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Docenti inidonei: l’amministrazione continua a considerarli malati cronici oppure li colloca coattivamente nelle segreterie, senza che vi siano le indispensabili indicazioni attuative della Legge 135/2012. Si tratta di soluzioni illecite: questo personale va mantenuto nelle biblioteche scolastiche. Altre soluzioni costituiscono gratuiti accanimenti professionali e morali. E producono un disservizio all’utenza. L’Anief non starà a guardare.

Continua lo stato di incertezza professionale e di collocazione provvisoria di migliaia di docenti inidonei all’insegnamento per motivi di salute: l’approvazione della spending review, attraverso la Legge 135/2012, non ha infatti avuto seguito. In attesa di un decreto attuativo di cui si sono perse le tracce, causa peraltro del blocco delle immissioni in ruolo di tutto il personale Ata, gli uffici scolastici territoriali si sono comportati adottando modalità disparate. Tanto che una parte degli inidonei sono stati utilizzati come assistenti amministrativi; un’altra parte, la più consistente, continua ad essere collocato in malattia obbligatoria.

Tale incerto procedere dell’amministrazione ha fatto sì che tantissimi di questi docenti rimangano, ad otto mesi dell’approvazione della legge, in una assurda situazione di “stand by”. Inoltre, il quadro, già di per sé avvilente, è peggiorato da un'altra discutibile decisione: gli inidonei che nel corso degli ultimi anni avevano trovato una proficua collocazione all’interno delle biblioteche scolastiche sono stati sollevati da questo incarico. Spesso per essere collocati nelle segreterie.

Secondo l’Anief quanto sta accadendo non è lecito. Prima di tutto perché in attesa dell’attuazione di una nuova legge rimangono sempre in vigore le “vecchie” norme. In questo caso, valgono quindi le indicazioni contenute nel Contratto collettivo nazionale di lavoro. Che non prevedono alcuna collocazione forzosa. La quale sta tra l’altro producendo una notevole mole disagio ai diretti interessati. I quali, è sempre bene ricordarlo, sono dei lavoratori con attestate condizioni di salute particolari. Spesso portatori di disagi gravi.

In secondo luogo, l’amministrazione sta producendo un evidente danno al servizio scolastico e alla sua utenza. Molti docenti inidonei, infatti, sono stati sradicati del ruolo professionale che la stessa amministrazione aveva loro affidato. Privando le tante biblioteche esistenti negli istituti scolastici di una figura di riferimento indispensabile. E abbandonando di fatto il patrimonio culturale e librario delle scuole, proprio per mancanza di personale addetto. Utilizzare questi lavoratori coattivamente su altri compiti creerebbe, quindi, un problema di non poco conto.

In conclusione, l’Anief torna a ribadire che mantenere il personale inidoneo all’interno delle biblioteche scolastiche non minerebbe più di tanto la dignità di questa categoria di lavoratori. I quali rimarrebbero comunque nelle scuole, mantenendo un ruolo più vicino a quello primario per cui erano stati assunti: operare per gli studenti. Altre soluzioni, invece, non sono percorribili. È bene che il nuovo Governo lo sappia sin d’ora. Qualora, invece, la loro collocazione come malati cronici o amministrativi forzati dovesse diventare permanente, saranno le aule dei tribunali a mettere le cose a posto. E a risarcirli per l’enorme danno subito. Professionale e morale.

 

I dirigenti-sceriffo che credono di condurre aziende anziché delle scuole pubbliche possono mettersi l’anima in pace. A Lucca il giudice del Lavoro ha respinto il ricorso del Miur, confermando quanto l’Anief sostiene da tempo: prima del rinnovo del Ccnl non è possibile cambiare le norme-base che regolano le contrattazioni dei singoli istituti. E lo stesso vale per tutto il pubblico impiego. Anief e Confedir vigileranno affinché si rispettino le norme vigenti.

