processo assurdo di innalzamento dell’età pensionabile significa gestire l’economia del Paese in modo miope. Abbiamo il più alto numero di Neet d’Europa, una disoccupazione inferiore solo alla Spagna, il corpo docente più vecchio ed esposto al rischio burnout dell’area Ocse, e continuiamo a mandare in pensione i cittadini lavoratori sempre più tardi. I giovani, in tal modo, quando avranno spazio? Perché in Germania si continua a lasciare la cattedra con 25 anni di contributi senza tagli allo stipendio. Invece, in Italia gli immessi in ruolo nella scuola dal 2015 sono destinati a percepire un assegno decurtato tra il 38% ed il 45% rispetto a chi ha lasciato il servizio sino a quell’anno. Ancora di più perché gli stipendi che percepiscono sono fermi ai box da nove anni e spolpati dal costo della vita: ora ci dicono che con 85 euro medi lordi di aumento previsti dal nuovo contratto, peraltro nemmeno per tutti, si pareggerà tutto. Le cose non stanno così: è per questo invitiamo il personale a garantirsi almeno il triplo dell’aumento, più arretrati, presentando ricorso con noi.
Anief offre la possibilità di chiedere una consulenza personalizzata a Cedan per sapere se si ha diritto ad andare in quiescenza prima dei termini contributivi e di vecchiaia previsti dalla legge e per scoprire il valore dell’assegno pensionistico. Oltre a ulteriori servizi. Per contatti, collegarsi al sito internet.
Gli istituti superiori interessati possono ora presentare domanda a Viale Trastevere per una sola sezione ed indirizzo, previa delibera positiva del Collegio dei docenti e del Consiglio d’Istituto, oltre che l’avvenuta presentazione alle famiglie degli studenti attraverso il Piano triennale dell’offerta formativa. Il tutto dovrà assicurare agli allievi il raggiungimento delle competenze e degli obiettivi formativi previsti per il quinto anno di corso, cancellato e spalmato nel quadriennio, sempre nel rispetto delle Indicazioni Nazionali e delle Linee guida. Un’apposita Commissione tecnica valuterà le domande pervenute per decidere quali sono le 100 meritevoliche si aggiudicheranno l’attivazione del corso ridotto. Le proposte dovranno distinguersi per un elevato livello di innovazione. Sono previste anche valutazioni in itinere.
Il sindacato continua ad avere perplessità sull’iniziativa del Miur di allargare il liceo breve: prima di tutto perché rimane vivo il dubbio che l’operazione sottintenda l’obiettivo di tagliare tempo scuola e cattedre. Ma se l’obiettivo è realmente solo quello di “licenziare” gli studenti dal percorso formativo un anno prima, allora basterebbe anticipare la primaria a cinque anni di età, creando un anno cosiddetto “ponte” con maestri di infanzia e primaria in copresenza a supportare gli alunni nel periodo più critico e delicato della loro carriera scolastica. Inoltre, anticipando la scuola a cinque anni, si risolverebbe il problema dei maestri della scuola dell’infanzia estromessi dall’ultima riforma 0-6 anni prevista dalla Legge 107/2015 e rimasti intrappolati, ad oggi senza grosse prospettive di stabilizzazione, nelle vare graduatorie.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Non si può prendere l’Europa come esempio, quando si dice che l’Italia è rimasto uno dei pochi Paesi dove gli studenti finiscono la scuola secondaria a 19 anni, e ignorare le indicazioni che la stessa Unione Europea continua a dare attraverso sentenze esemplari che ribadiscono, ad esempio, la tesi dell’equiparazione del personale, a seguito delle croniche discriminazioni attuate a trecentosessanta gradi verso i lavoratori precari sfruttati, licenziati e riassunti sempre con lo stesso stipendio anche per decenni come se nulla fosse. Per non parlare delle indicazioni di Eurostat che anche di recente si è soffermata sugli stipendi ridicoli dei docenti italiani rispetto a quelli dei colleghi europei, che ora il Governo vuole ritoccare in avanti con qualche decina di euro. Rimane forte il dubbio che dietro alla sperimentazione vi sia l’obiettivo del risparmio a discapito dell’utenza scolastica e di chi si adopera ogni giorno per garantirla.