Anief: i problemi organizzativi dei Pas si stanno riflettendo sui docenti che dovranno frequentarli. I costi d’iscrizione si rivelano esorbitanti, addirittura equivalenti ai Tfa, con il record a Palermo; risultano ancora tante le discipline rimaste escluse; mentre la ripartizione degli iscritti su più anni viene applicata anche quando non è necessaria; a tanti ammessi vengono negate le 150 ore.
Disorganizzati, ipercostosi e in molti casi impossibili da frequentare: sono i corsi di abilitazione speciali, i cosiddetti Pas, riservati al personale docente precario che ha svolto almeno 3 anni di servizio da almeno 180 giorni di supplenze per ognuno. Malgrado il Miur abbia indicato alle università di far partire le lezioni già dai primi giorni del 2014, in modo da finire entro il prossimo mese di luglio, risultano ancora innumerevoli casi di corsi Pas non avviati: in particolare, di quelli dedicati ai maestri della scuola dell’infanzia e primaria continuano a non aversi notizie. E lo stesso vale per tante discipline, soprattutto di laboratorio.
Ma i problemi sono svariati. Non si capisce, ad esempio, per quale motivo i candidati di alcune regioni siano stati “spalmati” su più anni, anche laddove il numero complessivo di iscritti risulti modesto: in Piemonte, ad esempio, poco più di 100 iscritti ad una classe di concorso sono stati ripartiti su tre distinte annualità, mentre in Lombardia ad un raggruppamento disciplinare simile, per quantità di aspiranti docenti, viene data la possibilità di concludere indistintamente le attività formative nella prossima estate. Perché queste disparità di trattamento?
Preoccupa, poi, la mancata concessione delle ore di permesso studio per un’alta mole di docenti. Eppure, proprio sulla concessione delle 150 ore solo un mese fa il Ministero dell’Istruzione aveva chiesto agli uffici periferici di garantirle a tutti, a costo di assegnarle in misura ridotta. Come mai la richiesta del Miur sia stata disattesa, costringendo più di qualche corsista Pas a dimettersi dall’incarico di insegnamento, rimane un vero mistero.
Altrettanto scandaloso è il tema dei costi esorbitanti chiesti dagli atenei ad ogni corsista. Ormai siamo alla corsa al rialzo. Anche in questo caso non si comprende perché, soprattutto dopo l’impegno preso da Viale Trastevere di garantire l’accesso ai corsi con costi accessibili a tutti, anche per il minore impegno di ore complessive di insegnamento rispetto ai Tfa ordinari. Invece alcuni atenei, a sorpresa, hanno deciso di imporre costi di iscrizione equivalenti se non superiori a quelli richiesti lo scorso anno per frequentare i Tirocini formativi attivi. Vale per tutti, l’esempio del Conservatorio di Musica ‘Vincenzo Bellini’ di Palermo, dove agli ammessi alle classi di concorso A031, A032 e A077 vengono chiesti 3mila euro.
Permangono, infine, i problemi già ravvisati dall’Anief. Come quello della ingiusta penalizzazione nei confronti dei candidati ai corsi abilitanti con tanti anni di servizio, già collocati nei corsi formativi programmati per gli anni 2015/16 e 2016/17 solo perché già in possesso di un certificato di abilitazione. Che però il più delle volte non è stata nemmeno utilizzata. Per non parlare della spendibilità del titolo, vista l’ostinazione da parte del Miur di continuare a tenere blindate le graduatorie permanenti, diventate “ad esaurimento”, malgrado rappresentino l’unico canale di assunzione, per il 50% dei posti vacanti, destinato al personale abilitato attraverso i corsi universitari.
“Sembra assurdo – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – che quelli che fino a qualche anno fa erano dei corsi abilitazione gratuiti ed organizzati agevolmente dagli uffici scolastici del Miur, si siano improvvisamente trasformati in percorsi formativi esosi e disomogenei. Occorre che il Ministro intervenga con celerità, per sanare una volta per tutte dei limiti organizzativi davvero gravi”.
Per approfondimenti:
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