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Se lo Stato non ce la fa ad imporre il rispetto della normativa, con le Regioni che stavolta vanno oltre il proprio ruolo, sarà il nostro giovane sindacato a difendere gli interessi degli utenti e dei lavoratori della scuola.

Sul dimensionamento scolastico si continua a procedere con una visione parziale, che non tiene conto della normativa vigente, delle indicazioni della Consulta e delle esigenze dell’utenza scolastica: ancora una volta la Conferenza delle Regioni non è infatti pervenuta a trovare quell’accordo che avrebbe potuto ridare all’istruzione italiana le 2mila scuole soppresse in modo illegittimo nell’ultimo biennio.

Anief apprende che la Conferenza Stato-Regioni continua ad ignorare la sentenza della Corte Costituzionale n.147/2012: applicando ostinatamente l’ormai superato comma 5 dell’art. 19 della Legge n.111/2011, l’orientamento rimane quello di non assegnare il dirigente scolastico e il Dsga in tutti quei casi in cui gli istituti superiori non raggiungano i 600 alunni (nelle aree urbane) e i 400 alunni (nelle aree montane).

Si tratta di una prospettiva che deriva da un’interpretazione errata dei ruoli istituzionali: se da una parte la legge impone allo Stato di diramare i criteri generali, in fase attuativa spetta alle Regioni adattare le norme in base alle specifiche necessità territoriali. Invece, quello che si sta realizzando, peraltro anche a fatica, è l’ennesimo spregio a questo modello. Con le Regioni che si sostituiscono sistematicamente al legislatore. E l’amministrazione centrale, rappresentata dal Miur e dal Mef, che opera principalmente per mantenere un obiettivo: mantenere i risparmi incamerati, a costo di rendersi artefice di inefficienze e disservizi pubblici.

È poi chiaro che sta venendo meno il ruolo super partes della Conferenza, che non riesce ad individuare un nuovo criterio dell’impianto normativo generale. Come bene evidenziato dalla Corte Costituzionale. Quello che sta avvenendo è che le Regioni, attraverso decreti assessoriali, leggi e delibere locali, stanno andando oltre il proprio ruolo: introducendo parametri (su sedi, alunni, ecc.) in palese contrasto con le norme nazionali.

“È evidente – sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief – che se lo Stato non ce la fa ad imporre il rispetto della normativa, sarà il nostro giovane sindacato a difendere gli interessi degli utenti e dei lavoratori della scuola: l’Anief, dopo aver tentato una conciliazione con i governatori, scrivendo a tutti loro ad inizio 2013, conferma la volontà di patrocinare gratuitamente dei fondati ricorsi ai Tar, con il preciso fine di far annullare in sede giudiziaria tutti gli atti illegittimi sul dimensionamento scolastico e di far ripristinare i 2mila istituti cancellati nell’ultimo biennio”.

Famiglie, DS, DSGA, docenti e personale Ata possono inviare le richieste di informazioni sui ricorsi da attuare contro il dimensionamento del prossimo anno scolastico – quindi contro Miur e Regioni - scrivendo a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

 

Non è solo un problema demografico e migratorio, ma preoccupa anche il divario sul tasso di abbandono scolastico in età di obbligo formativo. Se non si inverte la tendenza con un serio piano di sviluppo economico, l’implementazione di idee e risorse, il Meridione è condannato all’eutanasia.

È un’Italia a due velocità quella che il Miur ha registrato in questi giorni per determinare il numero di addetti del prossimo anno scolastico. Da una parte c’è il Centro-Nord, che si contraddistingue per gli aumenti costanti delle iscrizioni degli alunni, con delle regioni, come la Lombardia e l’Emilia-Romagna, dove l’incremento annuo è anche di decine di migliaia di allievi ed in cinque anni si sono registrati quasi 200mila iscritti in più (con un incremento medio del 5% circa di alunni).