La riforma della contrattazione integrativa di ognuno dei circa 9mila istituti scolastici italiani non può avvenire senza una nuova “tornata” di contrattazione nazionale che modifichi il Ccnl. A stabilirlo è stato nei giorni scorsi il giudice del lavoro di Lucca, che con la sentenza emessa il 7 febbraio ha respinto il ricorso d’appello n. 1754/2011 presentato dal Ministero dell’Istruzione ad impugnazione della sentenza n. 1705 del 2011 che aveva condannato per condotta antisindacale un dirigente scolastico. Si tratta di una sentenza di primo grado, confermata in appello, molto importante, perché stabilisce un criterio che l’ANIEF aveva a più riprese ribadito fin dall’emanazione del nuovo disciplinare della pubblica amministrazione.

Il decreto Brunetta, infatti, ha riformato la contrattazione integrativa riducendo di molto l’area di intervento delle rappresentanze sindacali a favore dell’ambito di intervento dirigenziale, ma contiene anche delle clausole di cedevolezza relative proprio all’attuazione di questo nuovo modello gestionale: l’art. 65, comma 5, non sembra del resto lasciare spazio ad equivoci, poiché indica che “le disposizioni relative alla contrattazione collettiva nazionale di cui al presente decreto legislativo si applicano dalla tornata successiva a quella in corso.”

Ne consegue che se è vero, da un lato, che il decreto Brunetta è intervenuto sia sulla contrattazione nazionale, sia sulla contrattazione integrativa, dall’altro è altrettanto vero che poiché nel comparto scuola non è stato rinnovato il contratto collettivo nazionale, a causa del rinnovo delle rappresentanze sindacali nel 2009, a tutt’oggi rimangono valide, fino al rinnovo del Ccnl, le norme contenute nel contratto collettivo nazionale del lavoro 2006-2009.

A tal proposito, l’ANIEF, come si ricorderà, chiese l’avvio delle procedure per il rinnovo delle rappresentanze sindacali fin dalla naturale scadenza del loro mandato. Ma il nostro appello non ebbe esito, sia per la sordità dell’amministrazione, sia per l’indifferenza di buona parte delle sigle sindacali rappresentative. Questa passività spinse l’ANIEF a fare ricorso alla magistratura. E a seguito di tale indifferenza le elezioni delle RSU furono rinviate di anno in anno, arrivando fino al 2012 con un ritardo di tre anni rispetto alla loro ordinaria scadenza. Peraltro solo dopo una specifica sentenza del Consiglio di Stato, che imponeva il rinnovo delle RSU alle parti.

Proprio tenendo conto di questi aspetti, il giudice del tribunale del Lavoro di Lucca ha appurato che è stata proprio l’amministrazione a rendere inapplicabile il decreto Brunetta nel comparto scuola, mantenendo vigenti le disposizioni contenute nel CCNL 2006-2009 come interpretato dall’ANIEF: l’art 9, comma 17, del D.L. 78 del 2010, convertito in legge 122 del 2010, recita infatti che “non si dà luogo, senza possibilità di recupero, alle procedure contrattuali e negoziali relative al triennio 2010-2012 del personale di cui all'articolo 2, comma 2 e articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni. E' fatta salva l'erogazione dell'indennità di vacanza contrattuale…”.

Ma c’è anche di più: la sentenza, infatti, pur derivando da un contenzioso del comparto scuola, mette in discussione l’applicabilità del decreto Brunetta a tutto il pubblico impiego laddove non si sia provveduto a una nuova “tornata” di contrattazione collettiva: gli articoli in discussione, infatti, non fanno parte del solo comparto scuola. In particolare, l’art. 65 “Adeguamento ed efficacia dei contratti collettivi vigenti “contenuto nel capo IV del decreto “Contrattazione collettiva nazionale e integrativa” riguarda la disciplina di tutto il pubblico impiego.

L’ANIEF, afferente a CONFEDIR, annuncia quindi che vigilerà su tutto il pubblico impiego affinché venga correttamente applicata la normativa vigente e si dia finalmente inizio a un periodo di buona gestione della cosa pubblica a partire proprio dall’applicazione del diritto, in base alle sole norme vigenti.