Dall’altra c’è il Sud, dove nell’ultimo quinquennio si sono persi per strada quasi 95mila alunni. I quali rappresentano una riduzione del 4,8%, con la primaria a preoccupare maggiormente, visto che il saldo negativo è di oltre 41 mila iscritti (-5,8%). Molise, Basilicata e Calabria rappresentano i casi peggiori, con riduzioni che si attestano tra il 7% ed il 9%. Mentre negli istituti superiori la flessione ha addirittura superato il 10%. Desolante anche il resoconto delle Isole, dove dal 2007/08 ad oggi mancano all’appello 53mila alunni in meno (-5,9%).

Secondo l’Anief si tratta di dati inequivocabili, che non possono in alcun modo far giungere a conclusioni positive e rassicuranti. Prima di tutto perché, nonostante siano passati più di 150 anni dall’Unità d’Italia, ancora rimane irrisolto il problema del troppo diverso sviluppo delle aree del Paese.

“Se non si inverte la tendenza, almeno a livello scolastico, il Meridione sembra sempre più condannato all’eutanasia”, sostiene Marcello Pacifico, presidente dell’Anief. “È evidente che se non si attua con urgenza un serio piano di sviluppo economico – continua il rappresentante del giovane sindacato - il nostro Paese è destinato, almeno a livello di istruzione, a separarsi. Con il Nord che guarda sempre più da vicino l’Europa, mentre il Sud non riesce nemmeno a garantire il diritto allo studio”.

Ma a cosa si deve questa netta discrepanza? L’ufficio studi dell’Anief ritiene che non possa essere ininfluente il fenomeno della forte riduzione del tasso demografico. A cui si aggiunge quello dei flussi migratori. Entrambi, di sicuro, penalizzano il Meridione. Ma c’è dell’altro: assieme a certi andamenti, che potremmo definire ‘fisiologici’, si deve registrare il colpevole fenomeno dei mancati investimenti da parte dello Stato, della scarsità delle idee e delle risorse messe a disposizione dal Governo centrale.

“Con i cittadini del Meridione e delle Isole – continua Pacifico - che si sono ritrovati in un inconcepibile stato di abbandono e di solitudine, contro i quali ben poco può fare anche l’Unione Europea. La quale ha sempre cercato, nello stesso periodo, di stimolare i Paesi membri, indicando l’esigenza di raggiungere delle percentuali nazionali sulla dispersione scolastica sempre più modeste. Anche perché è storicamente provata, oltre che confermata di recente dall’Istat, la forte associazione tra povertà, bassi livelli di istruzione, modesti profili professionali ed esclusione dal mercato del lavoro”.

Non a caso, pure sul versante dell’abbandono dei banchi di scuola, la storia si ripete: mentre l’Ue ci chiede di raggiungere, nel 2020, un tasso medio nazionale di abbandono tra il 15 e il 16%, in Italia ci ritroviamo con il Centro-Nord vicino a questa soglia. E la forbice rispetto al Sud che continua sempre più ad allargarsi. Con alcune regioni, come la Sicilia, dove la quota di coloro che lasciano gli studi in età di obbligo formativo supera ancora il 25%.

“Questa situazione va denunciata a voce alta, perché – conclude il presidente dell’Anief – la politica dei mancati investimenti sta di fatto condannando le attuali e future nuove generazioni del Sud Italia. Ma lo Stato può rinunciare alla volontà di assolvere alla formazione di una parte dei suoi giovani? Possono i nostri governanti non garantire il valore etico del lavoro, legato al concetto stesso di cittadinanza previsto dall’articolo Uno della Costituzione?”.

 

Data la proroga della scadenza delle domande di pensionamento fino al 5 febbraio 2013 verrà prolungata l'apertura degli sportelli di consulenza sulle pensioni attivi sul territorio. I link di seguito verranno aggiornati a breve. Si potrà in ogni caso far riferimento anche alla Segreteria Nazionale per le consulenze sulle domande di pensionamento.

Abruzzo

Basilicata

Calabria

Campania

Emilia Romagna

Friuli Venezia Giulia

Lazio

Liguria

Lombardia

Marche

Molise

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Puglia

Sardegna

Sicilia

Toscana

Trentino Alto Adige

Umbria

Veneto

 

 

 

 

Istruzione – Italia umiliata dalle bacchettate di Schleicher, vicedirettore educazione Ocse: troppo alto il gap Nord-Sud e poca attenzione alla figura del docente, prenda l’esempio di Finlandia e Cina. Il commento Anief-Confedir: nel nostro Paese negli ultimi anni la già ‘magra’ spesa per il settore dell’istruzione, dell’università e della ricerca ha registrato un -5,4%. Sono state tagliate migliaia di classi, sedi e dirigenze scolastiche. Bloccati gli stipendi al personale, che è stato anche ridotto di 150mila posti tra docenti e personale Ata. Pacifico (Anief-Confedir): serve un cambio di marcia, il Governo che verrà non ha scelta.

Quando si parla di istruzione a livello internazionale, oramai per l’Italia non ci sono che bacchettate. Stavolta l’autore è Andreas Schleicher, vicedirettore per l'educazione dell'Ocse e ideatore della classifica ranking Pisa, che misura la preparazione degli studenti, il quale ha duramente ammonito il nostro Paese sul fronte della qualità dell’istruzione pubblica. Ancora una volta si parla di scarsi investimenti per il settore: l'Italia infatti concede alla formazione delle nuove generazioni appena il 4,9 % del Pil, contro una media Ocse del 5,8%. Ciò avviene per due motivi: per il perdurare del gap tra l’istruzione del Nord e quella del Sud d'Italia; per colpa della poca attenzione alla pratica professionale e alla mancata incentivazione degli studenti migliori a diventare insegnanti.

Schleicher prende anche come esempi positivi la Finlandia, al top delle classifiche internazionali, dove la carriera di docente è la seconda professione più ambita, e la Cina, che invia i professori in carriera nelle scuole più difficili per dimostrare le proprie abilità. E poi sottolinea quanto, rispetto a questi modelli trainanti, l’Italia sia “ancora molto indietro”.

Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato per la scuola Confedir, “le affermazioni di Schleicher confermano che senza un serio piano industriale sullo sviluppo del patrimonio culturale e uno stop ai tagli indiscriminati non si potrà mai parlare di elevazione della qualità dell’istruzione pubblica italiana. Basta dire che nell’ultimo ventennio la già ‘magra’ spesa per il settore dell’istruzione, dell’università e della ricerca è scesa in Italia del 5,4% contrariamente agli investimenti decisi negli Stati Uniti e in Germania”.

Il sindacato non può non rilevare che negli ultimi anni nel nostro Paese si è pensato bene di cancellare anche la figura del ricercatore e tagliare 150mila posti tra docenti e personale Ata. E nell’ultimo periodo si sono annullate migliaia di classi, sedi e dirigenze scolastiche. Per non parlare degli stipendi del personale scolastico, bloccati per quattro anni, e dell’utilizzo di personale precario per un settimo del fabbisogno ordinario.

“Avvicinare l’Italia ai Paesi più avanzati sul fronte dell’istruzione – ricorda Pacifico – significa abbandonare la strada controproducente dei tagli lineari ai servizi e dell’aumento della pressione fiscale: l’unica strada rimane la riconversione industriale e produttiva intorno a un progetto condiviso che rilanci il nostro unico patrimonio culturale che ha già avuto in passato l’onore di ospitare la metà dei monumenti Unesco dell’umanità. Attraverso la cultura si può vivere, ma soltanto se si crede e si investe in chi vi opera quotidianamente. Quello che dovrà fare necessariamente il nuovo Governo, sempre se vorrà voltare pagina”.

 

Per venire incontro alle richieste di consulenza sulle domande di pensionamento saranno a disposizione di tutti gli interessati sportelli di consulenza straordinaria aperti su tutto il territorio nazionale fino al 23 gennaio 2013. Di seguito i link agli sportelli aperti sul territorio regione per regione, i link non ancora attivi verranno aggiornati a breve. Si potrà in ogni caso far riferimento anche alla Segreteria Nazionale per le consulenze sulle domande di pensionamento.

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