Basta con i soprusi. Ad iniziare dalla gestione unilaterale del personale da parte dei dirigenti scolastici, non prevista dall’art. 6 del Ccnl. I dipendenti pubblici chiedono solo che vengano rispettati i loro diritti. I dirigenti-sceriffo che credono di condurre aziende anziché delle scuole pubbliche possono mettersi l’anima in pace. Almeno sino alla sottoscrizione del nuovo contratto di lavoro di categoria.

 

Anief: era inevitabile, i nostri docenti sono stati privati non solo delle diarie di accompagnamento ma anche della dignità professionale. Appello al nuovo Governo: si volti pagina, siamo la nazione con più beni culturali al mondo.

Come tutte le attività legate alle scuola, anche il turismo scolastico è in ginocchio. La triste conferma è arrivata oggi da un’associazione di categoria. Che nel corso di una conferenza sul turismo scolastico ha reso pubbliche le conseguenze del tentativo del Governo di portare da 18 a 24 ore l’insegnamento settimanale di tutti i docenti: questa illogica iniziativa dei nostri governatori, poi rientrata anche grazie alle pressioni dell’Anief, assieme a diverse altre – il blocco degli scatti di anzianità e del contratto, la volontà di approvare il ddl Aprea sulla riforma degli organi collegiali – , ha comportato la mancata attivazione da parte di tantissimi Collegi dei Docenti di tutte le attività extradidattiche. Con il risultato che in un anno i viaggi d’istruzione sono crollati del 70% su scala nazionale. Tanto che ben 3mila imprese sono a rischio chiusura.

Se l’associazione di categoria ha chiesto pubblicamente al nuovo Governo di riattivare l'indennità di missione per i docenti, l’Anief si rivolge ai candidati che vorrebbero salire in Parlamento di farsi carico sin da oggi del ripristino della dignità dei nostri insegnanti: “come si fa – dichiara il presidente Anief, Marcello Pacifico – a chiedere a dei professionisti della formazione dei nostri giovani di accompagnare in viaggio decine di alunni per diversi giorni, ventiquattrore ore su ventiquattrore, assumendosi responsabilità enormi, senza un minimo di gratificazione? Per diversi anni questi stessi docenti hanno accettato di farsi carico di quest’onere per cifre poco più che simboliche. Ora però che i compensi del fondo d’istituto sono sempre più finalizzati e ridotti all’osso e, nel contempo, i decisori politici hanno deciso di impiegatizzare sempre più la professione, i docenti hanno detto basta. Come non comprenderli?”.

Secondo l’Anief si conferma quindi il fatto che gli insegnanti dei nostri ragazzi non sono più disposti ad essere presi in giro: i contratti bloccati e la mancanza di fondi per lo svolgimento delle attività aggiuntive rappresentano, infatti, un vero insulto alla loro professionalità. L’ultima testimonianza, in questo senso, arriva dalla mancanza di candidati a svolgere l’ingrato ruolo, in cambio di compensi irrisori, di commissario o presidente del concorso a cattedra.

“Il nostro sindacato – spiega Pacifico - coglie l’occasione, a pochi giorni dalle elezioni politiche, di chiedere a chi governa il nostro Paese di investire sull’enorme patrimonio culturale di cui è in possesso l’Italia. Anziché tentare di metterlo in liquidazione, come ha fatto il Governo del premier Monti mettendo in vendita beni immobili di pregio per incassare 5 miliardi di euro entro il 2013, occorre con urgenza tornare ad investire nei beni culturali dando maggiore impulso all’attrattività turistica. Oltre che, ovviamente, tornando ad affidare alle scuole delle economie specifiche per far tornare a viaggiare i nostri giovani, anziché penalizzandoli ulteriormente privandoli delle attività che fanno parte del loro progetto formativo. Privandoli di conoscere, assieme ai loro docenti, la nazione – conclude il presidente Anief - con più beni culturali al mondo”.